Elena
Era arrivata ora di cena, ma eravamo arrivate con un po' di ritardo, ma fortunatamente fu Nunzia, una nostra sorvegliante, ad aspettarci gentilmente fuori dalla stanza ricordandoci ci muoverci.
"E cre sta robb?" guardai dentro al mio piatto e non riuscii bene a definire cosa fosse, mi stavano per caso avvelenando in quel modo?
"A cena toja" rispose ridendo Silvia che era in fila dietro a me aspettando anche la sua porzione di pasta, sempre se così poteva essere chiamato però.
"M par di sta ricoverat" risposi prendendo un bicchiere ed una bottiglietta d'acqua, già la stanza mi ricordava molto un ospedale e di certo quel cibo non cambiava di molto la mia opinione, ed ero stata mandata diverse volte in ospedale. Questo per via di risse o cadute dal motorino, ma nelle prime non mollavo mai e per questo molte volte finivo in quel luogo con qualche punto o qualche fascia.
"Ti abituerai, accussì è ca dint" continuò Silvia prendendo anche lei una bottiglietta ed un bicchiere mentre io avevo fatto qualche passo avanti cercando qualche tavolo libero dove sedermi, ma vidi Naditza da sola seduta ad un tavolo ed io e Silvia cominciammo a camminare verso di lei. Io mi sedetti davanti a Naditza e Silvia affianco a me, mentre rimase un posto vuoto accanto alla rossiccia.
"Allora Nadi, col chiattill, va avanti?" le chiese Silvia accigliata posando la testa su una mano guardando Naditza con un sorriso, la reazione di Naditza sembrò sconsolata, ma divertita. La guardai allo stesso modo di Silvia scioccata quasi, certo un chiattillo non me lo sarei mai immaginato con Naditza, ma c'era qualcosa sotto che non mi convinceva.
"O 'chiattill eh" risposi inforchettando i primi pezzi di pasta, ma sembrava essere andata a male. Naditza mi guardò con sguardo complice e mi fece un sorrisetto e io feci un segno di no con la testa, una zingara con un milanese alto locato, neanche nelle storie più romantiche questa relazione aveva un lieto fine.
"Ecciert, ca di classe si va" disse Naditza afferrando il bicchiere d'acqua, l'unica cosa ingeribile quella sera, il resto sembrava essere recuperato dalla spazzatura, ma non avevo la minima intenzione di rimanere a digiuno, non l'avevo mai fatto fuori dal carcere e non avevo intenzione di farlo lì dentro.
"Sta là comunque" disse Silvia accanto a me indicando con la forchetta il milanese, mi sporsi leggermente e lo vidi seduto con un moro che immediatamente riconobbi. Di certo non eravamo migliori amici, ma vedevamo la vita in modo diverso e forse era questo che ci aveva fatti andare d'accordo. Era Carmine di Salvo e la mia e su famiglia erano alleate, si aiutavano avvicenda, ma lui non era entrato nel giro.
"Va allor, t sta aspiettand" dissi provando ad assaggiare le penne, ma me ne pentii immediatamente, perfetto avrei vissuto di pane e acqua li dentro. Indicai con la testa il chiattillo che ogni tanto lanciava uno sguardo a Naditza. "Nun o' sacc" rispose lei cambiando sguardo, ma non era preoccupazione. "Ma va ja, c te n'mport" dissi riempendo d'acqua il mio bicchiere e poi me lo avvicinai alla bocca. Vidi Naditza alzarsi coraggiosa e dopo aver lanciato a Silvia uno sguardo d'intesa, ma uno un po' più freddo a me se ne andò.
"E hai capit a Naditza eh." Dissi dopo aver bevuto e annuendo con la testa, non me le sarei aspettate queste preferenze, certo non la conoscevo, ma a meno che non fossero l'eccezione non penso avrebbe mai funzionato.
"E' tutt na scommess ammò" rispose Silvia provando ad assaggiare anche lei la pasta, ma non fece nessuna strana espressione e fece un'altra forchettata in tutta tranquillità. Feci cenno di assenso con la testa e mi guardai intorno irrigidendo lo sguardo, era piena di persone. Ragazzi e ragazze che scherzavano fra di loro facendo un gran casino che cominciavo a non sopportare più.
"Allor Elenù, stai ca da miezz jurnat e già tieni fatt casini" disse Silvia cercando di farmi smettere il turo visivo della stanza, ma finalmente trovai il tavolo dove era seduto Ciro con i suoi amici ed immediatamente lo squadrai, ma c'era un suo amico che mi vissava, il rossiccio che stava giocando a calcio.
"Eh u cammorrist pens che ij teng paura d iss" risposi tornandola a guardare con sguardo freddo ed io non avevo la minima intenzione, e anche se l'avessi avuta, non avrei mai abbassato la testa davanti a lui, quindi o mi avrebbe lasciata in pace o anche io avrei continuato il mio gioco.
"Se amò, gli piacesse" continuò lei dandomi un leggero pugnetto sul braccio dopo aver bevuto, ma poi portai lo sguardo sul vassoio e mi ero completamente dimenticata di aver preso anche una mela, ma almeno speravo nel fatto che neanche quella fosse avvelenata. "E poi s vred ca nun o' reggi" continuò con sguardo più serio guardando dritto verso Ricci.
"E' na cap e cazz no, e a quelli comm a lui o abbassi o' cap o fai a guerr" e di certo io non avevo scelta, ma mi piaceva procurarmi il rispetto e me lo sarei conquistato in tutti i modi anche a costo di ucciderlo con le mie mani e di certo questa cosa non mi sarebbe dispiaciuta, ma per quanto allettante fosse non avevo la minima intenzione di finire a Poggioreale, ma tutto questo dipendeva dalla decisione di mio padre che io ero pronta ad assecondare.
"E' chiù divertente accussì" rispose Silvia ridendo, fortunatamente era una ragazza con la mente aperta ed ero contenta che fosse così, ma dovevo tenere la guardia alta.
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Ma chi ci pensa a noi
RomansaPensavo che mi sarei innamorata con un colpo di fulmine, quello che si legge nei libri, ed invece dovetti aspettare che finisse la tempesta, ma per le persone condannate come me i tempi di quiete erano assai brevi.