2. Legge morale

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Le prime due settimane a Roma procedettero, per Simone, in modo tranquillo.
Aveva bisogno di stare in casa, con la sua famiglia, lontano da ambienti opprimenti, che lo facessero sentire una nullità alimentando le sue insicurezze.

Avere suo padre accanto gli faceva bene, lui lo motivava sempre.
Avevano molto parlato della sua scelta di andare via da Glasgow e interrompere gli studi fatti fino a quel momento e Dante gli aveva più volte ripetuto di non doversi preoccupare, che lì era al sicuro e che tutta la famiglia lo avrebbe appoggiato, qualsiasi scelta avrebbe deciso di prendere.

E Simone si sentiva rincuorato da questa certezza.

Ma poi Dante e Anita partirono per una vacanza prima della fine dell'estate e la calma e la pace che regnavano a Villa Balestra vennero spezzate da quel terremoto tutto ricci, tatuaggi e anelli.

Simone non ne poteva più ed era solo la seconda sera che l'altro ragazzo portava a casa persone.
Si rinchiudevano nella stanza di lui esattamente attaccata a quella di Simone e si davano alla pazza gioia con l'alcol, l'erba e pure la musica ad alto volume.
Ma, ancora peggio, era quando la musica cessava per lasciare il posto ai gemiti.
Erano minimo in tre in quella stanza, Simone ne era sicuro: le voci erano diverse.
E lui non sapeva più come tapparsele le orecchie pur di non sentire.
Aveva battuto sulla parete ma era stato del tutto inutile.

Così, in preda alla disperazione, si alzò dal letto e andò a battere ancora più forte sulla porta della camera di Manuel.
Non gli importava del pericolo di vedere cose che non avrebbe dovuto e voluto vedere, voleva solo riposare in santa pace in camera sua.

Passò un breve istante prima che Manuel aprisse leggermente la porta.
I capelli scomposti, il petto nudo, segni evidenti di quelle notti di passione sulla sua pelle.
Simone deglutì prima di riuscire ad aprire bocca.

«Che voi?» chiese Manuel

«Che voglio? Che la smettiate di fare tanto baccano, sto provando a riposare se è concesso»

«Mamma mia, Simò» sospirò il più grande «Te voi unì? Secondo me te diverti pure de più»

Lo sguardo di Simone cadde alle spalle di Manuel, sul letto un ragazzo e una ragazza ridacchiavano tra le lenzuola.
Manuel alzò un sopracciglio prima che il suo sguardo incrociasse nuovamente quello di Simone.

«No, io vorrei solo dormire» ripeté Simone

«Va bene, ce provamo a fà meno casino, mh?» disse prima di chiudergli la porta in faccia, Simone rimase immobile davanti ad essa per qualche secondo

Ovviamente, Manuel non ci mise nemmeno la minima intenzione per evitare rumori, anzi.
Così Simone fu costretto, in preda alla disperazione, ad andare nella piccola casa in giardino, sicuro di trovare lì una vecchia sedia sdraio.
E lì si addormentò, lontano da rumori e urla.
Lontano dal pensiero di Manuel nudo tra quelle lenzuola, intento a provocare e a provare piacere con altre persone.
Lontano dai suoi gemiti, che subito aveva riconosciuto tra gli altri e che tanto avrebbe voluto risentire su di sé.

***

L'indomani mattina, Manuel si accorse dell'assenza di Simone dalla sua camera e si sentì anche in colpa quando si rese conto che il ragazzo avesse dormito nella casetta accanto alla piscina.

Voleva, in qualche modo, farsi perdonare così preparò il caffè, rollò una canna e si diresse verso la casetta in cui Simone dormiva.

Entrò pian piano e istintivamente sorrise nel vederlo tanto beato su quella sdraio che doveva essere la cosa più scomoda del mondo.
Poggiò ciò che aveva in mano su un davanzale e mise le mani sui fianchi.

Coordinate || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora