2. Nuove speranze

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Quando si staccò da me provai una leggera ansia ad allontanarmi da lui, come se lui stesso mi desse ossigeno per vivere, magari era questo per me.
L'ossigeno che mi permetteva di respirare. Per la prima volta da quando lo incontrai sorrideva beato, quasi felice. La prima volta che lo vidi ero seduta a un tavolino di un bar a leggere, la storia era talmente avvincente come tutte quelle che leggo di solito che non mi resi conto che i suoi occhi erano puntati addosso a me come fari nella notte. Sulle prime feci finta di niente ma i suoi occhi nocciola erano per me incantatori, come un serpente che ascolta la musica ero ipnotizzata da lui. Lui rimase seduto per ore a guardarmi, volevo alzarmi o andarmene ma non ne avevo il coraggio. Sin da subito pensavo che sarebbe stata solo una cosa di un momento, non mi ero mai persa così tanto per un solo ragazzo. C'erano state cotte e un fidanzato durato troppo poco per pensare che avessi esperienza in materia. Lui era semplicemente troppo per me è lo sarebbe sempre stato. Persa nei miei ricordi a pensare al nostro primo incontro non mi resi conto che ero appena entrata nell'unico posto dove ogni umano con un briciolo di buon senso non sarebbe mai entrato. In un albergo per vampiri. Pieno zeppo di occhi rossi e zanne pronte per ucciderti. Poteva sembrare sinistro come luogo ma per me era la cosa più familiare che ci fosse dopo casa mia, perché questa era la sua. Passai l'atrio e lo segui nelle cucine, vidi che prese qualcosa dal frigo per lui è una mela per me, peccato che mi piacesse ben poco. La prima volta quel giorno attacco bottone con un sorriso, la cameriera disse che il conto era già stato pagato quando glielo chiesi. Alzai gli occhi sconcertata e intimorita da quel gesto, la prima cosa che pensai subito fosse che magari lo avesse fatto perché aspettava che diventassi io il suo pasto, ma ora so benissimo il perché. Gli piacevo e lui piaceva a me in qualche modo. Afferrai la sua mano e andammo in giardino, ci sedemmo a un tavolino di ferro bianco con due tazze da the, altro cibo che non mi piaceva ma che lui non sapeva. Lo bevevo per lui benché mi disgustasse profondamente. "Cosa vuoi fare oggi?" Disse lui guardandomi dritta negli occhi aspettando una mia risposta. "Non so magari potremmo farci una passeggiata all'aria aperta, che ne dici?" Sapevo quanto adorasse l'odore di terra e di verde, sembrava se stesso in mezzo alla natura. "Andata!" Vidi l'ombra di un sorriso all'angolo della bocca e i suoi occhi si illuminarono maliziosi. Poi ricordai il nostro secondo incontro nella foresta, io ero in gita, lui misteriosamente apparì quando io avevo un disperato bisogno di andarmene e non sentire più il professore che blaterava. Feci brevi sorsi dopo che il the si fu raffreddato e intinsi un biscotto alla marmellata. "Daniel! Dimmi chi è la tua amichetta? Di un po' e deliziosa almeno?" Sbiancai, quel ragazzo tanto crudele e tanto affascinante non riusciva più a togliermi gli occhi di dosso, a quanto pare attraevo vampiri sexy. Ma a cosa pensavo! Daniel era a qualche centimetro da me e cercava invano di tradurre la mia faccia che evidentemente cambiava colore di secondo in secondo. "Marc finiscila, ti presento Emily, tesoro lui è Marc." "Emily quale dolce nome per una giovane fanciulla! Scusami so che ti sto mettendo in imbarazzo, lo leggo nei tuoi occhi." Disse e mi fece l'occhiolino, poi pensai che alcuni di loro come mi aveva detto Daniel un giorno, avevano qualità particolari, alcuni erano più forti altri sapevano leggere nel pensiero. Accidenti, pensai tra me e me, magari aveva capito che me lo davo mangiando con gli occhi ma di sicuro aveva anche intuito quanto nel tempo stesso lo disprezzassi. Lui era totalmente diverso da Daniel, capelli corvini, occhi neri, alto, snello e muscoloso. Di sicuro il vampiro più pericoloso in circolazione nonché miglior amico di Daniel. Da quel momento presi la decisione di essere scostante con l'unica persona che sarebbe stato in grado di trasformare me stessa e farmi dimenticare il mondo che mi circondava. "Andiamo Daniel, per le sette devo essere a casa e sai già che se faccio tardi mia madre non mi farà più uscire!" Lo dissi per intimarlo ad andarcene di lì il prima possibile. Afferrai la mela verde sul tavolino di ferro bianco e mi girai verso di lui, il suo volto duro e impenetrabile lasciò sfuggire un'ombra di sorriso.

Persa tra le ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora