TW: attacchi di panico
_______________________Il Mamertino era il più antico ed imponente carcere della città, una struttura da incubo concepita per esigere col terrore il rispetto di quella legge e quel diritto del quale i romani tanto andavano fieri. All'apparenza un semplice edificio cittadino dalla robusta porta di pietra e grate di ferro, il Mamertino rivelava la sua essenza di luogo di tormenti non appena vi mettevi piede dentro, quando venivi informato che la struttura sopraelevata era destinata alle guardie e agli uffici d'archivio o di direzione e che la reale prigione era uno sterminato formicaio che l'uomo aveva scavato nel ventre gelido del Campidoglio, adottando uno stile e una geometria che facevano sembrare i due piani che la componevano come diciotto e le sue strade interne come la ricostruzione del labirinto dentro al quale era stato rinchiuso il minotauro.
«Sono stato convocato per il prigioniero Nevio Metello» aveva detto al secondino che lo aveva visto arrivare, appena prima che questi sollevasse lo sguardo per guardarlo. «Sono Manuel. O Fersom, non so come mi abbia fatto convocare, ma tanto siamo la stessa persona.»
L'uomo massiccio e dai capelli castani che sbucavano da sotto l'elmo lo aveva squadrato, rivolgendogli un'occhiata che palesemente gli indicò che lo avesse riconosciuto come il gladiatore del Colosseo; dopodiché gli fece cenno di seguirlo e lo scortò personalmente per le gallerie tetre, accompagnandolo in quella discesa agli inferi come già aveva fatto Enea lontano da lì, superando corridoi, porte, arcate cieche e rampe di scale che lo portavano sempre più nell'oscurità – il buio che veniva tagliato dalla sola luce della fiaccola che teneva in mano nonostante nel mondo in superficie il sole ardesse già da ore sul mondo.
Alla fine la corsa ebbe termine e i due giunsero ad una sezione di celle i cui prigionieri facevano pendere le mani inerti fuori dalle gabbie, rifuggendo alla luce della fiaccola che, evidentemente, faceva dolere i loro occhi a causa del prolungato soggiorno al buio. Più oltre, isolato da tutti gli altri in una cella più larga – ma anche più scomoda delle altre perché gocciolante d'umidità, stava la prigione di Nevio Metello, messo lì per separarlo dalla sua comunità e privare così entrambi del reciproco supporto in un'applicazione carceraria dell'antico adagio romano "Divide et impera".
Con il rumore secco tipico di una chiave che nel lucchetto girava e la porta andava a dischiudere, la guardia aprì la cella dell'ex mercante di sete e stoffe, permettendogli di accedere al suo interno per poi richiudere la grata della gabbia alle spalle, intrappolando entrambi dietro alle sue sbarre di ferro sulle quali l'uomo prese a battere con quell'asta di ferro che aveva in mano sin dal suo arrivo, facendo un baccano d'inferno in quel mondo pieno di echi. Infine, dopo essersi sincerato che tutto fosse in ordine, se ne andò fischiettando, rendendo chiaro coi suoi gesti che si sarebbe appostato al tavolo oltre l'ingresso di quel cunicolo così da controllare loro due e, al medesimo tempo, sapere quando venire a recuperarlo per riportarlo alla luce.
«Nevio» disse all'uomo, facendo rimbombare il rumore ovunque ma stringendolo a sé fra i muscoli possenti. «Sei ancora vivo, grazie agli dèi.»«Non per molto tempo» sorrise l'uomo staccandosi da lui. «L'imperatore vuole la mia testa e stai certo che l'avrà prima della fine. Che sia oggi o domani poco cambia per me, tanto il mio destino è segnato.»
«Solo se ti ostini a combatterlo, Nevio» replicò mentre l'uomo si spostava alla flebile luce delle candele, rivelando ai suoi occhi come fosse mutato in quei soli pochi giorni. «Se tu abiurassi, se tu tornassi nell'alveo della fede mia e di Simone, forse potresti ancora salvarti.»
«Questo mai. È escluso categoricamente» gli comunicò allontanandosi come se scottasse.
«Ma perché, Nevio? Devi solo alzare una coppa alla salute del divino Imperatore e…»
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Usque ad finem
FanfictionNon credo di dovervi dire molto per fare galoppare la vostra fantasia se vi dico Manuel, Simone, gladiatori e antica Roma. Vi giuro però che il giorno in cui ho iniziato a scriverla non era previsto che venisse fuori questa cosa decisamente non adat...