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Artemiya si dimenava sotto il peso di Mitja, il quale l'aveva bloccata mettendosi letteralmente a cavalcioni su di lei e con le ginocchia piantate sugli avambracci. Complice la pesante armatura, difficilmente si sarebbe potuta liberare da lui.
Non poté far altro che guardarlo; aveva lo sguardo fisso sul mostro, faticava persino a sbattere le palpebre, i denti stretti.
L'oggetto che si era portato dietro risultò essere ancor più misterioso di quanto non fosse da coperto di stracci: consisteva in un sottile tubo metallico, molto lungo, incassato in un pezzo di legno con degli incavi geometrici sigillati dal vetro. Ad una delle estremità il legno formava quella che sembrava un'impugnatura. L'afferrò con la mano destra, mentre il resto veniva sostenuto dall'altra. Chiuse l'occhio sinistro, se lo portò vicino al viso ed in quell'istante le "finestre" di vetro si riempirono di una forte luce verde.
Magia del vento...? Era un'arma quella cosa?!
Tutto ciò che le era consentito di fare era aspettare e vederla in azione, momento che però non arrivò mai.
Mitja si bloccò.

Benedikt si dimenticò completamente del lupo gigante per correre da Sera, la quale era riversa su un fianco con la faccia nella neve, un lago di sangue attorno a lei e le interiora sparse subito sotto il suo corpo. Fece il grande errore di prenderla tra le braccia e girarla a pancia in su; l'orrore si impadronì di tutti i suoi sensi e scoppiò a piangere, mentre come un'automa cercava di rimetterle le budella al loro posto.
Perché proprio lei?! Sera non aveva fatto niente! Dovevano prendere lui, per una volta quello strano potere capace di curargli le ferite avrebbe avuto un senso!
Se solo fosse stato lui ad essere sbudellato... ma non lei... non poteva morire così. Era tutta colpa sua, del suo capriccio, perché l'aveva costretta a seguirlo in una missione inutile rivelatasi suicida.
Non se lo meritava, non se lo meritava, non se lo meritava, non se lo meritava.
A quel punto era ormai pieno di sangue dalla testa ai piedi, anche in viso, perché costretto più e più volte ad asciugarsi le lacrime che gli annebbiavano la vista.

- Sera, Sera, Sera, Sera— – Singhiozzò. – non lasciarmi, ti prego, o impazzirò, te l'ho detto. Non voglio far del male a nessuno, ti scongiuro, vivi, sei ciò che ho di più importante, più di me stesso, il mondo ha bisogno di te, di una luce in mezzo a tutto questo buio opprimente. Per favore, per favore, per favore...-

La povera ragazza aveva gli occhi schiusi e per miracolo ancora, seppur con parecchia fatica, respirava. Ormai non sentiva nemmeno più il dolore, non aveva neanche capito di essersi persa metà tubo digerente. Tutto ciò che udiva erano il pianto e le suppliche di Benedikt, completamente ricoperto di sangue. Gli avrebbe chiesto "perché piangi? Non lo fai mai", ma per qualche motivo non riusciva a parlare, a consolarlo. Odiava essere impotente.
Una figura sfocata e nera apparve dietro il principe; voleva avvertirlo, ma uno strano calore iniziò a riscaldarla, facendola pian piano cadere in un sonno profondo.

- No...! Riapri gli occhi, Sera...!

Fino a quel momento si era concentrato solo sul suo viso, ma quel lento addormentarsi oltre ad averlo allarmato poco dopo lo aveva anche stranito. La pelle del volto non era più tesa, era rilassata, ed il petto non aveva cessato di alzarsi ed abbassarsi.
Solo quando abbassò lo sguardo rimase completamente incredulo; stava sognando...? Vide chiaramente le sue interiora rientrare nel corpo e rimescolarsi nel giusto ordine, addirittura il sangue staccarglisi di dosso per tornarle nelle vene e, pezzo per pezzo, muscoli e pelle ricucirsi fino a riassumere il loro stato originale, senza quei rimasugli di lividi che non era riuscito a curare.
Sembrava che il tempo per lei si fosse riavvolto, era sicuro che nemmeno il suo potere gli avrebbe permesso di rigenerarsi tanto in fretta. Finalmente Sera tornò a respirare regolarmente.
Nel silenzio udì un lievissimo suono che lo fece voltare di colpo e spaventare a morte.
Due iridi di ghiaccio, chiarissime e quasi trasparenti, lo stavano guardando. Nello stesso momento in cui li incrociò, quegli occhi accerchiati da ciglia lunghissime e trucco nero e pesante si spalancarono.
Appartenevano ad una donna dalla pelle bianchissima, piccola e magra ma dalle forme generose, soprattutto il seno. Indossava un vestito nero lungo fino ai piedi, con un profondo spacco laterale e spalle e petto completamente scoperti, le maniche lunghe inutili perché talmente leggere e larghe da essere trasparenti. Portava un velo scuro sulla testa il quale le nascondeva i capelli ed era piena di gioielli: il capo era avvolto da un diadema d'oro e pietre azzurre, con lo stesso schema ripetuto per la grossa collana al collo, gli orecchini e la decorazione attorno ai fianchi.
Gli occhi erano grandi, le sopracciglia rosa pesca folte, le labbra sottili tinte di un bordeaux lucido.
Aveva ancora il braccio teso in direzione del corpo esanime di Sera, quando si accorse di essere guardata lo ritirò subito e all'istante sembrò chiudersi in sé stessa.

Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'AquilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora