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Il cielo era grigio sopra Manhattan, le nuvole ricoprivano la città quasi a far intendere che la pioggia si sarebbe scatenata da lì a poco.
La luce entrava con difficoltà nella stanza, tra le tapparelle ancora abbassate e una sveglia rimandata fino all'ultimo; il letto era comodo, morbido e le coperte calde non avevano alcuna intenzione di lasciare andare un corpicino magro per fargli affrontare una grande e faticosa giornata di lavoro.
Roseanne dovette comunque trovare la forza di abbandonare il materasso su cui giaceva, nonostante il sonno ancora incombesse sulla sua mente e sugli occhi che difficilmente rimanevano aperti.
Rimase seduta sul bordo del letto con le piante dei piedi scalzi che si appoggiavano al pavimento freddo, cercando ogni pretesto per iniziare al meglio l'ennesima giornata dietro tanti pazienti ed emergenze.
Tuttavia, il primo pretesto fu che nessuno le avrebbe portato la colazione a letto, quindi doveva occuparsene da sola; lasciò controvoglia il letto ancora disfatto alle sue spalle e camminò lentamente verso le cucina della sua abitazione, mentre la gola era dolorante, continuava a toccarsi il collo come se passasse per magia.
Anche qui la poca luce del mondo esterno illuminava con fatica, sembrava quasi notte, e quelle giornate non le piacevano per niente.
Non le davano la giusta forza, non che l'avesse normalmente, ma almeno era un po' più contenta di uscire di casa per raggiungere il suo luogo di lavoro.
Alzò le serrande per lasciarsi avvolgere da quei piccoli e pochi raggi del sole che superavano le nuvole grigie per lasciare che la stanza si illuminasse il giusto per raggiungere la macchinetta del caffè senza inciampare o cadere su uno dei giochi del suo gattino, il quale a quanto pare non aveva proprio intenzione di uscire per venire a mangiare; vivevano in simbiosi, con la differenza che la padrona aveva responsabilità a cui adempiere.
Roseanne camminò a piccoli e lenti passi verso il bancone che l'aspettava per il pasto più importante della giornata, ma nonostante fosse medico, per lei la colazione era il momento meno adatto per mangiare.
Non aveva fame e mangiava quasi a forza.
Si fece un caffè lungo, di quello sicuramente non poteva farne a meno; era tassativo, tre caffè al giorno ad ogni pasto, e su questo non c'era alcun dubbio.
Sorseggiò il suo caffè non appena si freddò leggermente, mentre dalla dispensa cercava una piccola brioche da mandar giù in pochi bocconi; non voleva mangiare, ma nemmeno rimanere a stomaco vuoto.
Le pause a lavoro erano un mistero ancora da risolvere.
Il caffè l'aiutava la mattina, rispettava la sua routine e permetteva alla giovane donna di incamminarsi verso le 7 lunghe ore di lavoro che l'aspettavano, ma il mal di gola le impediva di mangiare eccessivamente, dopo un po' diveniva insopportabile.
Teneva l'orario sotto controllo, non poteva permettersi ritardi, ma puntualmente ogni mattina rimandava la sveglia fino a che non dovesse fare tutto di corsa, in parte era pigra anche lei e le mattine erano complicate; tornare da uno smonto e un giorno di riposo era sempre un'ardua sfida.
Finito il caffè e mangiata la piccola merendina, iniziò la corsa: si lavò, si vestì e preparò la borsa con il necessario.
Rifece anche il letto, non aveva certo l'intenzione di lasciarlo sfatto solo per la fretta e, prima di abbandonare la sua dimora, abbassò le serrande e aprì le finestre, per poi lasciar da mangiare al gatto che nel frattempo aveva deciso di farsi vedere giusto il tempo per una carezza ed un saluto.
Roseanne andava a lavoro a piedi il più delle volte, l'ospedale non era lontano e ciò le permetteva di evitare l'utilizzo eccessivo dell'auto, non le piaceva molto guidare in verità.
E poi, camminare fa sempre bene.
Ci volevano 10 minuti dal suo appartamento, a piedi evitava il fastidioso traffico del mattino, per cui evitava di rimanere bloccata in mezzo ad incrocio con altre venti persone che perdevano le loro capacità di guida per colpa dell'agitazione.
Il Bellevue, anche battezzato ormai come NYC Health + Hospitals, era il più grande ospedale d'America, tra l'altro uno dei pochi pubblici.
Era per questo che le piaceva lavorare lì: chiunque avesse avuto bisogno sarebbe potuto andare da solo senza disporre obbligatoriamente di un'assicurazione costosa e insensata che limitava le prestazione sanitarie di cui magari una persona avesse bisogno.
Evitó il bar per dirigersi nel reparto in cui stava finendo la specializzazione, il Pronto Soccorso: Roseanne lo considerava il suo posto nel mondo, nonostante molti non credessero nemmeno fosse capace a fare il medico.
Contro ogni aspettativa invece, quella laurea e quel lavoro tanto sudati arrivarono e valevano ogni goccia di sudore versata.
"Buongiorno dottoressa" le disse un'infermiera che stava probabilmente smontando dal turno notturno, Roseanne lo notò dal giubbotto indossato che la donna non aveva sicuramente intenzione di rimuovere, era fin troppo entusiasta.
"Buongiorno a te, Amelia" rispose la giovane a sua volta, sfoggiando un grande sorriso.
Le piaceva il senso di unione con l'intero staff, la faceva sentire come parte di una grande famiglia.
I primi saluti mattutini però erano i più difficili.
Si diresse verso la sala medici, poggiando il suo borsone su una sedia poco distante e rimuovendo il giaccone che l'aveva protetta dal freddo primaverile.
"Ancora assonnati questa mattina, Rose?" la voce maschile si fece strada tra i pensieri della giovane trentenne intenta ad indossare il suo camice bianco. "Ti conviene dormire la notte".
Roseanne non potè che rispondere con una lieve risata, anche alle 7 del mattino Taehyung era in vena di battute.
"Cosa pensi che faccia la notte?" rispose a tono.
Kim Taehyung era un nuovo acquisto del Bellevue, si era trasferito dalla Corea del Sud per terminare il suo periodo di specializzazione come chirurgo traumatologo, mentre Roseanne mandava avanti la specializzazione in medicina d'emergenza; proprio per questo lavoravano insieme in turno tutti i giorni, si era creato un ottimo legame di amicizia tra i due e lavoravano bene.
"Dovresti dirmelo tu questo." ribatté l'uomo a sua volta.
Si scambiarono due dolci sorrisi, probabilmente in quello di Roseanne vi era stampato sopra un bel 'Vaffanculo' - sempre con affetto.
Uscirono insieme dalla stanza medici lanciandosi qualche occhiataccia scherzosa e ognuno di loro iniziò ad adempiere ai propri doveri leggendo quella pila infinita di cartelle cliniche sulla scrivania: il reparto Emergenze non dorme mai.

Bellevue 462 First AvenueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora