Capitolo 21

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"Bhe e-cco h-hai presente Jungkook n-no?" tentai un approccio sereno, sapendo già che da tutto questo si sarebbe generato un vero cataclisma nel giro di pochi minuti. Feci appena in tempo a riprendere fiato che già la sua voce mi interrupe.

"Non balbettare Jimin, odio quando lo fai, e sbrigati che ho di meglio da fare, piuttosto che stare a sentire te." E indicò la usa borsa di lavoro, come a voler confermare il suo punto.

"Ok allora, oggi mentre ero seduto al tavolo con loro ho scoperto che Jungkook fa parte di un branco con altri due ragazzi, che erano i suoi amici seduti con me, e che vivevano tutti assieme, solo che non sono sposati. Questo è possibile?" e lo guardai in attesa, come se aspettassi un'illuminazione divina mi colpisse.

"Chi hai detto che è questo tuo amico? Jungkook non è il ragazzino che mi ha chiamato da lavoro?" io annuì soltanto aspettando di capire dove volesse andare a parare con questo discorso.

"Bene, da domani stagli lontano, non ti voglio sapere vicino a quelli come lui. Già hai preso comportamenti inappropriati da loro, ci manca solo che ti inculchino in testa idee come quelle. Mi hai capito Jimin o sto parlando con il muro eh?"

La sua voce si alzò di un'ottava nell'ultima parte mentre mi osservava con sguardo quasi schifato, come se gli avessi fatto un torto solo il fatto di essermi presentato a mangiare.

"Si-i ho capito. Ma cosa hanno che non va?" e forse quella domanda non avrei dovuto farla o forse semplicemente avrei dovuto stare zitto fin da quando ero arrivato a casa, perché nessuno dei miei scenari mi aveva preparato al terribile fischio nelle orecchie e al rumore di vetri rotti che avvenne dopo.

Mio padre infatti lanciò il bicchiere per terra, preso da uno scatto d'ira a cui non assistevo da tempo.

Suoi occhi luccicavano di ira, quasi rossi, mentre potevo intravedere le vene nella nuca gonfiarsi e i polmoni cercare di prendere più aria possibile per rimanere calmo, prima che sputasse parole piene di rabbia e disprezzo.

"Vuoi andare in giro e farti chiamare puttana perché il tuo amichetto lo è? Dimmi Jimin vuoi finire a guadagnare soldi per strada o cosa eh?"

I miei occhi si sgranarono notevolmente mentre assimilavo le sue parole, come se fossero lame che perforavano il mio ormai troppo debole cuore.

Di quelle rivolte a me non me ne preoccupai nemmeno, o quasi, ormai abituato alle sue osservazioni scomode, ma su Jungkook non potevo tacere. Era l'unica maledetta persona in tutta la faccia della scuola che aveva avuto il coraggio di parlare nonostante l'avessi allontanato in tutti i modi e non avrei permesso che mio padre gli riservasse tali parole nonostante non lo conoscesse.

"Ma quale è il problema! Perché lo chiami così!?" e alzai la voce contro di lui, provocando un sibilo alla mamma che non si era ancora mossa da quando avevo preso inizialmente parola.

"Ascolta Jimin te lo spiegherò ora e non apriremo più questo discorso fino al giorno del tuo accoppiamento chiaro? In questo Paese le persone non sono come noi, si ritengono più libere e senza vincoli, non capendo che non fanno altro che ridicolizzarsi. Qualcuno da noi è mai andato a convivere prima del matrimonio? Ovviamente no, altrimenti cosa avrebbero pensato le persone di quei due? Di quell'Omega? Te lo dico io Jimin, avrebbero detto che era una sgualdrina, uno che va con tutti senza impegni. Non è bello vero? Bene qui è uguale e tu non vuoi diventare così, giusto? Quindi fai quello che devi fare ed evita di girare attorno a gentaglia simile. Ora tira su questi e aiuta tua madre, io ho del lavoro da finire."

E uscì dalla stanza come se nulla fosse accaduto, mentre il mio cuore cadeva in mille pezzi, insieme a tutte le certezze avute fino a quel momento.

Guardai la figura accanto a me che cercava di trattenere le lacrime, che incuranti dei suoi tentativi, scendevano libere sul suo viso segnato dalle prime rughe, bagnandole di dolore.

Il dolore di un rimpianto (JiminxBTS)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora