Capitolo 9

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Charlie mi sta abbracciando, mentre mi bacia il viso, le labbra, il collo. Io ridacchio e mi dimeno, cercando di sfuggire alla sua presa.

Ma lui mi tiene ben stretta contro il suo corpo forte, poi mi lancia sul letto, mentre ride.
Anch'io sorrido, ma il mio sorriso svanisce non appena mi rendo conto che non sto atterrando sul letto.

Non sto atterrando su niente.

Continuo a cadere nel vuoto, mentre grido. Charlie è scomparso, e ora l'oscurità mi avvolge. Urlo più volte il suo nome, ma non serve a niente, perché lui non risponde. Nessuno mi aiuta.
All'improvviso qualcuno mi afferra tra le sue braccia. Mi posa a terra e io mi volto per capire chi sia il mio salvatore.

I suoi occhi scuri mi trafiggono, mentre un sorriso inquietante gli si espande sul viso, mettendo in mostra i denti bianchi.
Damon si lancia su di me e mi stringe il collo con le mani, forte. Cero di urlare, ma mi manca il fiato e dalla bocca mi escono solo dei versi strozzati. La mia vista si annebbia e la mia testa cade di lato.

Sto morendo.

Mi sveglio di soprassalto in un bagno di sudore.
Mi guardo intorno con il respiro affannoso e mi rendo conto che era solo un sogno, quello che ho fatto. Un bruttissimo sogno.

Mi passo una mano tra i capelli umidi dal sudore e mi metto a sedere sul letto, i piedi poggiati sul pavimento. Una striscia di sole fa risaltare ancor di più il pavimento chiaro.
Aspetta, il sole?

Mi alzo di scatto e rivolgo lo sguardo verso la finestra. Una lampo accecante mi colpisce e metto una mano davanti a me, coprendomi dalla luce.
Il muro è ancora là, non è sparito. E non c'è proprio nessun sole. Al suo posto c'è un faro che emette una fortissima luce giallastra, simulando i raggi del sole.

È una presa in giro?
Mi volto e mi passo le mani sul viso, inspirando.
No, è solo l'opera di uno psicopatico.
Un rumore meccanico mi fa sobbalzare. La porta della mia camera si socchiude lentamente.

Una suoneria quasi assordante si diffonde nella stanza esageratamente illuminata. Socchiudo gli occhi e mi volto, poi mi siedo alla scrivania e apro il laptop. Damon mi sorride dallo schermo.

"Sorgi e splendi, tesoro! È ora di alzarsi. Come ti senti oggi?" La fastidiosissima voce cantilenante di Damon mi fa venir voglia di spararmi in bocca.
Comunque non mi dà nemmeno il tempo di rispondere alla sua domanda, continuando a parlare. "Oh, e hai visto il regalino che ti ho fatto? Sembra proprio la luce del sole, vero? Spero ti piaccia."

Sembra fiero di sè stesso.

"Trovo il tuo regalo a dir poco....inquietante. Davvero non ti rendi conto di quanto sia preoccupante la tua situazione?" Sibilo, fissando l'obbiettivo di ciascuna telecamera.
"Benissimo! Sono felice che ti piaccia, Eveline. Hai venti minuti per fare tutto quello che devi fare e poi voglio trovarti alle 9 in punto davanti alla porta principale. Ti conviene sbrigarti."

Damon scompare e il PC si spegne.
Lo chiudo e mi alzo.

Crollo di nuovo sul letto, rabbrividendo.
Dio, è davvero un'incubo.

Esattamente diciannove minuti dopo sono seduta sul divano, accanto al portone d'ingresso.
Ho fatto una doccia veloce e poi ho spiluccato una fetta di pane tostato e un po' di frutta, perché il mio stomaco è chiuso. Essere consapevole del fatto che sono nelle mani di un pazzo mi fa passare la fame.

Potrei non riuscire a mangiare mai più.

Il mio cuore batte all'impazzata.
Non so davvero cosa voglia da me. E lui sa che non saperlo mi fa agitare.

Appena scattano le nove in punto, una parte del soffitto inizia a spostarsi. Guardo in alto.
Il lampadario si muove e si crea un'apertura, da cui esce una scala di ferro. Damon scende le scale e mi sorride. Cerco di guardare cosa c'è nel punto da cui è uscito Damon, ma è tutto troppo buio.

Apre le braccia, mentre mi si avvicina. Intanto il soffitto torna al suo posto e la scala si ritrae.
"Buongiorno, Eveline. Vogliamo sederci?" Indica con una mano il divano su cui ero seduta prima.
Sospiro e annuisco, mentre mi siedo. Lui si posiziona sul divano opposto e mi guarda.

È davvero troppo affascinante per credere che sia un pazzo. Ma purtroppo è così.
Oggi indossa una maglietta aderente blu a maniche lunghe e dei jeans larghi scuri.
"Allora, come stai?" Mi rivolge il suo solito sorriso falso.
Ricambio. "Oh, benissimo, grazie per averlo chiesto." Rispondo sarcasticamente. Scuoto la testa e distolto lo sguardo.

Lui inclina la testa e mi fissa, mentre gli trema un occhio. Ancora quel tic.
"Mi stai forse prendendo in giro, Eveline?" Domanda. La sua voce è severa.
Mi lascio sfuggire un lamento frustrato e mi metto le mani tra i capelli, sgranando gli occhi e guardandolo. "Sono rinchiusa in una casa, murata viva, senza aria nè luce, nelle mani di un maniaco e tu mi chiedi se sto bene? Sei messo proprio male!" Esclamo, furiosa.

Lui aggrotta la fronte. "La luce ce l'hai. E simula anche i raggi del sole, facendoli sembrare reali."
Adesso lo uccido. Mi alzo, fuori di me. "Ma certo! Un'enorme faro giallo che mi acceca ogni volta che rivolgo lo sguardo verso la mia finestra murata. Molto realistico!" Urlo.
Damon mi fulmina con lo sguardo. "Siediti, Eveline."

Ma io continuo. "Per non parlare di questa bellissima casetta. Se volevi giocare con le bambole, te ne compravi una e non rapivi una ragazza innocente. Tu sei solo un pazzo e hai bisogno di farti aiutare!" Grido, tra le lacrime.
Lui ringhia e mi afferra i polsi, mentre mi lancia sul divano e mi immobilizza mettendosi sopra di me. Il suo peso mi fa mancare l'aria e mi schiaccia.

"Innocente, tu?! Eveline, sei tutto tranne che la povera ragazza vittima di quello che sta succedendo. Sei tutto tranne che innocente." Mi mormora contro le labbra, facendomi rabbrividire.
Mi prende un labbro tra i denti e lo succhia, mentre mugola. Io tengo gli occhi serrati per non guardarlo.
"Ah, Dio. Dovresti vedere quanto sei terrorizzata in questo momento."

Mi afferra per un gomito e mi trascina lontano dal divano. "Lasciami!" Ringhio, mentre cerco di scansarmi. Ma la sua presa è ben salda e quando arriviamo in camera mi scaraventa a terra. Sbatto la schiena contro il pavimento e il mio viso si contrae in una smorfia di dolore.

Damon prende una chiave dalla sua tasca e sposta il tappeto rosa, rivelando una specie di botola.
"Sei stata molto sgarbata, Eveline. Devi imparare a rispettarmi." Apre il pavimento e viene lentamente verso di me, mentre io mi schiaccio contro il muro. Inizio a piangere e mi porto le ginocchia al petto. Lui mi prende per le braccia e mi solleva.

Inizio a boccheggiare e mi trascino indietro. "Ti prego, no, non farmi del male. Scusa, Damon, io non....non volevo!" Le lacrime distorcono le mie parole, ma lui mi ignora e poi mi butta nella botola, obbligandomi a sdraiarmi.

Mi guarda dall'alto. "Tu pensi di potermi comandare. Di potermi controllare. Ma questo è il mio gioco. E devi imparare a rispettare le regole, Eveline." Afferma, l'espressione eccitata, gli occhi scintillanti. Tutto questo gli piace.
Poi con un colpo secco chiude la botola, lasciandomi al buio.

"No...no!" Inizio a dimenarmi, ma non riesco a farlo neanche più di tanto perché lo spazio è pochissimo e mi sembra di essere in una tomba.
L'ossigeno non c'è e non riesco più a respirare. "No! Damon! Fammi uscire, ti prego!" Urlo, tra le lacrime.

Esalo a fatica i respiri. Sembra che non ci sia più aria, come se fosse stata risucchiata.

La mia vista si annebbia e la testa inizia a farsi più pesante, mentre il mio cervello si spegne.

Senza cuore -L'incubo-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora