1. Una vampata di gloria

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TW: violenza,
morte di animali
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«Abbiamo un problema» esordì il Tebano d'innanzi ai suoi gladiatori riuniti davanti a lui nella grande galleria che conduceva all'Arena.

Vi erano arrivati mediante i lunghi tunnel che, viaggiando sotto l'Urbe, collegavano la scuola per gladiatori al suo destino naturale, il grande anfiteatro fatto erigere anni prima sotto quelli che erano noti come i Flavi, una delle tante dinastie che avevano fatto grande Roma dopo l'estinzione della stirpe del primo Augusto.

Di solito, nei giorni normali, vi giungevano disarmati: le armi venivano portate in trionfo per scintillare al sole da schiavi utili allo scopo e dietro a tutto un corteo, aperto dal lanista e chiuso da loro che avrebbero combattuto nell'arena - di cui, in genere, lui era il chiudifila perché più atteso dal resto del pubblico.

Quel giorno, tuttavia, la situazione era ben diversa perché il Tebano aveva ordinato loro di entrare già armati di tutto punto affinché il sole li facesse brillare al pari delle stelle e l'imperatore e la sua famiglia vedessero quanto di meglio era stato esposto per loro, come se, invece di uomini, fossero pezzi d'argenteria da esibire al mondo.
E la cosa peggiore, lui lo sapeva, era che non era poi una visione così sbagliata: tutti loro erano belle statuine da esibire agli occhi del miglior offerente, schiavi o prigionieri di qualcosa che li aveva condotti lì a versare sangue e sudore su quelle sabbie cocenti.

«Che problema?» domandò Galeno da dietro al suo elmo cornuto, la voce che rimbombava da dentro la ferraglia che gli occultava il volto.

«Pare che uno dei venator non possa esibirsi» diede lui in risposta, sbuffando di stizza.

I venator, ricordò lui dalle lezioni di Galeno, non erano propriamente dei gladiatori perché non combattevano contro uomini nell'arena. Erano infatti responsabili delle cacce, i duelli con le belve feroci che tanto piacevano ai bravi cittadini romani e che si tenevano al mattino presto visto che tutto quello che era destinato al post pasto di metà mattina era di loro competenza.
In genere combattevano sempre ed era difficile che si tirassero indietro visto che erano addestrati ad affrontare qualsiasi cosa. Questo significava, quindi, solo due cose: o gli organizzatori avevano fatto arrivare chissà quale bestia spaventosa dai quattro angoli dell'impero oppure...

«A quanto pare, una delle figlie di un senatore vicino a sua maestà ha preso troppo a cuore uno di loro e suo padre non ha gradito la cosa e non vuole vederlo combattere sotto ai loro occhi, a meno che non sia per venir sbranato vivo» disse il Tebano con stizza suprema, quasi sputando quell'ultima parola.

Manuel e tutti quanti gli altri annuirono.

In effetti, accadeva abbastanza spesso che qualche nobile rampolla della nobiltà romana si invaghisse di un gladiatore, così come spesse volte accadeva che fossero i loro stessi genitori a cadere irretiti dal fascino degli uomini che lottavano nell'arena - tant'è che succedeva che fare il gladiatore significasse anche essere la principale attrazione fisica di una delle feste con cui genericamente gli alti ranghi della società romana si sollazzavano nella loro esistenza. Talvolta, poi, la semplice presenza fisica non era sufficiente per coloro che richiedevano la presenza di questo o di quel combattente e così quegli inviti finivano per trasformarsi anche in altro, sebbene andasse detto che, fintanto che si rimaneva nei ranghi di un rapporto occasionale, la cosa era ben tollerata e soprattutto ben retribuita, visto che chi si giovava del piacere della compagnia di un gladiatore in genere finiva anche per essere particolarmente generoso nei suoi confronti, lasciando in cambio sesterzi o altri oggetti che potevano essere utili, come il bacile con cui lui si lava al mattino.

Non era un compito ingrato, in realtà, anzi; per certi versi, era quasi divertente sebbene la sua giovane età lo avrebbe volentieri spinto ad altro piuttosto che a ciò, ma era innegabile che fosse sicuramente meglio questo che andare a chiedere al Tebano di poter avere un minimo di compagnia nelle notti passate al buio delle proprie stanze.

Usque ad finemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora