Addio per sempre

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Simone rimase in giro per molte ore a girovagare, cercava di calmarsi, d'altronde avrebbe trovato Manuel a casa una volta tornato e non doveva avere più la voglia di tirargli un pugno.

Manuel era tornato a casa di corsa, sapeva di aver sbagliato tutto con Simone, sapeva che avrebbe dovuto essere sincero con lui, se lo fosse stato si sarebbero messi insieme e sarebbero stati bene. Nonostante fosse consapevole del suo errore era pieno di rabbia perché Simone lo aveva respinto, le cose non erano andate secondo i suoi piani e questa cosa lo faceva imbestialire, voleva fargliela pagare in qualche modo e decise di parlarne con Dante.

Era notte fonda, Simone, immaginando che tutti dormissero, decise di tornare a casa perché era tanto stanco. Aprí la porta di casa e trovò la luce accesa, Dante lo stava aspettando seduto a tavola "Vieni, Simone, dobbiamo parlare." Non succedeva una cosa del genere dai tempi di Sbarra, da quando Simone aveva rischiato di incendiare una biblioteca "Che ci fai sveglio a quest'ora? Dormono tutti." "Ti stavo aspettando." Simone si sedette di fronte a lui "Dimmi." Sapeva che non c'erano buone notizie e si era preparato al peggio "Qualche ora fa Manuel è tornato a casa sconvolto, quasi piangeva. Mi ha detto che tu hai trovato un nuovo amico e che non lo vuoi intorno, che insieme a quel ragazzo lo avete escluso è attaccato. Ti rendi conto, Simone? Manuel ieri ha praticamente subito un trauma e tu ti comporti così. Ma perché sei così, Simone? Io davvero non riesco a capirti. Tra i due Manuel sembrava il ragazzo difficile e invece guardalo, è un ragazzo stupendo, perché non sei come lui? Adesso gli vai a chiedere scusa."

Se prima Simone era furioso in quel momento non sapeva più come definirsi "Certo!" Esclamò "Perché a te importa solo di Manuel. Non hai pensato nemmeno per un secondo di cercare di capire perché mi fossi comportato in quel modo o di capire anche solo se fosse vero quello che Manuel ti aveva detto. Lo hai dato per scontato! Scusami se non sono uguale a te, papà! Scusami se non sono come Manuel! Mi dispiace che ieri sia rimasto traumatizzato, a quanto pare è l'unico ad avere dei problemi qui e tutti dobbiamo essere in pena per lui, tutti dobbiamo consolarlo e coccolarlo. Chiedo umilmente perdono per non essere perfetto come il tuo amatissimo figlio Manuel...Ah no dimenticavo...Manuel non è tuo figlio!" Simone si stava lasciando andare, stava esplodendo, stava buttando fuori tutto quello che aveva accumulato "Che c'è sei geloso adesso, Simone? Non fare il bambino. Hai diciassette anni." "Papà, io sono il primo a riempire Manuel di attenzioni e lo sai, lo hai sempre saputo. Ma lo hai detto anche tu che vuoi più bene a lui e io sono stanco. Sono stanco di sentirmi invisibile, tutti pensate a Manuel, nessuno pensa a come mi sento io! Cazzo esisto anche io! Guardami papà! Guardami negli occhi e dimmi che sto sbagliando, dimmi che ho torto ti prego, che è tutto nella mia testa!" Simone si avvicinò a Dante e si guardarono, aspettò con ansia che Dante gli dicesse quelle cose, ci sperò fino all'ultimo istante ma dalla sua bocca non uscì nulla, aveva ragione, anche Dante sapeva di ignorare Simone costantemente "Vedi? Non riesci nemmeno a mentire, papà. Sono solo, lo sono sempre stato. Qui voi vi siete fatti una vita in cui io chiaramente non sono compreso, sei felice con Anita, hai un figlio come te a cui vuoi molto bene e ne sono felice, sono felice che abbiate trovato tutti il vostro piccolo mondo, il vostro equilibrio, anche la mamma sta bene. Sono davvero felicissimo per tutti voi! E non voglio disturbare..." "Simone ma ti rendi conto delle cose che dici? Sono accuse gravi le tue!" "Certo è ovvio. Devi sempre stare a bacchettarmi anche quando dico delle verità che sono praticamente innegabili. Cazzo! Io non ce la faccio più, non sopporto più nessuno di voi, sto iniziando a odiarvi, a odiare casa nostra, a odiare me stesso. Non avete battuto ciglio quando Franco mi ha insultato solo perché sono gay, non una parola in mia difesa, neanche una parola di conforto quando è andato via. Potevo capirlo se non avevate il coraggio di difendermi ma almeno dimostrarvi che vi dispiaceva...Tu ti vergogni di me, papà, io non ti piaccio."

"Vuoi smetterla di dire stronzate, Simone? Mi stai facendo arrabbiare sul serio adesso! Sei solo un ingrato!" "Certo, papà. Faccio schifo! Sono un ingrato! Non merito assolutamente niente! Era meglio se fossi morto quella sera! Tu mi odi, non mi sopporti e fai bene! Sono uno stronzo! Una feccia! Una-" Si interruppe mentre urlava, calò improvvisamente il silenzio, si portò una mano alla testa "Simone?" Disse Dante preoccupato del suo strano comportamento. Simone ansimava e a un certo punto stramazzò sul pavimento "Simone!" Si avvicinò a lui per aiutarlo "Sto bene, sto bene. È stato solo un giramento di testa." Si era talmente tanto alterato da avere un mancamento, tutta quella rabbia era troppa per una persona sola, avrebbe dovuto smaltirla con il tempo ma l'aveva tenuta dentro e adesso stava scoppiando.

Dante lo fece sedere sul divano e gli diede un bicchiere d'acqua "Sei sicuro di star bene?" "Sto bene, è stata l'agitazione." "Calmati adesso, ne riparliamo domani." "No, papà. Finiamo adesso. Ho capito che non è questo il mio posto, lo avevo capito già tempo fa, non c'è spazio qui per me. Ho deciso che andrò dalla mamma e ci andrò al più presto, voglio andarci già domani in realtà." Dante era evidentemente dispiaciuto ma non lo fermò, pensava che in quel periodo si erano scontrati fin troppo, che non potessero continuare e che Simone aveva bisogno di trovare se stesso e di stare un po' con sua madre. "Sei sicuro?" "Sicurissimo, papà." Dante annuì e lo abbracciò "Mi mancherai, Simone. Ma adesso vai a letto, sei esausto e domani devi anche partire a quanto pare."

Manuel si era chiuso in camera subito dopo aver parlato con Dante, era rimasto sveglio ad aspettare che Simone tornasse e aveva ascoltato tutta la loro conversazione. I suoi sensi di colpa e il suo nervosismo non erano niente in confronto a quello che aveva provato nel momento in cui aveva sentito che Simone sarebbe andato via, il suo cuore si era spappolato in mille pezzi, non riusciva neanche a realizzare, non lo aveva perso solo in senso affettivo ma adesso non lo avrebbe visto neanche più fisicamente. "Ce la fai ad alzarti?" Chiese Dante "Si, sto bene ti ho detto." Manuel sentì i passi di Simone verso la stanza, si allontanò dalla porta ma Simone entrò prima che potesse mettersi a letto trovandolo impalato davanti all'entrata "Simo..." Disse con un filo di voce, era al buio, a mala pena si vedeva la sua espressione ansiosa e affranta, Simone rimase a fissarlo per un po', scosse la testa e non disse nulla, si lanciò sul letto e si mise il cuscino sulla testa coprendosi faccia e orecchie. Manuel non fece nient'altro, aveva sentito che Simone aveva avuto un mancamento e non voleva che si sentisse di nuovo male a causa sua. Si mise anche lui a letto ma non chiuse occhio, non si voltò neanche verso di lui, non aveva il coraggio, aveva tante cose da dire ma erano troppo forti per poterle esprimere, si sentiva impotente, non sapeva come impedire che Simone sparisse dalla sua vita.

Simone si alzò prima che il sole sorgesse quella mattina, prese tutte le sue cose, quello che aveva lasciato a Roma glielo avrebbe spedito Dante una volta tornato a casa. Si preparò per partire, salutò Anita, le spiegò ogni cosa, Dante lo attendeva all'uscio per portarlo in aeroporto, padre e figlio si abbracciarono. Prima che potesse aprire la porta Simone fu fermato dal suono di alcuni passi alle sue spalle, era Manuel, si era appena svegliato, aveva gli occhi pieni di lacrime, un'espressione distrutta, spenta ma colma di dolore. Il cuore di Simone saltò un battito vedendolo in quel modo "Ascolta, Manu. Io voglio solo salutarti, non voglio che ci lasciamo in una brutta maniera quindi lasciamo perdere i discorsi di ieri, ok? Non litighiamo." "Simo non andare, ti prego. Te lo chiedo in ginocchio, non andare." Aveva la voce rotta "Manu io devo andare...Questo non è il mio posto, voglio trovare anche io una famiglia che mi ami, che mi veda, ho bisogno di andarmene da qui." "Ma io...Io ti amo, Simo." Si sforzò  molto per dire quella frase ma ci riuscì, Simone esitò, il suo cuore sembrò fermarsi per poi esplodere, abbassò la testa e strizzò gli occhi "Manuel, io me ne devo andare, mi dispiace." Anche lui adesso stava piangendo, avrebbe voluto baciarlo e dirgli "Anche io ti amo, non vado via, resto con te." Ma non poteva, ormai aveva deciso "Perché devi andare? Io sono qui e ti amo. Perdonami. Ti prego, io ti amo." "Lo so...E sai perfettamente ciò che provo per te ma è proprio per questo che me ne devo andare. Non posso continuare a stare male, ci siamo feriti a vicenda, tu mi hai fatto male troppe volte e io devo andare avanti e non posso farlo se ci sei tu, non ci riuscirei mai." "Ma tornerai? Ci rivedremo, non è vero?" "Non lo so...Non credo di voler tornare e non credo nemmeno di volerti più sentire...È meglio se non ci cerchiamo per un bel po', ok? Ho bisogno di lasciarti andare ma devi farlo anche tu." "Ma io come faccio senza di te?" Simone gli prese la mano e guardò il bracciale "Guardalo tutte le volte che sentirai la mia mancanza, io lo farò col mio." "Per favore, Simo, non andare." Non riusciva nemmeno a parlare "Manu...Tu mi mancherai come l'aria che respiro..." Manuel si gettò tra le sue braccia "Si è fatto tardi, devo andare." Manuel lo strinse più forte "No, no, no, no, no." Continuava a dire "Devo andare, Manuel." Disse spingendolo leggermente, le lacrime avevano bagnato le loro spalle durante quell'abbraccio. Manuel gli baciò le labbra dolcemente, era l'ultimo tentativo disperato prima di vederlo scomparire, Simone lo allontanò gentilmente, strizzò di nuovo gli occhi "Io non-." Si fermò, respirò "Addio, Manuel." Disse prima di voltare le spalle, attraversare quella porta e sparire per sempre.

"I think i miss you forever, like the stars miss the sun in the morning sky."

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