L'insostenibile leggerezza del bello

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L'acqua è calda al punto giusto. Sento il mio corpo rilassarsi sotto il getto forte della doccia.

Lo so che sei lì, Iwa-chan, nascosto nell'angolo dello spogliatoio. Lo so che mi stai guardando attraverso lo specchio, anche se non ti vedo. Sento il tuo sguardo che accompagna le mie mani mentre mi insapono il torace, le braccia, i glutei, le gambe.

Tu pensi che io non me ne sia accorto, ma lo so da sempre. Sono io che te lo lascio fare. Scelgo apposta questa doccia perchè, con la porta socchiusa, dall'angolo dove ti metti tu puoi vedermi riflesso allo specchio.

So bene come appaio. E sono consapevole dell'effetto che faccio sulle persone. Ragazze, ma anche ragazzi. Anche uomini. O allenatori.

Ne sono consapevole e me ne compiaccio.

E' la mia piccola rivincita in questo mondo popolato da mostri talentuosi che non devono spaccarsi la schiena per emergere.

Io sono bello. E' questo il mio unico talento naturale. E così, quando faccio la doccia, o mi cambio, non è raro che io lasci qualche porta socchiusa, o qualche tendina poco tirata, per far entrare lo sguardo degli altri.

Lascio che si godano lo spettacolo, che vivano le più sfrenate e lascive fantasie su di me, per poi far finta di niente, e tornare al mio carattere spensierato di sempre.

E' stato il Mio Sensei, la persona che mi ha fatto diventare quello che sono, a chiedermelo, la prima volta. Facendomi così capire quanto potere io avessi su di lui e sulle altre persone. E mettendomi in mano un'arma potentissima.

Ho cominciato alle medie.

Ma allora non era Iwa-chan a guardarmi. Lui all'epoca era solo un bambinone impacciato e desideroso di condividere ogni gioco con il suo migliore amico, e non c'era ancora nessuna malizia nel suo rapporto con me.

Alle medie, quando mi cambiavo o quando facevo la doccia, mi guardava soprattutto Tobio. Lo vedevo oltre la porta che mi osservava, senza neanche preoccuparsi di nascondersi. Ma il suo non era uno sguardo di desiderio o d'amore, come quello di Iwa-chan.

Tobio mi studiava, il suo cervello delineava muscoli, tendini, nervi, elaborava misure, proporzioni, tempi di reazione. Lo faceva per imparare attraverso l'osservazione attenta. Per essere come me.

Dentro volevo urlare di orgoglio, e invece non perdevo occasione per umiliarlo e allontanarlo. Il mio modo di esprimere quanto fossi fiero di lui. E quanto allo stesso tempo lo temessi.

Lo sguardo di Iwa-chan è diverso. Lo so cosa vuole, da me, Hajime.

Mi ha sempre ammirato, seguito, idolatrato, pur nel suo modo rude, pur senza mai esprimersi apertamente. Ma sono i suoi occhi a parlare. Ed io ho capito che nel tempo i suoi sentimenti sono cambiati, si sono fatti più intimi ed intensi, e la mia presenza ha acquistato per lui un significato via via sempre più importante. Fino a diventare una necessità.

Ma non posso, Iwa-chan, non posso darti quello che vuoi. Non posso darti il mio amore e la mia attenzione. Io ho già una padrona, la mia ossessione, appartengo a lei, e lei richiede tutta la mia dedizione ed il mio tempo.

E non posso, non voglio, darti solo il mio corpo.

Sarebbe facilissimo, Iwa-chan, concedermi a te. Potrei darti tutto il sesso che vuoi, del meraviglioso, indimenticabile, strabiliante sesso. Ma non sarebbe degno di te, di noi, di quello che siamo.

Prendi quello che posso darti, solo questo. Guardami. Guarda le mie mani insaponate sul mio corpo, guarda il miei bicipiti, le mie gambe, il mio sedere, il mio petto bagnato. E sogna di noi.

Chiudo l'acqua e passo entrambe le mani aperte sui capelli, tirandoli indietro per far defluire l'acqua in eccesso. Sollevo la testa, chiudo gli occhi e aspetto qualche istante.

Sento dei passi leggeri allontanarsi velocemente, un cigolio e il tonfo sordo della porta dello spogliatoio che si chiude.

Iwa-chan è andato via. Adesso sono davvero solo.

Riapro l'acqua, con i pugni chiusi mi appoggio alle piastrelle della doccia e mi accascio, iniziando a piangere a dirotto. Non faccio nessuna resistenza e lascio che tutto il mio corpo sia scosso da singhiozzi incontrollabili, travolto dalla consapevolezza della mia condizione disperata e dalla mia immensa, incolmabile solitudine.


LA SOLITUDINE DEI NUMERI UNO (IWAOI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora