Talassofobia: paura ossessiva del mare, dell'oceano e di ogni acqua aperta e/o profonda e delle creature che vi si possono nascondere
L'oceano, il mare, le onde, gocce d'acqua in continuo movimento, agitazione e calma nella stessa entità, la profondità percepita dalla superficie, un dualismo che esiste da sempre e non è mai esistito, poiché chi guarda le onde in superficie non si accorge del buio nel profondo, e chi guarda l'oblio nell'abisso non si accorge della calma in superficie.
La strada in discesa era illuminata della tipica luce giallo arancio delle prime ore del giorno, si rifletteva sulle facciate di tutte le case investendo completamente l'asfalto grigiastro rovinato dal tempo, percorrendola sentivo sempre più calore addosso, il sole si stava alzando e, mentre si avvicinava mezzogiorno, la discesa diventava sempre più calda e piacevole. Seguendo quella discesa mi ritrovai con i piedi che sprofondavano nella sabbia, senza rendermene conto ero arrivata su quella spiaggia morbida che molti vedono come un luogo per rilassarsi, ma il lieve vento che spostava le onde iniziò a entrarmi in testa.
Le onde sembravano grattare la superficie dell'acqua mentre i miei occhi erano, ormai, immersi nel vuoto blu che mi ero trovata di fronte, attratta da esso come una falena dalla luce. I miei occhi e le mie orecchie iniziavano a sincronizzare il movimento delle onde con il fastidioso rumore del vento che le spostava, le mie mani iniziavano a tremare impercettibilmente, un tremolio di cui ero cosciente solo io, il mio respiro iniziava a farsi pesante, come a voler seguire quel movimento su cui mi ero incantata, i riflessi del sole sulla superficie increspata dell'acqua mi ammaliavano, mi spingevano ad avvicinarmi mentre mi intimorivano.
I piedi sprofondavano nella sabbia mentre il tremore delle mani diventava più evidente, avanzando sentivo sempre più freddo, il mio corpo si stava congelando, il respiro accelerava e si faceva più affannoso, i movimenti delle mie gambe non erano più sotto il mio controllo, la paura si stava prendendo gioco di me, dettandomi ogni singolo movimento da eseguire mentre io rimanevo ferma, con gli occhi spalancati, come spettatrice della mia vita. Ormai non riuscivo più a respirare, il mio corpo era scosso da un terremoto interno, le dita dei miei piedi iniziavano a sentire l'acqua salata filtrare dalle mie scarpe, sentivo il livello salire, le mie cosce si stavano bagnando velocemente, i miei fianchi vennero abbracciati dalle onde e all'improvviso un brivido che percorse tutto il mio corpo mi spinse in acqua.
Il mare mi stava inghiottendo, io sprofondavo nell'abisso senza possibilità di fuga, i miei occhi non riuscivano ad aprirsi per il timore di ciò che potessero trovarsi davanti, una voce mi sussurrava prima ad un orecchio e poi all'altro, vorticando attorno a me come mossa dalla corrente. Con gli occhi aperti vedevo intorno solo buio e acqua, finché la voce che stava soffiando nelle mie orecchie si mostró a me, un agglomerato di alghe, reti e cirripedi, circondato da pesci che lo avvolgevano come un cappotto vorticoso, con un unico enorme occhio giallo al centro, un giudizio severo verso chi temeva l'acqua. Sconvolta dallo sguardo lacerante di quell'essere non feci caso al fatto che non stavo respirando ma ero viva, ero ancora immobile e tremolante, ma almeno ero viva, avvolta da un velo d'acqua profonda senza il minimo squarcio di luce, se non quel grande occhio giallo, l'unica luce che riusciva ad illuminarmi era quella di un draghista, di un pescatore di anime perse. Il buio profondo dell'acqua faceva sempre più pressione sulla pelle nuda del mio corpo, continuavo ad essere spaventata, i miei occhi erano fissi verso quell'ipnotica sfera gialla, le mani cercavano di tenermi a galla, le gambe erano ancora paralizzate e scosse dalla situazione, i piedi non sentivano l'abbraccio morbido della sabbia e si erano congelati, quasi resi insensibili dall'assenza di un fondamento stabile, la gola secca iniziava a stringere soffocandomi nonostante io non stessi respirando. Incosciente di ciò che mi stava accadendo, ero immobile, fissavo quell'entità che sussurrava indistintamente, come se ciò che sentivo fosse in realtà il movimento dei pesci attorno a lui e il fruscio delle alghe nell'acqua, un puntino in movimento alla ricerca del suo punto di equilibrio in un oceano non metaforico. Il tempo sembrava essersi fermato in mezzo a quel veleno che mi pungeva dentro, quando l'essere mi tese con pacatezza quella che sembrava essere una mano, di istinto spostai subito il mio sguardo su di essa, una parte del corpo irriconoscibile avvolta da alghe e molluschi di ogni tipo, ripulita da piccoli pesci gatto che seguivano il loro percorso dal braccio alla mano ornandola come farebbero dei braccialetti. Rimasi interdetta dalla calma e dalla cordialità che mostrava, molto differenti dalla nostra conoscenza movimentata in mezzo alle onde, io volevo fidarmi dell'unico essere che sembrava volermi aiutare, ma il mio corpo si rifiutava di muoversi, l'abisso aveva preso il controllo sul guscio che mi protegge, su quel corpo che avrei voluto avvicinare per salvarmi. Gli occhi erano l'unica parte del corpo che riuscivo a muovere, per quanto li tenessi fissi sulla sua mano, era la mia volontà a muoverli, volevo disperatamente afferrare quella mano, ero così disperata che sentii una lacrima scendere sulla mia guancia, scorreva dagli occhi che continuavo a tenere aperti, spaventata e sommersa da quell'enorme quantità di acqua da cui volevo fuggire. Per un attimo alzai lo sguardo, i miei occhi incrociarono quello dell'essere, la sua luce gialla sembrò sbloccarmi, riuscii a muovere la mia mano e appoggiarla sulla sua, il palmo era grinzoso, come se fosse da sempre sott'acqua, ma era secco, sembrava non esserci più acqua nel suo corpo o attorno ad esso, l'oceano stava circondando solo me, lui era là solamente come intermediario tra me e la mia paura, mi strinse delicatamente la mano e mi accorsi che anche io non ero bagnata, la mia mano era completamente asciutta, i miei occhi non soffrivano per l'acqua che entrava dentro, non stavo neanche galleggiando, ero in piedi su un pavimento invisibile circondata da un enorme lago salato che mi sovrastava. Si avvicinò sempre più a me, fino ad avvolgermi in una sorta di abbraccio, ogni singola alga che lo ricopriva sfiorava il mio corpo, nonostante l'aspetto umido erano come foglie secche, iniziarono a sgretolarsi mentre lui stringeva, ma più esse si sbriciolavano, più lui si scopriva e sembrava sempre meno un relitto, la sua pelle era diventata improvvisamente morbida, mi ero persa nella sensazione di delicatezza del suo abbraccio, quando si staccò da me incrociai per un attimo i suoi splendenti occhi verdi che scomparvero in un battito di ciglia.
Mi ritrovai bloccata in piedi sulla spiaggia dove mi ero fermata, il mare si era calmato, mi aveva avvolto cercando di prendere con sé la mia anima, il mio corpo era completamente asciutto, le piante dei miei piedi percepivano la sabbia soffice che si trova a riva, iniziai a fare un passo indietro dopo l'altro continuando a fissare i riflessi del sole sul mare, non con paura o timore, ma con ammirazione e stupore per ciò di cui è capace un ammasso di acqua senza controllo.
Ormai ero abbastanza lontana da poter distogliere lo sguardo dagli sprazzi di luce diffusi da quello strato d'acqua davanti al quale mi ero fermata, non capivo perché il cervello umano si facesse controllare da un po' d'acqua che non si sposta, se non per ordine del vento o di qualcuno che la muove, non nego che la sensazione di essere sommersa fosse terribile, ma normalmente dovrebbe essere la mancanza d'aria il problema, invece io non ci avevo neanche fatto caso, era l'infinità d'acqua che mi circondava e che sentivo addosso che mi spaventava, annebbiava la mia mente a tal punto da non permettermi di capire che non la stavo neanche sfiorando ed ero ancora ferma al sole, asciutta e persa nel mare. Il nostro cervello dovrebbe comandarsi da solo, non farsi trascinare dalla corrente, dovrebbe riuscire a riconoscere la situazione in cui si ritrova combattendo ogni altra influenza, ma per fare questo serve una grande forza di volontà, una consapevolezza che manca agli esseri umani. L'acqua che agitava la mia mente si calmó improvvisamente, lasciandomi libera di pensare in tranquillità, libera da ogni dolore concreto sulla via di casa.
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Arianna - Un cuore fittizio per persone di latta
Cerita PendekArianna è solo un costrutto immaginario col coraggio di esprimere le sue emozioni, i suoi tormenti e i suoi piaceri senza temere il giudizio altrui. Questa è una raccolta delle esperienze della sua vita per aiutare le persone più fragili a trovare i...