Capitolo 8

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Mi alzo dal divanetto, con il mio calice di vino rosso tra le mani. Vado verso la finestra e fisso il muro, sospirando, poi bevo un sorso di vino. "Dio, è così inquietante..." Mormoro.

Dopo aver finito di mangiare, mi sono ritirata nella mia stanza, riuscendo a sfuggire a Damon con la scusa che ero molto stanca. Lui, non so come, se n'è andato.
Mi fa davvero paura. I suoi modi così strani e... impulsivi, mi spaventano.

So che non è una persona normale. Ha sicuramente dei problemi. E il fatto che in questo momento io non stia urlando terrorizzata come una pazza mi fa capire che probabilmente sono sotto shock.

Mi chiedo solo cosa possa aver fatto di così grave per meritare di essere rapita e murata viva da un tizio così. Anche se a dirla tutta mi aspettavo un maniaco grassone e pelato, interessato solo ad usare liberamente il mio corpo. Perchè, insomma, Damon è piuttosto affascinante.

Scuoto la testa, aggrottando la fronte. Posso essere davvero così stupida in questo momento? A quanto pare, . Un bagno caldo, nonostante il fatto che ero imbavagliata e sono stata quasi stuprata, e qualcosa da mangiare mi ha fatta tornare un po' più umana. Un po' più me stessa.

Poso il calice di vino sulla scrivania e mi guardo nuovamente intorno. Non so come gli sia venuto in mente di crearmi una stanza così.....infantile. Le pareti sono dipinte di un delicato rosa pastello ed il mio letto sembra quello di una bambina di sette anni. Sugli scaffali posizionati contro il muro, sopra al letto, ci sono pupazzi e bambole di ogni genere.

Il tavolo di legno chiaro accanto a me è praticamente inutile, dato che c'è solo un misero portapenne contenente delle matite colorate.
Solo adesso noto che nella scrivania c'è un cassetto.
Mi abbasso e lo apro. Ciò che vi trovo all'interno mi fa sgranare gli occhi.
Un....computer.

Lo tiro subito fuori posizionandolo sulla scrivania, che alla fine si è rivelata utile a qualcosa, e mi siedo sulla poltroncina di pelle bianca.
Apro il PC.
"Bu!"
Salto sulla sedia. Non c'è nessuna tastiera. C'è solo un grande schermo. E sullo schermo c'è Damon, i suoi occhi scuri che mi fissano. Si avvicina alla telecamera, sorridendo. "L'hai trovato, alla fine. Scusa per lo spavento." Ridacchia.
Torna subito serio.

Lascio andare l'aria trattenuta e mi passo una mano sul viso. Indico la stanza. "Che cos'è tutto questo?" Chiedo.
"La tua cameretta." Afferma, impassibile.
"La mia....cameretta! Certo!" Esclamo, sarcasticamente. Distolgo sguardo dallo schermo.
"Non ti piace, Eveline? Speravo ti ricordasse l'infanzia. Tu non hai vissuto una bell'infanzia?" Inclina la testa di lato. Noto che gli trema leggermente un occhio.

Il suo tono di voce e la sua espressione mi fanno agitare. Deglutisco.
"Rispondi, Eveline. Tu non hai vissuto una bell'infanzia?" Ripete la domanda, fissandomi dallo schermo con la testa inclinata.
"Io...io sì, ho vissuto una bell'infanzia." Rispondo.
"Però le bambole non mi sono mai piaciute." Aggiungo, la voce tremante.

Sorride in modo inquietante. "Peccato. Beh, si dà il caso che a me invece piacciano molto, le bambole." Mi guarda dallo schermo, trafiggendomi con i suoi occhi scuri. "E mi piace giocarci."

la fronte, guardandolo.

"Piccola Eveline....non l'hai ancora capito? Tu sei mia. Sei il mio giocattolo." Afferma, impassibile. "E questa," ,indica dietro di me, "è la mia casa delle bambole."

Stringo i pugni e socchiudo le labbra. Ecco perché tutta questa messa in scena della cameretta arredata come quella di una bambina. Io sarei la bambola. E questa è la mia casa.
Sorride, creando dei cerchi immaginari con un dito. "Sento gli ingranaggi del tuo cervellino girare a tutta velocità..." Canticchia, poi sospira, cambiando posizione sulla sua sedia.

"Come avrai notato, questo non è un PC, come poteva sembrare dall'esterno. Questo è il mezzo per far sì che tu mi contatta dalla tua bellissima casuccia." Spiega.
Sorrido leggermente, ritrovando un po' di forza. "Ciò significa che se io chiudo questo aggeggio-"
"Non servirebbe a niente. Perchè in ogni stanza della casa sono installate almeno due telecamere."

"Cosa?! Anche in bagno?!" Esclamo.
Un sorrisino maligno spunta sul suo viso. "Anche lì ce n'è una, sì."
Mi alzo, passandomi più volte le mani tra i capelli. Cazzo. È davvero assurdo.
"Suvvia, non essere così turbata, tesoro. Non c'è niente che io non abbia già visto di te." Continua a sorridere.

L'ansia si impossessa di me.

"Tu devi spiegarmi perché fai così, Damon, ti prego..." Mi risiedo sulla poltrona, guardandolo. "Devi darmi una motivazione. Noi....noi ci conosciamo già? Cosa ti ho fatto?Spiegami e-"
"E cosa, Eveline? Cosa farai? Potrai risolvere tutto?" È infuriato.

Si alza di scatto dalla sedia, che va a sbattere rumorosamente contro il muro dietro di lui, e si china con il viso vicino alla telecamera. Le sue narici si dilatano ad ogni pesante respiro. "Nulla, e sottolineo nulla, potrà impedirmi di avere la mia vendetta. Tutto quello che ti sta succedendo, non è niente in confronto a quello che ho passato io. Niente. E stanne certa, Eveline, questo incubo per te non finirà tanto presto."

Damon spegne la telecamera e il mio schermo diventa nero. Chiudo il PC, o qualunque cosa esso sia, e mi lascio cadere sulla sedia, le mani a coppa sulla bocca. Inspiro profondamente, più volte.
È un trucco che di solito utilizzo per calmarmi. Ma questa volta non funziona.
L'ansia e il terrore sono troppo.

Mi alzo, il respiro affannoso.
Vendetta.
Quella parola, pronunciata dalle sue labbra, mi fa correre i brividi lungo la schiena.

All'improvviso le luci si spengono, seguite da un forte rumore meccanico. Sobbalzo, poi cerco a tentoni la maniglia della porta. Una volta trovata la inclino, ma niente, non si apre. Lui l'ha chiusa a chiave.
"Riposa, Eveline. Ti servirà." La voce di Damon riecheggia nella stanza buia. Probabilmente ci saranno delle casse incorporate nel muro, a parte alle telecamere.

Inspiro, passandomi le mani sulla faccia. Poi cerco il letto e mi stendo, portandomi le ginocchia al petto. Mi chiudo in me stessa.
Penso a Charlie. Penso ai miei genitori. Penso alle mie amiche. Penso alla scuola. Mi manca tutto questo.

Le lacrime bagnano il cuscino.

Le sue parole fredde e dure si ripetono senza sosta nel mio cervello: "...E stanne certa, Eveline, questo incubo per te non finirà tanto presto..."

Senza cuore -L'incubo-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora