Capitolo 5

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Capitolo 5

I drew a line
I drew a line for you
Oh, what a thing to do
And it was all yellow

11 anni fa

A svegliarmi in piena notte è stato un dolce bussare alla porta. Quando ho aperto gli occhi, ho creduto per un attimo di averlo immaginato, ma poi ancora uno, se possibile anche più debole del precedente, mi ha fatto saltare giù dal letto.
Non so cosa mi abbia spinto a correre verso la porta, ma sento che, se avessi tardato, lui sarebbe andato via.
So benissimo che c'è lui ad aspettarmi. Poi ho spalancato la porta, lui è lì con la testa bassa.
È magnifico: i suoi capelli abbandonati davanti agli occhi, le guance un po' rosse e le labbra schiuse. Sembra abbia corso per chilometri soltanto per venire da me.
-Ciao- è uscito come un sospiro, come se stessi trattenendo il fiato da quando l'ho visto. Lui ha solo alzato gli occhi e ha indicato verso la mia camera, come se volesse solamente entrare.

Mi sono subito spostato, lasciandogli la via libera, e lui è entrato senza nemmeno fare rumore. Sembra quasi che riesca a fluttuare, tanto è silenzioso. Chissà se anche da bambino lo era stato.
-Come mai sei venuto qui?- ma ha alzato semplicemente le spalle, poi si è seduto sul mio letto e mi ha offerto un'occhiata stanca. Ho chiuso la porta e poi mi sono seduto vicino a lui. Mi ha offerto la sua mano, ma non ha aperto bocca.
-Non hai voglia di parlare, vero?- ha scosso la testa e io, in risposta, ho intrecciato le sue dita alle mie. Ha tremato per tutto il tempo, come se avesse paura che potessi fargli qualcosa -E' tutto okay- gli ho detto, per poi baciare delicatamente l'osso sporgente del suo polso -Non ti faccio del male- ma è stato quando ha iniziato a sbottonarsi la camicia a righe che stava indossando che ho capito perché sia qui. Ha pensato che, con l'offerta del mio aiuto, lui dovesse offrirmi se stesso.
-No- l'ho quasi urlato -Senti, non è quello che voglio- ho fermato le sue mani, prendendole tra le mie e curandomi di rivestirlo a dovere -Io non sono come gli infermieri- ho detto -Io sono tuo amico- si è morso piano il labbro, arrossendo e coprendosi il viso con le mani. -Scusa- è stata la prima parola che mi ha detto quella sera. Mi sono avvicinato di più a lui, poi ho passato un braccio intorno alle sue spalle.

-Mi dispiace- ha detto di nuovo, e allora l'ho stretto un po' più forte a me. Ha solamente tredici anni, eppure sembra non conoscere per niente l'affetto.
-Ehi, va tutto bene- gli ho messo una mano sul viso, ma lui ha chiuso forte gli occhi. Forse pensa ancora che io voglia fargli del male, ma quando ho cominciato ad accarezzarlo, i suoi occhi si sono aperti dolcemente, mostrandomi qualcosa che non mi aveva mai offerto prima -Vedi?- ho chiesto -Esistono ancora persone che possono volerti bene- ho sussurrato, ma lui si è allontanato dal mio tocco.

-Posso dormire con te?- ovviamente non c'era bisogno di chiederlo, ma lui è un ragazzino un po' diverso. Direi più speciale degli altri.
-Certo, quando vuoi- ho scostato le coperte e ho sentito il rumore delle sue scarpe che cadevano per terra.
Si è sdraiato sulla parte calda del letto, quella in cui io avevo dormito, e ha respirato forte il profumo del cuscino.
-La tua stanza è così bella- ha detto piano, e io mi sono sdraiato dietro di lui, accarezzandogli il collo. Stupidamente, ovviamente, perché sobbalza dallo spavento.
-Scusami- mi dice quando si calma, e io continuo ad accarezzargli la pelle, come se volessi fargli capire che io volevo toccare il suo cuore, non il suo corpo.

-Puoi stare qui quando vuoi scappare dalla tua- ho detto -Mi sembra non sia molto sicura- l'ho sentito sospirare.

-Hanno un doppione della mia stanza- ha allungato una mano verso di me e ha fatto in modo che un mio braccio passasse intorno alla sua vita -Non è poi così bello come mi avevano detto, qui- ho poggiato la testa sul cuscino e gli ho accarezzato lo stomaco da sopra la camicia.

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