8. La danza di Ecate

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TW: sesso esplicito,
Velati riferimenti a
sacrifici e
prostituzione
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La pressione di un braccio attorno al suo petto e il lieve sbattersi di un corpo contro la sua schiena furono la sua sveglia quella mattina.

Di norma e regola Simone dormiva da solo nelle sue stanze del palazzo imperiale ed era stato così sin da quando lui e il suo gemello erano stati riportati indietro da Tivoli fino a Roma per vivere ed essere educati alla corte dell'imperatore cui appartenevano e gli era sempre andato bene agire a quella maniera, ché dormire da solo lo aiutava a riposare meglio e lo infastidiva enormemente il fatto di avere qualcuno che occupava lo spazio del suo letto assieme a lui. 

Di norma e regola, tuttavia, perché ormai erano un paio di mesi che il corvino aveva abbandonato le sue regole e le sue abitudini, seppur solo per quei giorni che riusciva a strappare all'incessante scorrere del tempo. Ed erano sempre da un paio di mesi a quella parte che la sua sveglia era quel dolce abbraccio involontario che lo aveva ridestato quel giorno.

Istintivamente, fece risalire la mano sino all'arto che ora lo intrappolava e prese a farcela scorrere sopra a mo’ di carezza, quasi che percorrendola tutta potesse avere la certezza che quello fosse realtà e non un sogno che stava facendo ad occhi aperti. Aveva scoperto quella peculiarità di Manuel quasi per caso, la terza notte che avevano passato assieme dentro al palazzo imperiale: a quanto pareva, il giovane reziario tendeva ad occupare tutto lo spazio possibile quando decideva di riposare ma – e questo era forse il tratto più bello di lui – non controllava sé stesso quando era fra le braccia di Morfeo e così le sue palpebre chiuse continuavano a cercarlo anche dopo che la loro danza di corpi si era interrotta, di modo tale che il maggiore tendeva a cercare il suo corpo per stringersi, per tirarselo addosso e rimanere in quella posizione, forse per lui scomoda, quasi che intendesse proteggerlo da qualcosa o che avesse paura che gli sfuggisse tra le dita. 

La prima volta che era successo era stato strano e la prima cosa che aveva fatto era stato svegliarlo per fargli notare quel che era accaduto. Imbarazzatissimo e rosso in viso, Manuel si era subito tirato indietro, chiedendo scusa per quel comportamento sul quale giurava e spergiurava di non aver avuto controllo alcuno, e Simone lo aveva tranquillizzato ridendo come un matto per quanto lo vedeva in difficoltà per qualcosa che, fondamentalmente, a lui piaceva.

Dopo poco si erano riaddormentati e, ben presto, Simone aveva sentito nuovamente il gladiatore al suo fianco agitarsi e rigirarsi verso di lui, riallungando le braccia e aggrappandosi a lui quando le mani avevano avuto certezza che fosse stato lì; il patrizio, a quel punto, aveva semplicemente lasciato fare, lieto di quell'abbraccio che lo faceva sentire al sicuro forse per la prima volta in vita sua.

Così erano andati avanti per tutto quel tempo, lui che lo abbracciava nel sonno e l'altro che glielo lasciava fare, e quel piccolo rituale era diventato quasi una norma per loro due nonostante la calura di augustus lo rendesse sconsigliabile.

Felice, il più giovane si strinse di più nell'abbraccio, portandosi le labbra del gladiatore a portata di collo e facendo aderire le pelli nude. Tecnicamente parlando, anche quello era moralmente riprovevole, perché un bravo romano non avrebbe mai dovuto dormire nudo, men che meno se al suo fianco c'era qualcuno e la posizione risultava tanto equivoca, ma se doveva essere onesto a lui di cosa fosse moralmente corretto oppure no non gli interessava più alcunché da quando aveva Manuel al suo fianco e, se qualcuno avesse avuto da obiettare, aveva deciso che avrebbe semplicemente risposto che in realtà non dormivano affatto nudi, perché le rispettive pelli erano l'una l'abito dell'altro e viceversa.

Usque ad finemDove le storie prendono vita. Scoprilo ora