03. Can't think I'm pretty

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PAIGE

Non credevo nel pentimento, ma a quanto pare alcuni lo prendevano come scelta di vita. Liam era uno di questi.

«Paige, ti prego, perdonami per sabato. Immagino che tu ora pensi che io sia una specie di coglione».

Si, ma era meglio non dirlo.

«Tranquillo, non vi conosco e non mi metto a giudicare nessuno senza sapere ciò che c'è dietro». In fin dei conti io ero l'ultima persona che poteva sentenziare sugli altri.

«Già, e meglio così», biascicò infastidito, come se volesse farmi capire di non impicciarmi, ma si trattava di me, non riuscivo a non ficcanasare.

Purtroppo ci pensò Joy a interrompere una mia qualsiasi domanda. «Paige, perdonaci per sabato, ci siamo completamente dimenticati che dovevamo riportarti a casa».

Capii dal suo tono di voce che era profondamente dispiaciuta, perciò decisi di non infierire ulteriormente, in fondo ero io quella che non si doveva illudere.

Non avrei permesso a nessun'altro di insinuarsi nella mia vita, l'esperienza con Jade mi ha impartito una lezione importante che mai dimenticherò.

«Tranquilli mi sono fatta venire a prendere da mia madre.» Era la seconda bugia detta su Jones. Mi sentivo una stupida a mentire per quel ragazzo, anche solo stargli vicino aveva una brutta influenza su di me.

Proprio mentre pronunciavo quella frase, il soggetto in questione ci passò di fianco e riservò uno sguardo colmo di disprezzo a Liam e Joy. I suoi occhi si posarono poi su di me e rimanemmo a squadrarci per qualche secondo di troppo, finché non se ne andò. 

Non conoscevo per niente Thomas Jones, ma era più che presumibile che fosse il suo corpo ad attrarre gli altri. Con un carattere come il suo, non vi era molta scelta.

Anche io come gli altri rimasi folgorata dal suo aspetto a prima vista, ma ciò che più mi catturava erano i suoi occhi. Rappresentavano una parte delle persone che guardavo sempre, forse perché attraverso di essi sentivo di potermi fidare o meno. Non sapevo il motivo, ma nei suoi, venerdì sera, mi sentivo al sicuro nonostante le brutte parole che mi aveva riservato, come se quella fosse solo una maschera.

Come da prassi la mia mente era già andata oltre ad immaginare scenari inesistenti. Non lo conoscevo e da quel che dicevano tutti, non era di certo il solito bravo ragazzo. In alcuni momenti era sembrato gentile l'altra sera, perlomeno fin quando non mi aveva chiesto una ricompensa per il suo favore.

Avrei dovuto viaggiare un po' meno col pensiero e rimanere con i piedi per terra. 

«Paige, tu li hai fatti?» 

Chris mi rivolse la parola, ma ero così assorta nei miei pensieri che non l'avevo nemmeno sentito arrivare.

«Chris, scusa, mi ero distratta un attimo. Cosa mi hai chiesto?»

«Ti ho chiesto se hai fatto i compiti di chimica, non li ho capiti». 

Ci avevo passato due ore intere a fare solo quella materia, ma mi stava bene, era meglio mostrarsi disponibile, altrimenti chi mi avrebbe assicurato che avrebbero avuto ancora bisogno di me?

«Si, se ti servono te li passo».

«Grazie, Paige. Se il professore vede che non li ho fatti un'altra volta, chiama mio padre e non oso nemmeno immaginare come la prenderà.»

Da questa frase si poté intuire facilmente che suo padre era severo. Io di questi problemi non ne avevo mai avuti, se studiavo era per una mia soddisfazione personale; ero io che pretendevo il massimo da me stessa, non gli altri e forse era anche peggio, quando non riuscivo a conseguire un determinato risultato, la delusione era molta, forse troppa.

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