Chiusa una porta...

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E sento i polmoni riempirsi di tutte
le cose che non ho detto.
Non respiro.



Affogare. Era la sensazione che provavo mentre continuava a mostrarmi i coupon presi la mattina all'open day. Sembrava essersi decisa, alla fine.

Giurisprudenza come suo padre e come suo nonno, prima di lui. Avrei dovuto dirglielo, ma la gola si seccava ogni volta che, entusiasta, si voltava a guardarmi con un nuovo pezzo di carta tra le mani esili.

Un senso di agitazione mi prese alla sprovvista ricordandomi quanto quello che sarebbe successo poco dopo, fosse uno scherzo dello stupido destino a cui continuavo ad affidarmi.

«Perché non dici niente?» Gli occhi di Ginevra cercavano i miei passando da un'iride all'altra. Si era sistemata in mezzo ai cuscini sul mio letto. La luce calda la rendeva eterea anche senza trucco e con i capelli gonfi per l'umidità.

«C'è una cosa di cui devo parlarti.»
«Sembra preoccupante.» Sbuffò una risata ironica, sfiorandomi il collo della Polo.
«Non lo è.» Una mano raggiunse d'istinto la sua. «È solo che...» Stramaledette parole.
«Che cosa?»
«Io e Ed stavamo pensando di seguire corsi di ingegneria a Londra.» Sei un bugiardo.

«Londra?» La voce flebile non era che un proiettile pronto a colpirmi. «Era solo per curiosità, no?»

Non riuscii a rispondere. Speravo che se avessi mantenuto il silenzio la domanda avrebbe cessato di esistere, ma non fu così.

«Oh, no.» Ginevra si alzò in piedi, arricciò le labbra per evitare di piangere. «Posso capire la follia di scegliere la stessa facoltà, ma Londra? Sul serio?»
«È solo per qualche mese.»
«Ti laurei in qualche mese?» L'ironia andava via crescendo come un virus. Il labbro le iniziò a tremare e gli occhi erano puntati contro la luce, quasi a voler trovare un'altra scusa per piangere.

«Posso seguire le lezioni da remoto, d'accordo? Non cambia niente.» Silenzio assordante.

«Gin.» Un'altra dose di silenzio.
«Gin, parla con me.» resta con me.

Sentii un fischio percuotermi i timpani. Non c'era niente che non avrei fatto pur di fratturare quel silenzio così rumoroso.

«Tutto questo è ridicolo!» La mia voce si alzò di un tono, ma mi pentii immediatamente non appena la vidi sussultare. Indietreggiò di un passo stringendo tra le mani l'abito vintage a quadri regalatole da sua mamma. Non riusciva a guardarmi e la mia espressione si accigliò. Non avrei mai pensato che scegliere mi portasse a questo, che il presente mi prendesse per i capelli gettandomi tra le gelide mani di un futuro incerto. «Hai seriamente intenzione di non parlarmi per questo? Stai diventando ingiusta, Gin!» Le mani iniziarono a tremare e non accennavano a fermarsi. Lei deglutì guardandomi con disprezzo prima di gettarsi nel richiudere gli opuscoli delle migliori università, presi durante l'open day organizzato dai rappresentanti d'istituto della nostra scuola. Open day a cui avevo deciso di partecipare, accompagnando la mia ragazza a gettarsi tra le braccia di una soffice bugia.

Ad ogni opuscolo gli occhi le diventavano sempre più lucidi. una nuova lacrima si unì alle altre sul bordo inferiore. Mi chiedo quanto debbano riempirsi ancora prima di cadere, pensai.

Infilò i fogli alla rinfusa nello zaino senza guardarmi e sentii il cuore scivolarmi via dal petto fino a cadergli ai piedi pronto per esser schiacciato. «Ginevra, questo non cambia niente.»

«Questo cambia ogni cosa, invece.» Urlò, finalmente puntando gli occhi su di me. Una scia di lacrime le bagnava il volto e fu il momento in cui sentii qualcosa dentro al petto sul punto di spezzarsi.

«Avevi promesso che sarebbe andato tutto bene, avevi promesso che saremmo stati insieme!»
«Ed è così!» Urlai di nuovo prima di passarmi una mano tra i capelli. «Siamo insieme, io sono qui.»

«Basta con queste stronzate!» La sua voce era rotta. Non cercò nemmeno più di trattenersi. «Hai deciso di andartene e di lasciarmi indietro.»

«Non vederla così, le cose non cambieranno.» Abbassai lo sguardo. «Quello che provo non può cambiare.» Alzai di nuovo lo sguardo su di lei con il timore di leggere la delusione sul viso. «È il mio migliore amico. Io-»

«Avevi promesso.» crack. «È la prima volta che infrangi una promessa, Joe.» cric, cric, cric.

Mi stava calpestando il cuore con il suo diventato pesante come una spugna imbevuta d'acqua.
Imbevuto dalla delusione e dalle lacrime che la aveva reso gli occhi del colore delle foglie.

Linfa vitale pareva scorrerle nelle iridi nocciola, ma allora perché sembrava tutto fuorché vigorosa?

A quel punto le parole mi morirono in gola, affogate dalle lacrime che non tentai nemmeno più di fermare.
La guardai mentre raccoglieva le ultime cose prima di dirigersi verso la porta della mia camera. Non tentai di fermarla. Sapevo bene che la notte le avrebbe portato consiglio e che la mattina seguente ci saremmo incontrati tra i corridoi, saltando le prime ore per andarcene a fare colazione al Flower.

Sapevo anche che avrei sentito il suo profumo fruttato e il suo sapore che sapeva di miele per il burro di cacao. Avrei stretto la sua mano e accarezzato i suoi fianchi fino a farla ridere.

I nostri difetti non ce li saremmo nemmeno ricordati, fondendoli nel calore di un abbraccio.

Click

La porta si chiuse ed io non dissi niente.
Non lo potevo sapere.

Non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrei rivista.

Another Ghost RomanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora