Capitolo 6

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"Mhh..." Gemo per il piacere.

Qualcuno mi sta toccando proprio....lì. In mezzo alle gambe.
Qualcosa mi penetra, poi esce. Chiudo le gambe.
Ma che...
Spalanco gli occhi immediatamente.
E la prima cosa che mi ritrovo di fronte sono i suoi profondi occhi scuri. Neri come il carbone. E il suo viso.....scolpito. Zigomi alti, sguardo corrucciato.

Un dio.

Lui....è il mio rapitore.
Il tizio del bar.

Cerco di urlare per per lo spavento, facendo strabordare l'acqua da ogni angolo della vasca profumata in cui sono immersa. Nuda.

Poi mi accorgo che la mia bocca è imbavagliata e non appena cerco di muovere le braccia per reagire, mi rendo conto del fatto che i miei polsi sono stati uniti e immobilizzati con delle manette ad un appendino per gli asciugamani, proprio sopra la mia testa.

Lui ha un braccio dentro l'acqua, la sua mano infilata fra le mie gambe, che continua a spingere insistentemente. Serro le cosce, rifiutando il suo tocco.
"Apriti, Eveline." Mi ordina, fissandomi.
Oddio. Non voglio. Non voglio che mi tocchi.
Spinge la mano più a fondo, cercando di separarmi le gambe. "Non lo ripeterò una seconda volta, Eve. Apriti." Ringhia.

Provo ancora ad urlare e a dimenarmi nell'acqua calda, ma le manette e il bavaglio mi impediscono di muovermi o di fare qualsiasi altra cosa.
Ringhia e con l'altro braccio mi separa le cosce, aprendomi a lui.

Le lacrime iniziano a bagnarmi il viso e i singhiozzi mi scuotono. Non voglio che mi faccia niente. Non voglio che mi tocchi.
Voglio solo tornare a casa.

Mi penetra con un secondo dito, e io emetto un lamento grutturale. Se non avessi questo maledetto bavaglio infilato bocca, gli sputerei in faccia. Schifoso.
Apro gli occhi annebbiati dalle lacrime e lo guardo, trasmettendogli tutto il mio odio.

Lui muove le dita ed io non riesco a trattenere un gemito. "Lasciati andare....ti piace lasciarti andare, con gli altri uomini. Con Charlie." Mi guarda, inclinando la testa da un lato e sogghignando. "Perché con me no, piccola Eveline?"

In tutta risposta grido e agito le gambe più che posso nell'acqua, provando a colpirlo in faccia. Ma lui si scosta e con una mano mi afferra il viso, obbligandomi a guardarlo negli occhi.
Il suo sguardo è così.... inquietante.
L'altra mano lascia le gambe e mi si appoggia su una guancia, carezzandomi lentamente con i polpastrelli. Rabbrividisco.

Scivola con le dita verso il bavaglio e lo slega. "Mi aspetto che tu faccia la brava, Eveline." Mormora, lanciando a terra la stoffa che mi impediva di parlare.
"Tu....sei tu. Quello del bar." Sibilo, la voce rauca.
Sorride. "Quello del bar, sì." Risponde.

Tutto qui?
Non dice altro e mi fissa. Il suo sguardo mi scruta, spostandosi sul mio viso, sui miei occhi. Come se mi stesse studiando.

Sta aspettando che faccia qualcosa? Io sto facendo lo stesso. Ma lui rimane lì, in silenzio, mentre con un dito crea dei cerchi immaginari sulla mia guancia.
Serro la mascella.

E poi, con uno scatto rabbioso, mi sporgo in avanti e gli mordo il mento, ferendolo. Lui sibila per il dolore.
Mi scosto e lo vedo sanguinare, mentre si porta le dita sul piccolo taglio. Aggrotta le sopracciglia, tornando a guardarmi. È....triste...confuso.
Spalanca leggermente la bocca, gesticolando con una mano, come se all'improvviso si fosse ricordato di qualcosa di importante.

"Ma certo. Noi non.....non ci siamo ancora presentati. Almeno, non ufficialmente." Dichiara.
Ma che sta dicendo?
"Ah, che sbadato...vieni qui, sù." mi libera i polsi dalle manette e prendendomi per le spalle mi aiuta a farmi uscire dalla vasca. Mi posiziona di fronte a sè.

Mi copro istintivamente il seno e serro le gambe.
Lui sembra.....agitato. Solo guardandolo adesso mi accorgo che è molto più alto di me: la mia testa arriva appena sotto il suo collo. È anche molto più....muscoloso. Riesco a capirlo dal tessuto della sua camicia che si tira, rivelando gli addominali e le spalle ampie.

Si porta una mano sulla fronte, continuando a muovere le labbra come se stesse dicendo qualcosa sottovoce. Ma in realtà non sta dicendo niente.

Serra gli occhi, poi li riapre, guardandomi. Mi tende la mano, mentre mi fissa. Lo guardo a mia volta, confusa, e al contempo terrorizzata.
Il suo comportamento è proprio quello di uno psicopatico. È questo che mi spaventa.

Scuote la mano tesa verso di me. Sorride.
"Sono Damon, piacere."
E poi torna a fissarmi. Io tiro su con il naso.
Dopo qualche istante il suo sorriso sparisce. "Mi sto presentando a te, Eveline. Sii più educata e presentati a tua volta." Il suo tono è minaccioso.

Prendo tutto il coraggio che ho e mi avvicino. Mi alzo in punta di piedi e accosto la bocca al suo orecchio. Poi gli poggio una mano sul viso, mentre con l'altra afferro un rasoio dietro di lui.

"Ma che problemi hai?" Chiedo lentamente, mormorando, e con uno scatto gli conficco le punte del rasoio nel collo.
Lui lancia un urlo di dolore, accasciandosi contro la vasca, una mano premuta sulla ferita. "Puttana!" Ringhia. Lascio ricadere il rasoio sul pavimento.

Mi affretto ad indossare un'accappatoio lì vicino e mi guardo intorno, nel bagno ampio: nessuna finestra. Corro verso la porta e la apro: mi trovo in quella che sembra una camera da letto.
"Torna qui, Eveline!" Grida Damon dal bagno. Sento dei rumori. Si sta riprendendo.
Cazzo.

C'è un altra porta, quindi apro anche quella e mi ritrovo in un...salotto. È abbastanza ampio e contiene anche un cucinino. Mi giro intorno, presa dal panico. Sono in una casa. La sua casa?
Sento dei passi. Si sta avvicinando.

Spalanco gli occhi. Devo muovermi.
Devo solo trovare....eccola! La porta d'entrata!
Mi dirigo di corsa verso il portone e appoggio la mano sul pomello, pronta a girarlo.
Ma appena lo faccio, quello che mi ritrovo davanti mi fa rimanere a bocca aperta.

Un muro. Un....muro!
Sgrano gli occhi, ancora incredula. Poi batto i pugni contro la superficie fredda e solida. "Cazzo! Cazzo!" Esclamo, nel panico.
Giro su me stessa, e noto una finestra. Corro a spalancare le tende, poi la apro: un muro. Un'altro fottutissimo muro.

Ma dove cazzo mi trovo?
La porta della camera si spalanca, sbattendo contro la parete. Damon entra nel salotto, ridendo. Ha un cerotto sulla ferita che gli ho procurato con il rasoio. Ma certo.....avrà fatto tutto con calma. Lui sapeva già che comunque non sarei mai potuta scappare.

Indietreggio di un passo e lui avanza. "Che cazzo di scherzo è questo?!" Gli urlo contro. Mi metto le mani nei capelli bagnati, strattonandomeli. Lui continua a ridere. E ridere.
"Smettila, smettila!" Grido, mentre lacrime di frustrazione iniziano a scendermi lungo le guance.

Smette finalmente di ridere e mi guarda con quegli occhi iniettati di sangue, avanzando ancora.
Mi schiaccia contro la parete, mentre si abbassa su di me per sussurrarmi all'orecchio:

"Non hai via di scampo, Eveline. Sei in trappola."

Senza cuore -L'incubo-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora