Capitolo 9

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L'odore del caffè mi tenne compagnia durante tutto il mio risveglio rendendolo più piacevole, se non il più piacevole da quando ero arrivato in Corea del Sud.

L'orologio sopra la porta segnava circa le sei.

Un sospiro lasciò le mie labbra e con estrema lentezza mi alzai dal comodo letto per andare davanti all'armadio e prendere la divisa che avevo riposto ieri sera; la realizzazione in quell'attimo mi colpì: finalmente oggi sarebbe stato l'ultimo giorno per metterla per poi bearmi del nostro unico giorno libero.

Il bagno del secondo piano aveva la finestra che dava al giardino sul retro dove si trovavano diverse piante aromatiche che ci avevano lasciato i precedenti proprietari come regalo di benvenuto, molto apprezzato da mia madre che aveva già iniziato a usarle; ed una piccola pianta di rose che aveva comprato mio padre per rendere il giardino, a detta sua, un po' più vivo ed armonioso.

Sinceramente per me il giardino sarebbe stato bello, anche se non ci fosse stato niente, ma sapete come funziona, mai mettere bocca sulle decisioni dall'alto.

Il riflesso che mi si presentava sullo specchio che avevo di fronte, non era incoraggiante da parecchi anni ormai. Il mio viso era pallido, quasi cadaverico e sotto gli occhi si trovavano delle occhiaie scure nonostante le ore passate a dormire, che non facevano altro che donarmi un aspetto malaticcio che mi ha sempre caratterizzato.

Appena ebbi finito, trovai mio padre seduto al tavolo della cucina che sorseggiava il suo caffè, ora si spiega l'odore, mentre mamma era già al lavello che stava pelando alcune carote e cetrioli per il pranzo che mio padre si sarebbe dovuto portare in ufficio.

Da quanto aveva accennato i giorni scorsi, almeno una volta a settimana sarebbe dovuto rimanere delle ore in più per partecipare a delle riunioni speciali. La cosa per me era quasi irrilevante, in qualsiasi caso io a pranzo non ci sarei stato.

"Buongiorno papà – lo salutai, ricevendo in cambio solo un'occhiata di sbieco; probabilmente è ancora arrabbiato dalla chiamata di ieri – riguardo alla chiamata...posso andare oggi allora? È veramente importante, se vuoi posso anche darti il numero del mio compagno così almeno ti puoi sentire più sicuro" chiesi incerto.

Non accennai nemmeno a come si fosse rivolto a me, non sarebbe stato produttivo, soprattutto se avessi voluto ricevere qualcosa in cambio.

"Fai come preferisci Jimin, sappi solo che io ti ho avvertito, non venire a piangere da me poi" disse chiaro. Annuì e basta, anche se non capì totalmente il significato delle sue parole.

Soprattutto non capì perché mai avrei dovuto piangere, quale azione sarebbe stata così grave da farmi versare delle lacrime?

Dimmi papà, cosa nascondi in realtà? Da cosa stai cercando di tenermi al sicuro? Cosa c'è la fuori che ti spaventa così e che ti porta a racchiudermi in una teca di vetro? Ti prego dimmelo, altrimenti non saprò nemmeno io da cosa tenermi in guardia.

Non aggiunsi atro e varcai la soglia della porta con un unico pensiero: Jungkook, sappi che dopo oggi mi devi come minimo una settimana di compiti.

-.-

"Jungkook, scusami – inizia toccandogli la spalla alla fine dell'ultima lezione – se vuoi oggi, possiamo andare a fare la ricerca, i miei genitori, hanno detto che posso venire" sorrisi fintamente felice. 

"Perfetto Jimin, il bar in cui ti volevo portare, però oggi è chiuso - e si mise un attimo a riflettere – se vuoi però possiamo andare a casa mia, tanto non credo ci sia nessuno oggi."

Quasi lo invidia a quella proposta, davvero lui poteva invitare a casa dei suoi genitori degli sconosciuti senza che loro sapessero nulla e senza conseguenze?

Il dolore di un rimpianto (JiminxBTS)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora