Fobie: Vereor Nox

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Acluofobia: intensa paura del buio e dell'oscurità, non di essi nello specifico ma di ciò che si cela al loro interno


Tutti noi nasciamo nel buio, veniamo dal buio e viviamo nel buio, alla ricerca di un obiettivo che ci renda luminosi agli occhi degli altri, dimenticandoci delle nostre origini e dell'ombra che ci segue costantemente nell'attesa che facciamo un errore verso il buio che ci ha creati.

Nel momento in cui aprii gli occhi per la prima volta, iniziai a percepire un lieve odore di muschio che mi solleticava le narici, quasi come se una fatina danzasse sulla piccola punta del mio naso divertendosi a solleticarlo con quel profumo, mi circondava il nulla, o meglio, dei piccoli riflessi di luce venivano da tutto attorno a me, ma erano così fievoli che a malapena li avrei definiti "luce", anche perché col soffitto roccioso che mi si poneva davanti non era facile capire se quella che riuscivo a vedere con la coda dell'occhio fosse effettivamente luce o una qualche allucinazione dovuta al recente risveglio. Ero ancora sdraiata immobile sul duro pavimento di quello strano luogo quando, nel silenzio tombale dell'oscurità, iniziai a sentire, con sempre più nitidezza, un rumore limpido di acqua che gocciola, delle piccole gocce si riunivano gettandosi dall'alto di una stalattite che rimaneva continuamente umida, creando un eco così angelico che mi risuonava nelle orecchie svegliandomi con dolcezza, non mi accorsi neanche di aver dormito a lungo da quanto quel rumore mi stesse facendo bene.

Riuscii ad alzarmi nonostante i leggeri dolori che percorrevano tutto il mio corpo, le mie articolazioni hanno scricchiolato per due o tre minuti abbondanti mentre camminavo alla ricerca di qualcosa che mi facesse capire dove mi trovassi. Ero circondata da rocce e cunicoli umidi, mi ero risvegliata nel mezzo di una grotta completamente buia, l'unica fonte di luce che riuscii a vedere sembrava lontanissima, i raggi che emetteva erano così deboli che a malapena rendevano la superficie sulla stalattite lucida. Mentre la mia schiena riluttante cercava ancora di riprendersi dal lungo sonno su quella lastra di roccia su cui ero sdraiata, provai ad avvicinarmi a quella piccola fiammella che vedevo distante, ma più andavo verso di lei, più mi sembrava che si allontanasse, non come se fosse sempre alla stessa distanza, ma come se nel momento in cui mi fossi avvicinata un po', essa scappasse ritornando lontana, non capivo se volesse indicarmi la strada poco alla volta o se non volesse essere raggiunta, nonostante ciò continuai imperterrita a fissarla per raggiungerla, o forse volevo solamente distrarmi dall'oscurità che mi circondava, forse ero soltanto io che scappavo dal buio e non la luce che scappava da me, mi ero appena svegliata e già scappavo dalle mie angosce come una codarda. Più andavo avanti, più la mia testa si riempiva di voci che mi dicevano di affrontare il buio, di non concentrarmi sull'unica luce certa che vedevo, ma di cercare la "mia" luce, quella fiamma personale che si accende nel buio nel momento del bisogno, quel piccolo fuoco fatuo che fluttua smarrito in cerca di due mani che siano disposte ad accoglierlo e accudirlo, continuavano a sussurrare un miscuglio di consigli e di frasi senza senso, mi dicevano di fermarmi e rispettare l'oscurità, come se fosse un essere senziente con tanto di sentimenti, non riuscivo a non sentire cose stupide come questa, mentre la luce che continuavo ad inseguire piano piano svaniva. Arresa e senza più una guida crollai sulle mie stesse gambe, le mie ginocchia toccarono rapidamente la roccia che stava solo sotto ai miei piedi, le mie cosce iniziarono a tremare, non dal freddo, non dalla paura, ma da una sensazione più travolgente, una tristezza interiore che era quasi esplosa dal mio petto raggiungendo tutto il corpo, ormai lasciata a me stessa in ginocchio su quella pietra sentii una goccia d'acqua scivolare sulla mia guancia, una piccola lacrima fredda che scorreva per raggiungere la roccia e cercare di risuonare come quelle che mi avevano tanto allietato.

Una lacrima è sfortunata, ha vita breve, inizia un viaggio tormentato per colpa di un semplice battito di ciglia, è una pellegrina che incontra la luce per la prima volta in un sentiero di cui non conosce neanche la conclusione, fa un atto di fede verso quella strada che la conduce ad un salto nel vuoto, nella speranza di raggiungere un porto più calmo, in un senso estremamente negativo o estremamente positivo, una fine sconsolata nel buio, o un nuovo inizio nella luce. Così, quella lacrima cadde, affidandosi al destino che era stato scritto per lei, si gettò su quella roccia già umida e... plin... plin... plin, le mie orecchie sentirono ancora una volta il ritmo celeste scandito dalle gocce di quella stalattite sul soffitto, mi girai di scatto e vidi una piccola fiammella che volteggiava attorno a quella stalattite, in modo che l'acqua potesse riflettere tutta la sua luce, la fiamma mi si avvicinó e si adagió sulle mani che avevo per istinto messo a conca, come per prendere l'acqua che cadeva, non capivo come fosse possibile che non mi fossi spostata di un metro camminando e inseguendo l'altra luce che continuava ad allontanarsi, ma quella fiammella mi faceva dimenticare di tutto ciò che era successo, facendomi soltanto stare bene con me stessa, non sentivo più neanche le voci che mi assillavano fino a pochi minuti prima, ero di nuovo rilassata, nel buio, ma accompagnata dalla "mia" nuova luce che mi faceva da guida.

In mezzo al buio l'unica cosa che può veramente aiutarti è quella luce che appare all'improvviso, quel lampo inaspettato durante una nevicata, quella fiamma che accende tutte le torce di un corridoio che porta verso la vera te, un'immagine che ho molto presente visto dove mi sono ritrovata subito dopo, un lungo percorso si stendeva di fronte a me, una salita impervia che imponeva la sua autorità già alla vista. La fiammella era sparita dalla mia vista, al suo posto, sulle pareti, si erano accese delle fiamme tremolanti che illuminavano la strada sospese in aria, il buio che si mostrava in fondo alla strada sembrava aspettarmi con ansia, mi sentivo costantemente osservata, colpevole di qualcosa, obbligata a percorrere la strada verso il mio patibolo oscuro per non aver rispettato l'oscurità, o la mia luce, a dovere. Osservando l'oblio che mi attendeva iniziai a sentire le gambe e le braccia pesanti, strette da catene invisibili, fredde e pesanti come il piombo, pensai che forse era questo ciò che dovevo superare per far parte di un mondo che non ti rispetta se tu non lo idolatri. Affranta e dolorante sorpassai la prima fiamma che si spense all'istante, ma non si rimpicciolì fino a scomparire come qualcuno potrebbe pensare, venne avvolta da un velo di tenebre che la soffocó, così succedeva ad ogni fiamma che oltrepassavo, appesantendo sempre di più le catene che percepivo addosso al mio corpo. Arrivata all'ultima piccola scintilla, mi soffermai a contemplare l'abisso che mi si poneva di fronte, nella speranza che almeno l'ultima luce non mi abbandonasse, con le lacrime agli occhi, le catene che si erano fatte più visibili e concrete con l'oscurità che avanzava e gli arti che mi si stavano incrinando feci l'ultimo passo abbandonandomi alle tenebre.

"Se tu guardi nell'abisso, l'abisso guarda in te" diceva Nietzsche, e così fui avvolta dal buio più totale, sospesa nel vuoto senza neanche sentire il peso del mio corpo, dal mio petto uscì una lancia di luce che si condensó presto in una sfera luminosa che mi orbitava attorno, l'ennesimo avvertimento che per quanto il buio possa sovrastarmi devo soltanto trovare il modo di estrarre la luce da dentro di me.

Così, senza preavviso, mi ritrovai distesa sul mio morbido letto colorato, nella mia vecchia stanza accogliente. Era tutto l'opposto di ciò a cui mi ero abituata nell'ultimo periodo che avevo passato, ma ero finalmente felice, felice di aver trovato una fonte di luce capace di accompagnarmi anche nell'oscurità più totale. 

Arianna - Un cuore fittizio per persone di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora