Fobie: Riposo

5 1 0
                                    

Tanatofobia: morbosa paura della morte e della mortalità, e delle manifestazioni ad essa collegate

Il Sonno. Cos'è se non un'anteprima lieve e tranquillizzante della Morte? Ma la morte ormai è demonizzata, e se fosse veramente un sonno profondo? Cerchiamo sempre di andare a dormire dopo un po', magari la nostra anima vuole solo un po' di riposo dopo aver percorso tutta la vita.

Il letto mi cullava come non mai, tutto lo stress che mi aveva dato quel periodo di paura aveva irrigidito tutto il mio corpo, questo immenso rilassamento era come un balsamo per il mio corpo e la mia anima. Il buio si era di nuovo creato attorno a me, stavolta non mi spaventava, per me era come un vecchio amico, l'abbraccio di un fratello che non ho mai avuto l'opportunità di conoscere meglio. Il mio cervello si abbandonò al sonno, concedendo a Morfeo di agire su di me.

Una figura mi si avvicinò lentamente nel buio, io immobile mi limitai ad osservarla, senza riconoscere nessun tratto particolare, mi sembrava come un'ombra, ma nel buio un'ombra non dovrebbe vedersi, eppure questo essere era di fronte a me e con la sua mano esile mi stava accarezzando la guancia. Gli incubi per me erano all'ordine del giorno, niente di nuovo, ma questo mi spaventava perché sembrava che non potessi svegliarmi, come se quell'essere fosse consapevole che sarei rimasta con lui per sempre e provasse compassione per questo.

Ero comunque più tranquilla, perché adesso il buio non mi spaventava, ma iniziavo a sentire dentro di me una morsa al cuore, l'idea di rimanere per sempre bloccata là scaturiva qualcosa in me, una lieve paura di non svegliarmi mai più. Questo è ciò che provano gli esseri umani quando pensano alla fine della loro vita, io me lo sentivo. Non avevo idea di come interpretare questa sensazione, qualcosa mi diceva che era sbagliata, non dovrei avere timore di una cosa così comune, ma la sola prospettiva immaginaria di non poter rivedere più la luce mi stringeva sempre di più il cuore. I battiti scendevano lentamente, il mio respiro andava e veniva, il fiato continuava a mozzarsi all'improvviso nel profondo del mio sonno, come se esso volesse soltanto porre fine alla mia vita, come se volesse tenermi sempre con sè.

Mi svegliai all'improvviso, mi mancava il fiato, guardandomi le mani notai che erano pallide e scheletriche, come se non fossi più me. La benda sulla mia mano era sparita, ma il dolore era ancora vivido. Mi alzai e allo specchio notai un livido sul mio collo, il segno di una mano stretta ad esso... Forse il fiato mozzato non era un sogno, forse era la realtà...

Sentii una mano posarsi delicatamente sulla mia spalla, dopo un sussulto mi accorsi che non c'era nessuno dietro di me, ma non ero più a casa mia, ero di nuovo nel buio. Poco dopo mi trovai in bilico su un filo che dava sul vuoto, con l'ombra che avevo già visto che mi aspettava in fondo ad esso. Non riuscivo a vederla chiaramente, solo la sua sagoma scura, ma sembrava molto impaziente, spontaneamente iniziai a camminare sul filo per paura di far innervosire l'ombra. Una volta arrivata a pochi passi, si inginocchiò e con un tocco recise il filo facendomi precipitare nel vuoto più totale, abbandonata a me stessa, nel mio sonno più profondo, senza la possibilità di svegliarmi.

Solitamente dopo essere caduti nel vuoto ci si sveglia, con il ricordo di quella sensazione, io invece mi resi conto di essere tornata a dormire, come se non avessi mai aperto gli occhi, ero intrappolata nel mondo onirico di questo essere che stava solamente giocando con me. Prima mi ha soffocata, poi mi ha fatto precipitare, quale sarà il prossimo modo con cui si divertirà? Mi chiedo cosa provi nel ricordarmi che non posso abbassare la guardia un attimo, la mia vita è volubile, puoi precipitare da un momento all'altro, senza via di fuga. Dopo essere precipitata mi trovai sdraiata su un letto d'ospedale, rumori frenetici continuavano a passare nelle mie orecchie, forti luci bianche mi accecavano, eppure qualcosa mi diceva che stavo ancora dormendo. Improvvisamente sentii delle mani che mi toccavano agitate assieme ad uno stridulo rumore elettronico, come un metronomo che invece di ticchettare emetteva dei segnali acustici, un metronomo che prima o poi, si ferma ed emette un singolo segnale continuo, ponendo fine alla musica che accompagnava. Il mio cuore si era fermato, senza neanche che me ne accorgessi, distratta da ciò che mi circondava. Ironico come quella figura tenebrosa aveva come stanza dei giochi anche un ospedale, bianco e lucente, per quanto inquietante sia stato provare gli ultimi momenti di un paziente sul lettino ero quasi sollevata di vedere della luce, come se mi fossi svegliata. Era quello il suo obiettivo, farmi credere di avere ancora la possibilità di svegliarmi, lasciandomi intendere che lei aveva comunque le redini di questo macabro gioco delle ombre.

Seduta ad un tavolo di fronte a me mi stava porgendo amichevolmente una tazza di tè, non curandosi del fatto che sapessi che stava cercando di torturarmi mentalmente, e nonostante io fossi consapevole dei suoi inganni mi sentii comunque obbligata, spinta da qualcosa nel mio cervello, a prendere quella tazza così gentilmente offerta e berla sorridendo a quell'essere macabro. La gola iniziò a inaridirsi, le dita delle mani e dei piedi sentirono come una leggera scossa e si paralizzarono, i muscoli iniziarono a bruciare intensamente, gli occhi iniziarono a lacrimare, mentre l'ombra di fronte a me attendeva il momento successivo, il mio respiro che si mozzò e il mio cuore che smise improvvisamente di battere, lasciando il mio corpo cadere inerme sul tavolo e riportandomi a dormire un sonno ancora più profondo. Questo suo gioco continuava a inquietarmi sempre di più, il mio petto sembrava appesantirsi più esso mi mostrava i modi in cui poteva porre fine alla mia vita, iniziai a tossire, la mia schiena si fece talmente pesante da schiacciarmi a terra, come se fossi sotto ad un macigno. Le mie vie respiratorie erano sempre più aride, continuavo a tossire, la testa iniziò a girare, la vista si annebbiò, riuscivo ancora a vedere ma come se avessi della sabbia negli occhi. Mi sentivo sempre più schiacciata a terra e non ne capivo il motivo, non sentivo alcun rumore e non vedevo niente chiaramente, ero sempre più confusa, lo sforzo del mio cervello mise fine a quella sofferenza, facendomi addormentare nuovamente tra le macerie. Stavolta mi risvegliai accanto all'ombra, ad osservare il mio corpo schiacciato dalle macerie di un palazzo crollato, l'ombra sembrava sempre più amichevole, quasi a volermi mostrare cosa realmente volesse dire morire all'improvviso, senza libertà di scelta.

Nel buio, si girò verso di me e io mi girai verso di essa, posò la falce a terra e con un inquietante sorriso mi sparò un colpo secco in fronte, lasciandomi come ultimo ricordo il volto scheletrico della Morte in persona come mio carnefice. E' così che va la vita, non puoi rinunciare alla morte, ma essa non è una via di fuga per nessuno, perché è sempre lei a controllarti.

Arianna - Un cuore fittizio per persone di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora