4. Delitto e castigo

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TW: violenza
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Quanto variano le cose nel giro di un'istante?
Quante volte il capriccio del Fato sposta un asse che rotola dal suo corso normale, rompendo vecchi equilibri e creandone di nuovi?
E, soprattutto, quanto spesso accade che questo mutamento apporti un significativo quanto inatteso miglioramento, come quando, lanciando un ciottolo in acqua, la frammentazione della pozza e lo smuoversi del fondale finisce col creare un ambiente ben più favorevole alla vita e riporta i pesci nello stagno?

Erano domande, queste, che Manuel non si era mai posto nella sua vita fatta di allenamenti, lotte, sangue e sudore.

Erano quesiti, quelli, a cui Manuel avrebbe risposto in modo rude, che se un filosofo itinerante fosse comparso alla Ludus Magnus d'improvviso ponendoglieli, lui gli avrebbe risposto che non sapeva di che stesse parlando, che farneticava e che avrebbe fatto granché meglio a gettare i propri rotoli e i propri sofismi da una parte ed imbracciare una vanga, che Roma aveva più bisogno di cibo e grano che dei dubbi esistenziali di uomini che avevano tempo da sprecare per importunare chi, invece, quel tempo doveva usarlo per strappare alla vita tozzi di pane raffermo con cui vedere l'alba del giorno successivo e ricominciare da capo.

Questo, almeno, fino a due mesi prima.
Questo, almeno, fino alla notte del 30 di Martium, quando il senso di quelle domande gli era divenuto chiaro, come chiaro diventava il mondo all'affermarsi del giorno, sotto una volta stellata che pareva splendere per lui e per quello strano ragazzo che gli si era avvicinato col solo proposito di essergli amico nonostante appartenessero a due mondi completamente diversi e fra loro separati da un abisso più profondo dell'Averno stesso.

Era stato un terremoto, un ciclone che si era abbattuto sulla sua vita e l'aveva rovesciata, che lui non era abituato a ricevere attenzioni senza dover dare qualcosa in cambio. Eppure era proprio questo che Simone gli dava e gli chiedeva, senza pretendere niente ma attendendo paziente il suo turno, come se la sua vita, quella di un umile reziario che era la feccia fra la feccia, valesse quanto e più della sua, dell'uomo più vicino all'imperatore dopo il Cesare che lo avrebbe succeduto.

E gli effetti di quella strana magia, doveva ammetterlo, erano via via divenuti sempre più palpabili a mano a mano che i giorni si susseguivano nella loro corsa, a mano a mano che la natura seguiva il suo corso e i vivaci colori dei fiori della primavera strappavano alla monotonia dell'inverno il dominio sul mondo.
Sì, perché da quando c'era Simone a guardarlo, da quando sapeva che là nel pubblico il suo sguardo luminoso lo seguiva, lui si sentiva invincibile, si sentiva come se qualcuno gli versasse dentro un olio che alimentava la fiamma della sua energia in maniera infinita, che lo faceva ardere e gli faceva sembrare la sola idea di perdere e soccombere sotto ad essi come un'empietà e il trionfo come l'unico mezzo che aveva per contraccambiare adeguatamente quegli occhi che lo fissavano pieni di ammirazione.

Migliorava a vista d'occhio, divenendo più forte e più abile giorno dopo giorno, annientando uno dopo l'altro ogni avversario che gli venisse posto contro.

Non importava quanto fosse grosso od esperto, non importava quanta ferraglia avesse indosso o quanti fossero i volti e le teste che gli si frapponevano: lui li sconfiggeva tutti, uno dopo l'altro e in tempi brevissimi, dimostrando un'abilità che rendeva i suoi combattimenti spettacolari e che mandavano in tripudio gli spettatori stipati sulle gradinate del Colosseo che ora, tutti ne erano consapevoli sull'Esquilino, venivano principalmente per vedere lui e gli facevano piovere addosso petali di rosa e promesse di regalie che il Tebano, sempre pronto in fatto di amministrazione delle cose sue, riscuoteva e ripartiva.

Eppure, a lui di tutto quello non interessava, perché sempre accadeva che, quando vinceva uno scontro, il suo sguardo si lanciasse senza paura verso l'alto, verso la piattaforma d'onore dove sapeva Simone avesse preso residenza da mesi, dove Simone gli batteva le mani con euforia e guardandolo con orgoglio, cercandone il volto come a volergli dire "Hai visto? Ho vinto di nuovo! Lo vedi quanto sono forte?".

Usque ad finemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora