Pochi inutili nascondigli

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Allontanarmi da Hajime è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto.

Per fortuna quel giorno in palestra, quando ha cercato di trattenermi, alla fine mi ha lasciato e non mi ha più toccato. Se lo avesse fatto, se mi avesse anche solo sfiorato un'altra volta, so che non avrei retto, gli sarei caduto tra le braccia piangendo come un bambino.

E per fortuna che non mi ha rincorso, perché altrimenti avrebbe visto il mio viso pieno di lacrime e allora decisamente non sarei stato credibile.

Quello che è successo nelle ultime settimane mi ha aperto gli occhi su tante cose.

Su Hajime, prima di tutto. Lui merita davvero di essere felice, merita un amore pulito, una persona limpida e semplice, non un essere contorto e patetico come sono io.

Per non parlare del fatto che io sono un ragazzo e, per quanto lui adesso possa sentirsi infatuato da me e possa essere convinto che il giudizio degli altri non gli interessi, prima o poi la pressione sarà insostenibile anche per una persona forte e determinata come lui. Non è semplice essere omosessuale in un mondo di etero, e ho paura che con il tempo lui si stancherebbe di me. O, peggio, proverebbe vergogna a starmi vicino.

Voglio a tutti i costi risparmiargli questo dolore.

Ho riflettuto anche molto su di me e su quello che ho inseguito ogni giorno, a scapito della mia adolescenza. La ricerca della perfezione mi ha fatto percepire le cose in modo distorto. E mi ha fatto trascurare tutto.

Il mio tempo, per cominciare. L'ho sempre misurato in base agli allenamenti e ai miei progressi, anziché in base alle cose piacevoli o alle persone interessanti con cui potevo impegnarlo.

E poi le mie conoscenze, che ho sempre giudicato a seconda che fossero avversari o strumenti per migliorare, senza mai vederci degli amici o dei compagni con cui divertirmi. O di cui innamorarmi.

Come Hajime.

Ho anche finalmente fatto i conti con il passato e con i miei fantasmi.

Nessuno mi restituirà il candore che ho perso per inseguire i miei sogni, niente potrà ripagare le ferite che mi porto dentro fin dall'infanzia. Quel fiato caldo sul collo, quelle mani sudaticce sul mio corpo di bambino...

Ma posso darmi da fare perchè quello che è successo a me non succeda ad altri.

Dopo gli allenamenti non mi fermo più in palestra. Non cerco più di intrufolarmi nelle altre scuole per vedere i campioni che tanto ammiro.

Appena esco da scuola vado ad assistere agli allenamenti di mio nipote Takeru.

Ovviamente lui mi ammira tantissimo, vorrebbe essere come me. Quindi anche lui gioca a pallavolo, ed è titolare nella squadra della scuola elementare che frequenta.

Ogni giorno lo raggiungo alla sede del club, mi affaccio alla porta della palestra e guardo mentre si allena, insieme ai suoi amichetti.

La mia presenza suscita molto entusiasmo tra i suoi compagni e vedo quanto Takeru è orgoglioso di me, anche se mi prende sempre in giro.

Lo aspetto dopo gli allenamenti finché non esce dalla palestra, insieme a tutti gli altri, stando ben attento che nessuno di loro si trattenga da solo negli spogliatoi insieme all'allenatore.

Il coach è un ragazzo che frequenta l'università, e non ho dubbi che sia una brava persona, e che non abbia mai tenuto un comportamento poco corretto con i ragazzi, intendiamoci. Ma preferisco non rischiare. Non voglio che qualche ragazzino affamato di ambizione possa diventare facile preda di adulti senza scrupoli.

Finora è bastato farmi vedere per sventare qualsiasi rischio. Non ho mai dovuto insistere con i ragazzini. Escono tutti insieme e sono felicissimi di tornare a casa in mia compagnia. Lo sono anche le mamme, che mi vedono come una presenza rassicurante, una persona con la testa sulle spalle. Se solo sapessero....

LA SOLITUDINE DEI NUMERI UNO (IWAOI)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora