11. If you knew the things that crossed my mind

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⚠️DCA⚠️

PAIGE

«Siamo nella merda». Quelle parole echeggiarono tra di noi e descrissero la situazione alla perfezione. Non ce la saremmo cavata facilmente.

Joy mi guardò impaurita, ma io non le diedi il tempo di capire veramente la situazione. Di scatto le coprii il corpo con il mio, anche se non sarebbe servito a molto.

Guardai ognuno di loro, fin quando non incontrai quelle iridi verdi smeraldo che mi fissavano. Inizialmente lui e Ed non ci riconobbero, ma quando lo fecero sobbalzarono e poi corsero verso di noi.

Non capivo se fossero peggio le armi che ci puntavano contro gli uomini, o lo sguardo con cui Thomas ci stava perforando.

Probabilmente il secondo.

«Abbassate le armi, non sono pericolose». Ed si rivolse al gruppetto di fronte a noi, ma nessuno lo ascoltò, anzi si avvicinarono di più.

«Che cazzo ci fate voi qui?» Thomas urlò sussurrando, nessuna delle due ebbe il coraggio di rispondere. Eravamo bloccate e ciò lo fece innervosire ancora di più.

«Chi cazzo sono queste?» Uno di loro, mi parve quello che stava contando i soldi, si decise a parlare. Io trattenni la paura che provavo, non per me, ma per gli altri.

«Nessuno, ora se ne vanno». Thomas rispose con tono pacato, cercando di calmare gli uomini. Purtroppo, non funziono, quei ragazzi conoscevano un unico linguaggio: la violenza.

Il ragazzo che aveva parlato tolse per primo la sicura e gli altri lo seguirono. «Jones, sai bene che mi innervosisco facilmente. Chi. Cazzo. Sono?» Scandì le ultime parole con lentezza e rabbia, e io sentii Ed imprecare sottovoce.

Joy, invece, stava tremando come una foglia dietro di me. Non mi ero spostata e non avevo nessuna intenzione di farlo. Se avessero sparato, sarei stata io a prendermi la pallottola. Non avrei guardato un'altra persona stare male o morire davanti ai miei occhi, non di nuovo.

«Sono le nostre ragazze, ci stavano aspettando fuori. Non so perché sono entrate». Tra tutti, Thomas era quello che cercava di mantenere maggiormente la calma. Mi tirò un pizzicotto per farmi capire che dovevo reggergli il gioco.

Fortunatamente non ci conoscevano, altrimenti non avrebbero mai potuto pensare a noi come una coppia.

«Scusate, non volevamo disturbare. Dovevamo tornare a casa, ma non rispondevano e quindi siamo entrate», mentii, alzando alzando lo sguardo verso di loro. Il tono era uscito più sicuro di quanto mi aspettassi, anche io quasi credetti alle mie parole.

Non allentarono la presa sulle pistole, continuando a tenerle puntate contro di noi. Non sapevo cosa fare, continuavo a mostrarmi sicura. Una sicurezza del tutto illusoria.

«Non ce ne frega un cazzo se sono le vostre ragazze, hanno visto tutto», disse un ragazzo dai tratti più scuri.

Quindi non è come nei film, che basta essere la fidanzata di qualcuno per non avere problemi?

Mentre quella domanda prendeva forma nella mia psiche, il suono di uno sparò mi arrivò alle orecchie. Chiusi d'istinto gli occhi e la mia mente iniziò a ripercorrere tutta la mia vita.

Io a 6 anni, che sono sola in casa, mentre mi preparo il pranzo e mi brucio, lasciando una cicatrice che ancora oggi macchia la mia pelle insieme a tante altre.

Io a 7 anni, che alle 4:00 di mattina apro la porta per far entrare dentro casa mia madre ubriaca, la prima volta di una lunga serie.

Io a 9 anni, che sono a casa di Jade e stiamo litigando per una bambola. Non ne ho mai ricevuta una e ho provato a prendere la sua.

MoonshotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora