3. Matematica e Poesia

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Dante era riuscito a convincere Simone a dare lezioni private di matematica ad un bambino, figlio di una collega di Anita, che faceva fatica a comprendere la materia.
Erano concetti base, cose che si imparano alle elementari ma il bambino era un po' pigro, svogliato, non amava particolarmente quella materia e aveva necessariamente bisogno di qualcuno che gliela spiegasse al di fuori del contesto scolastico.

Dante lo aveva convinto dicendogli che era un buon modo per approcciarsi nuovamente a quella materia che tanto amava, un buon modo per tenersi occupato e anche per guadagnare qualche soldo. Simone non ne aveva molta voglia, non aveva mai avuto a che fare con un bambino e soprattutto non aveva mai spiegato ad altri, non sapeva se fosse all'altezza o meno.
Ma alla fine decise di accettare, forse distrarsi gli avrebbe fatto bene, forse era un modo per tornare ad essere un po' il vecchio Simone - nonostante una parte di lui non gli mancasse affatto.

E così, quella mattina, accolse in salotto quel bimbo paffuto, tutto occhiali e capelli.
Aveva un grande ciuffo che gli ricopriva il viso e Simone non poté fare a meno di chiedersi come facesse a vedere e, soprattutto, come facesse a sopportare quei capelli davanti agli occhi costantemente.

«Lo vengo a riprendere tra due ore, durante la pausa pranzo» comunicò la madre prima di abbassarsi verso il figlio e dargli un bacio su quell'ammasso di capelli biondi e lisci «Mi raccomando, Toni, ascolta Simone mh?» il bimbo annuì senza rispondere, forse perché timido, e lanciò uno sguardo furtivo al ragazzo che aveva davanti, gli sembrava fin troppo alto «Grazie mille Simone, mi stai davvero salvando. Non sono mai stata chissà che cima in matematica e non riesco ad aiutarlo così come faccio con il resto»

«È un piacere, si figuri» rispose educatamente

Salutarono la donna che andò via subito dopo qualche minuto e Simone si impose di essere l'adulto della situazione - che poi, in fondo, lo era solo che lui non era abituato ad avere una posizione di comando, di controllo della situazione, se così si vuol dire.

Fece un passo verso il bimbo e si abbassò per arrivare alla sua altezza e guardarlo negli occhi, gli fece un sorriso che il piccolo considerò confortante e, per questo, ricambiò immediatamente.

«Quindi ti chiami Toni?» chiese Simone

«Antonio, in realtà. Ma la mamma mi chiama sempre così»

«E tu come preferisci essere chiamato?»

«Toni va bene» annuì il piccolo

«Io sono Simone» disse porgendo la mano al piccolo che subito la strinse, gli parve tanto piccola la sua mano «Allora, ti va di iniziare?»

«Mica tanto, in realtà» rispose sincero Toni

«E perché no?»

«Non mi piace la matematica» alzò le spalle «La maestra mi urla sempre contro quando non so rispondere o non so fare gli esercizi, e tutti ridono»

Simone sospirò, chiedendosi come fosse possibile che una maestra, consapevole di aver a che fare con dei bambini, potesse essere tanto crudele con uno di loro «Ascolta, io sono qui per aiutarti, mh? Tu puoi dirmi, anzi, tu devi dirmi se non capisci qualcosa perché io sto qui apposta per spiegarti e rispiegarti i concetti. Non è brutta la matematica, bisogna capirla. E ti prometto che, una volta capita, sarà pure divertente fare i problemini»

Toni alzò un sopracciglio poco convinto di quell'ultima frase, Simone gli scostò il ciuffo dagli occhi e gli sorrise ancora una volta, sperando di risultare convincente «Va bene» rispose, dopo, il piccolo con un filo di voce

«Bravissimo!» Simone si mise in piedi e si premurò di togliere dalle spalle lo zaino pesante che Toni portava «Prendi pure posto e mostrami tutto ciò che c'è da fare. Ci impegneremo così la maestra non urlerà più e i tuoi compagnetti non ti prenderanno più in giro»

Coordinate || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora