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Una brezza fredda si aggirava nel cielo, facendo rizzare i peli sul collo dell'uomo che ora veniva spinto contro la ringhiera dell'alto edificio che dominava Seoul. Sotto di lui la vita scorreva, ignara del trambusto che si stava verificando a migliaia di metri sopra di loro. L'unica cosa che impediva al protagonista di toccare il suolo sottostante era una mano, una mano stretta intorno al suo colletto.

"Ti prego, non farlo, ti supplico, Signore. Abbiate pietà".

Il proprietario della mano ridacchiò, una risata troppo comune, un'immagine macchiata di sé: la risata dei diavoli (letteralmente).

"Pietà? Oh, tesoro, non sono stato creato per essere misericordioso. Se volevi misericordia avresti dovuto incontrare il mio amico che siede nei regni superiori. Anche se non lo definirei un amico, ci siamo lasciati con una nota di stima".

La brezza si fece più veloce, quasi ad avvalorare le parole dell'uomo. La vittima rabbrividì, mentre le lacrime gli scendevano dagli occhi.

"Ti prego, Signore, non lo farò più. Ho commesso un errore. Ero avido di potere e lui me lo ha promesso. Ti dirò tutto quello che ha intenzione di fare... lasciami andare solo per questa volta".

Un sorriso si formò sul volto del diavolo, la cui mano lasciò leggermente andare la stoffa bianca e croccante sotto la sua presa. L'uomo sussultò, con gli occhi che riflettevano il panico della sua mente. Con i palmi delle mani sudati e i rivoli che gli scendevano sulla fronte nonostante il clima fresco, allungò la mano verso l'uomo di cui attendeva la misericordia.

"Per favore..."

"Oh Gabriel, mi conosci da molto tempo. Abbastanza a lungo da sapere che odio i bugiardi e i traditori. Avevi un futuro brillante, ma hai dovuto rovinarlo schierandoti con quel patetico di mio fratello. Peccato, mi piacevi davvero. Goditi il tuo tempo all'inferno, amico mio, sei fortunato che io sia in pausa da quel posto. Ma non è nemmeno così fortunato, i miei amici si prenderanno cura di te".

Con questo lasciò la presa, e prima ancora che l'uomo potesse elaborare le sue parole, stava cadendo verso il suolo. I suoi occhi si incontrarono con quelli del diavolo e giurò di averli visti brillare di rosso per un secondo, prima di diventare freddi e senza vita come erano.

E fu così che morì l'uomo che aveva osato incrociare la strada del diavolo, il sovrano dell'inferno in persona, colui che si faceva chiamare Lucifero o, come veniva chiamato, Taehyung.

Sospirai e il suono forte del respiro risuonò nel ristorante vuoto. I miei occhi quasi si abbassarono e la mia testa inciampò, non riuscendo a posarsi sul palmo della mano aperta che era appoggiata al tavolo di legno di mogano dietro cui mi trovavo.

Guardai l'orologio. Mancavano 10 minuti alle 12, 10 minuti prima di varcare la porta e tornare a casa mia. Pregai Dio che nessuno avrebbe varcato quella porta, ma mi sbagliavo. A differenza della maggior parte delle mie preghiere, questa sembrava raggiungere il diavolo invece di Dio.

Un uomo alto entrò, aggiustandosi il davanti del blazer nero. Scrutò il ristorante vuoto prima che il suo sguardo cadesse su di me e si avvicinasse.

"Tavolo per 1"

Decisi di cogliere l'occasione, di trascurare il mio dovere e di dire qualcosa di moralmente corrotto. "Mi dispiace, siamo chiusi".

"Fuori c'è scritto che chiudete alle 12. In questo momento sono le 11:51", inclinò il polso verso di me mostrandomi l'ora sull'orologio esperto e delicato che si trovava sul suo bel polso. Socchiusi gli occhi, prendendomi il tempo necessario per leggere la marca - la mia curiosità stava prendendo il sopravvento. BVLGARI si leggeva.

"Sì, ma oggi chiudiamo prima. Mi dispiace ma devo chiederle di andarsene".

L'uomo si schernì prima di avvicinarsi. "Non c'è nessun cartello che informi che chiuderete prima. Nessun avviso, nessuna regola".

LUCIFER thvDove le storie prendono vita. Scoprilo ora