Capitolo II

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"Wo wo wo, la principessa che ha rotto il naso a Mark sa il mio nome?" Domandò Eddie seguendo la mia figura con lo sguardo.

"Già, diciamo che sei abbastanza difficile da non notare" Dissi continuando a camminare.
Al rumore dei miei passi si aggiunse il rumore dei suoi dietro ai miei.

"ah si?" Domandò lui.

"Già come si farebbe a non notare uno sfigato, un nerd che gioca a D&D, poi con quella capigliatura, e quel tuo modo di fare e-" Fui interrotta.

"Okay okay ho capito, li prenderò come dei complimenti" Disse Eddie.

"Fai male perché non lo sono" Risposi aprendo la porta della mensa con un calcio.

"Prego... Per le cuffie" Disse Eddie fermandosi.
Mentre io continuavo ad andare avanti, verso la mia classe.
Dopo le lezioni mi recai nell'ufficio di Ms. Kelly, come mi era stato richiesto da lei stessa.

"Buongiorno MS. Kelly" Dissi rivolgendole un bel sorriso.

"Buongiorno T/n, accomodati" Disse lei.
Sprofondai la schiena nella comodissima sedia che c'era davanti alla scrivania dell'ufficio.
Ms. Kelly mi rivolse un sorriso, come se fosse felice di vedere la mia figura su quella sedia davanti a lei.

"Quindi? Perché mi ha chiamato qui?" Domandai facendo oscillare le gambe avanti e indietro come un orologio a pendolo.

"Mi piacerebbe sapere se le tue condizioni sono migliorate o peggiorate, nuova scuola, nuova città può essere stressante" Disse lei.

"In parte si, non ho più tanti problemi a girare nei corridoi della scuola, niente ansia di entrare nelle varie classi...ma non c'è nessun miglioramento con il mal di testa, incubi e quelle bizzarre allucinazioni" Dissi con un tono che non mostrava nessun segno di preoccupazione.

"Penso che sia meglio che tu vada da un dottore, uno specialista, io sono solo la psicologa della scuola non posso prescriverti neanche dei farmaci o cose del genere" Disse lei.

"Posso iniziarmi a fare di cose pesanti, risparmio secondo me" Dissi scherzosamente.

"Mi fa piacere che tu riesca a mantenere il tuo senso dell'umorismo anche in queste situazioni, ma è una cosa seria, pensaci su" Disse lei.
Io mi limitai ad annuire sapendo che non avrei dato retta neanche ad una parole che era uscita dalle labbra di quella gentile donna.
Ms. Kelly mi lasciò andare.
Tornai a casa, al sicuro fra le mura di quella casa.
Ma quando entrai in camera un nuovo mobile si aggiunse al mio mobilio, un antico orologio a pendolo.
Il rumore di questo orologio aveva zittito tutti gli altri intorno, era come se ora al mondo ci fossimo solo noi due, io e l'orologio.
Non so cosa avessi in mente in quel momento, forse spinta dalla mia passione per il sovrannaturale o forse perché abituata a quelle allucinazioni, ma mi avvicinai con passi lenti e silenziosi.
La mia mano si protese verso quell'oggetto misterioso ma prima che riuscissi a posare le mie dita sul suo materiale, si crepò.
L'orologio si crepò, come il cuore di una ragazza che si trova ad un passo dallo scoprire un tradimento.
Da quelle crepe uscirono dei ragni, come l'amore che esce dal suo cuore dopo averlo scoperto.
Ritirai la mano con una velocità che non sapevo neanche di avere, cercai di pensare a quella come un'altra allucinazione, fallendo.
Sembrava troppo reale.

"Sorellona che fai?" Quelle parole spezzarono il rumore dell'orologio e mi fecero saltare un battito.
Mi girai di scatto trovando la bassa figura di Noah, mio fratello minore.

"NOAH! Nostra madre non ti ha insegnato a bussare?" Domandai con il respiro irregolare causato dallo spavento.

"In verità ho bussato 3 volte, ma non hai risposto" Rispose lui.

"Ah si? Bussa più forte la prossima volta allora" Dissi.
Noah roteò gli occhi.

"La mamma ti vuole" Disse lui.
Lo superai ed andai in cucina dove la figura di mia madre era seduta al tavolo.

"Hai bisogno?" Domandai sedendomi nella sedia opposta alla sua.

"La scuola mi ha chiamato, in particolare la psicologa Ms. Kelly, mi ha detto che hai allucinazioni, incubi e mal di testa. Sapeva che non avresti chiesto aiuto da sola, quindi ha pensato fosse meglio che lo sapessi" Quelle parole suonarono come una melodia distorta, una cosa che doveva essere un aiuto, ma in verità per me era solo un tradimento.

"Ms. Kelly ti ha detto ciò? Ed il fottuto segreto professionale dove si trova?!" Domandai come se rifiutassi di crederci, come un gladiatore che viveva per la gloria che si rifiutava di morire quando immerso in una pozza del suo stesso sangue.
Mi alzai dalla sedia per chiudere la porta della cucina, così che Noah non ci potesse sentire.

"T/n tu puoi parlare con me, io ti capisco" Disse mia madre.

"Mi capisci? Tu mi capisci? Ah si ovvio che mi capisci, perché ovviamente sei tu quella che non ha mai avuto un minimo di privacy, a scuola, nelle strade della città perfino a casa. Dopo la morte del mio amato fratello Michael eri tu quella accusata di omicidio, eri tu quella che aveva i giornalisti attaccati al culo, eri tu quella su cui giravano i peggior pettegolezzi, eri tu quella che sulle spalle si portava il soprannome 'mostro', eri tu, eri sempre tu vero?" Sbraitai finendo tutta l'aria che avevo in corpo.

"T/n io-" Cercò di dire lei.

"Ah no, non eri tu... Ero io, sono sempre stata io. Mamma tu non mi potrai mai capire, perché quella situazione non l'hai mai provata sulla tua pelle, l'hai sempre vista da un punto esterno. Vorrei solo un po' di privacy ma se perfino la psicologa la corrompe non saprei più cosa fare. Quindi per favore, per questa volta fai finta che Ms. Kelly non ti abbia detto nulla" Dissi cercando di utilizzare il tono più calmo che riuscivo a far uscire dalle mie labbra.

"Non posso ignorare ciò che mi ha detto" Rispose lei.

"Vuoi violare la mia privacy? VUOI VIOLARE LA MIA PRIVACY? MA CON CHI STO PARLANDO? UN MURO? COSA SEI MAMMA? UN FOTTUTO MURO O RIESCI A CAPIRE L'ITALIANO?" Urlai sbattendo una mano sul tavolo.
Mi alzai e camminai verso la porta di ingresso con mia madre che mi seguiva urlando il mio nome.
Lei si fermò sulla soglia della porta osservando la mia figura camminare sull'erba del giardino diretta verso il marciapiede.
Invece Noah, che nonostante la porta chiusa aveva sentito tutto mi corse dietro.

"T/n aspetta!" Disse Noah cercando di afferrare la mia mano per fermarmi.

"Stai con la mamma Noah, ha più bisogno ora" Dissi continuando a camminare.
Sapevo di aver ferito mia madre, lo sapevo fin dall'inizio che l'avrei ferita.
Ma la compassione è debolezza, non si può sostenere la propria idea senza andare contro ad un altra.
Noah tornò a casa mentre io continuavo a camminare per il marciapiede.
Ma dopo qualche minuto di camminata incontrai una persona che non mi aspettavo mi avesse rivolto la parola.
Dustin Henderson.

I rintocchi dell'amore | Eddie Munson × Reader [ITA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora