il sapore della libertà

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Lunedì, 2.00 PM

Chiuse la porta di casa con una spinta del piede, sin troppo stanco persino per prendersi il tempo di voltarsi e accompagnarla, mentre abbandonava nel frattempo le chiavi nel comodino lì affianco e con lo sguardo intercettava già la comodità del divano.
Era stata una giornata stancante ma dopotutto Simone era abituato a quei ritmi in università, quando i professori tornavano dal fine settimana e sfogavano la rabbia repressa dell'intera giornata su rimproveri immotivati e toni tutt'altro che accoglienti nei confronti degli studenti. Non che gli dispiacesse studiare, anzi, l'idea di poter finalmente essere lui l'artefice del suo futuro gli dava ogni giorno la spinta giusta per svegliarsi e affrontare ulteriori ore di lezioni e studio – però non poteva non ammettere che tornare finalmente nel silenzio di casa sua non fosse un dolce comfort da concedersi.
Ebbe appena il tempo di buttarsi sul divano a peso morto e tirare un sospiro di sollievo a pieni polmoni, quando la figura snella e leggermente impacciata della sua coinquilina – nonché migliore amica da ormai sei anni – ombreggiò sulla sua vista, portandolo già dal primo istante ad alzare gli occhi al cielo, consapevole che non l'avrebbe lasciato dormire per sfogarsi riguardo uno dei suoi innumerevoli complessi.

«Ho bisogno di un consiglio.»

Neppure chiese il permesso, semplicemente gli spostò la gamba dal divano e si portò a sedere come quel posto le fosse stato dovuto. Laura sapeva essere invadente, alle volte, ma in quegli anni d'amicizia – ch'era poi diventata convivenza – Simone aveva imparato ad apprezzarla così com'era. Prima di diventare amici stretti, infatti, avevano tentato circa un anno e mezzo di relazione ma era ovviamente stata fallimentare nel momento in cui il ragazzo aveva fatto coming out come omosessuale con la ragazza, rivelandole il suo affetto che però non superava la semplice tenerezza tra amici. Ed ora eccoli lì: due amici con sei anni di rapporto alle spalle, insieme su un divano.

«L'altra sera sono stata con un ragazzo e il mattino dopo mi ha lasciato questo.»

Quindi gli mostrò un biglietto, porgendoglielo per invitarlo a leggerlo. E Simone lo fece, allungando un braccio e incastrando tra due dita il pezzo di carta che, nella stanchezza della giornata ancora da scaricare del tutto, lesse distrattamente. Il tratto era d'una biro nera, deciso, si vedeva che fosse stato appositamente scritto con cura e senza fretta, probabilmente nel tentativo di fare, sin dalla grafia stessa, una bella impressione – erano anche quelli particolari a cui Simone dava conto... ma persero automaticamente di significato nell'istante stesso in cui i suoi occhi si concentrarono sul contenuto di quel biglietto, leggendovi in fondo il nome Manuel.

«Credi che dovrei scrivergli?»

La domanda arrivò diretta e Simone per un attimo rimase a guardarla negli occhi in silenzio, mentre tutta una serie d'ipotesi e pensieri correvano nella sua mente come onde anomale a schiantarsi contro la più pacata delle spiagge. Non capiva a cosa stesse giocando, quel ragazzo, sforzandosi prima per avere le sue attenzioni anche solo per un istante e disilludendolo poi del tutto nel lasciare messaggi simili alla sua coinquilina. Simone era convinto, sapeva, che quel biglietto fosse per lei. E questo lo infastidiva. Non sarebbe riuscito a spiegarsi il perché di ciò.
Si sentiva preso in giro, al momento, e ringraziava di non averlo davanti o sarebbe stato in grado d'urlargli addosso quanto opportunista e viscido fosse.

Aveva nel petto una sensazione così sgradevole, al momento, che si trovò costretto a mettersi seduto per poter prendere un respiro profondo prima di rispondere a Laura e infine rizzarsi in piedi per andarsene nella sua stanza:

«Scrivigli, sì, fai bene.»

***

Sabato, 10.30 PM

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