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Riapro gli occhi, mi gira la testa, vedo sfocato, sono ancora stordita. Credo mi abbiano dato il calcio di un fucile in testa... È una sensazione orrenda, mi sento incapace di reagire, di capire cosa sta accadendo attorno a me. È peggio del risveglio dopo una sbronza. Lentamente, la vista inizia a tornarmi e comincio a vedere sempre meglio, fino a fare finalmente fuoco nei miei occhi. Il cuore mi batte all'impazzata. "Dove mi trovo?!" Sono stesa sopra ad un letto, in una stanza dalle pareti grigio scuro, tanto scuro da sembrare quasi nero. Ho solo una porta davanti a me, in questa stanza non c'è altro che il letto e una luce sul soffitto che illumina fiocamente l'area. Il cuore continua ad andare come fosse il beat di una canzone. Inizio ad avere un attacco di panico. "Cazzo" Devo calmarmi, non posso perdere il controllo, devo capire cosa fare. Mi alzo a stento, mettendo i piedi a terra mi accorgo di quanto sono debole e quasi non cado per terra per via delle gambe che cedono. Mi appoggio al bordo del letto, faccio un respiro e provo a rialzarmi. Mi accorgo di avere indosso ancora il mio pigiama, la cosa mi dà sollievo, almeno so che non mi hanno spogliata. Debole e ancora un po' stordita, mi trascino con forza verso quella porta e noto che è una porta a chiusura elettronica, non ha una maniglia, non posso neanche cercare di aprirla. Indietreggio, guardandomi attorno e sopra la mia testa. Vedo una videocamera di sorveglianza all'angolo destro della camera, che mi segue silenziosamente ad ogni mio movimento. È evidente che qualcuno mi stia osservando, e per il pensiero mi sale un brivido lungo tutta la schiena, risvegliando ancora una volta lo stato di angoscia che avevo prima. "Ora che sanno che sono sveglia, cosa mi faranno?" Il pensiero mi sta divorando da dentro, la paura mi sta soffocando, che cosa ho fatto di male per ritrovarmi in questa situazione? Un altro pensiero però mi viene in mente. "Se non mi hanno fatto nulla prima, perché dovrebbero adesso?" Quest'ultimo mi rassicura un po', ma non sono del tutto sicura. In fondo, potrebbero avermi portata qui per torturarmi dopo. Mi appoggio nuovamente al letto, e mentre i miei pensieri mi divorano, improvvisamente la porta si apre, o meglio, scorre all'interno del muro. Il cuore mi balza ancora una volta in gola, questa volta molto più forte di prima, alla pari, se non peggio, di come è accaduto stanotte.

«Finalmente ti sei svegliata, Gray. Te la sei presa comoda»

A rivolgermi queste parole è un uomo bellissimo, piuttosto giovane, credo abbia sui ventiquattro anni. Credo sia un metro e ottanta. Ha i capelli corti e mori, gli occhi verdi, una leggera barba che gli cade a pennello su una mascella piuttosto scolpita. È vestito con una t-shirt grigio chiaro, dei pantaloni cachi in stile militare, delle scarpe "tattiche", di quelle che si usano in guerra, e ha una cintura con una fondina annessa riempita da una pistola. Per quel che so di armi, e per quello che riesco a vedere, credo sia una Glock. Tiene dei vestiti e delle scarpe tra le braccia. Mi rivolgo a lui con una voce fioca, intimidita e smarrita.

«Chi sei...? Dove sono...?» Mormoro, e di tutta risposta lui accenna ad un sorriso quasi rassicurante. Il calore di quest'uomo è stranamente rilassante, anche se non l'ho mai visto prima.

«Riguardo al chi sono: Mi chiamo Ryan. Riguardo al dove sei: Risponderò dopo. Ora alzati e seguimi»

La sua voce è leggera, apparentemente calorosa ma con un tono distaccato. Mi accingo a scendere dal letto e seguirlo, mentre il mio battito torna lentamente ad un ritmo gestibile. Mi tengo a distanza dietro di lui, e uscendo dalla stanza, percorriamo un corridoio pieno di porte. "Che siano altre stanze come la mia?" Improvvisamente si ferma, si gira e mi indica una porta alla mia sinistra.

«Tieni, prendi questi e cambiati qui dentro. Quello che hai addosso ora puoi lasciarlo nella stanza»

Sono dubbiosa, ma faccio come mi dice. Entro nella stanza e mi cambio. I vestiti sono molto simili ai suoi, anche le scarpe. Noto che la stanza è decorata rispetto a quella dove stavo io, niente telecamere, o almeno io non le vedo. Ci sono un letto, un armadio, un calendario appeso accanto ad una scrivania, e appoggiata ad essa un piccolo contenitore e un pennarello al suo interno. Non frugo nella stanza, mi limito a vestirmi velocemente. Esco fuori e proseguiamo. Arrivati alla fine del corridoio, c'è un ultima porta, stavolta però ce l'abbiamo davanti, e non di lato. Lui la apre, e quello che vedo all'interno mi lascia incantata e sbalordita. Un'enorme sala con diversi uomini e donne vestiti come se dovessero andare in guerra che parlavano tra di loro.

𝐒𝐨𝐮𝐥𝐬 - 𝐃𝐮𝐞 𝐚𝐧𝐢𝐦𝐞 𝐢𝐧 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora