Fobie: Cicli

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Cronofobia: paura irrazionale verso lo scorrere del tempo, messaggero di una fine inesorabile

Il tempo è tiranno, è un concetto dispotico che sfrutta i mezzi più disparati per ricordarci della sua presenza, cicli continui regolati soltanto dal suo scorrere, un mulino che si tira l'acqua da solo per far muovere le numerose ruote a suo favore, o meglio, per rendere il loro movimento continuo e inarrestabile.

La mia stanza era ancora colorata del solito giallo ocra di quando ero bambina, lo stesso colore, ma non la stessa vernice, io e mio padre l'abbiamo tinta nuovamente spesso durante questi anni, il lato negativo del mio colore preferito è che se ne va facilmente dalle pareti, quasi come se questo tempo che scorre grattasse via ogni dettaglio della mia vita, cercando di posare i propri artigli anche su di me.

I raggi di sole che filtravano dalle tapparelle spezzarono completamente l'atmosfera tetra da cui mi ero appena ripresa, ma quella sensazione di tranquillità fu subito attenuata dentro di me dal ticchettio meccanico del vecchio orologio a cucù sopra lo specchio in camera mia, il mio sguardo incroció quello del mio riflesso, un attimo di angoscia, ma il mal di testa che mi stava provocando quel ticchettio era superiore ad ogni altra sensazione in quel momento, abituata al silenzio e al buio per tutto quel tempo mi sentivo controllata, come se avessi un ritmo obbligatorio da dover seguire, continuavo a sentirmi un burattino i cui fili passavano di mano in mano. Uscii di corsa senza preoccuparmi della mia condizione estetica, sicuramente ero orribile, ma avevo bisogno di ritrovare il silenzio che mi stava cullando assieme all'oscurità. Dopo qualche minuto, senza neanche rendermene conto, arrivai al parco dove giocavo qualche anno fa, me lo ricordavo più lontano, forse perché avevo le gambe più corte, o forse perché ho camminato velocemente, chi lo sa, a prescindere dalla distanza a cui si trovava, la mia altalena era sempre là, un'asse di legno retta da due catene, un'invenzione così semplice eppure così rilassante, uno dei pochi luoghi di tranquillità che conoscevo. Persa nei miei pensieri iniziai ad oscillare avanti e indietro lentamente, per godermi ogni singolo gradino della salita e ogni singolo tuffo della discesa, ma mentre io seguivo il moto armonico di quel banale pezzo di legno, il Sole seguiva la sua traiettoria verso il declino, costretto a trapassare le nuvole pur di raggiungere la sua meta, continuo a chiedermi perché il giorno finisce, non capisco perché la Luna e il Sole non possano trovare una loro utopia e creare un nuovo frammento del giorno nel quale danzano insieme e irradiano l'erba del prato di una luce ancora più intensa del solito, invece di abbandonarli alla coltre nera della notte. L'ultimo raggio di sole sopravvissuto aveva appena toccato il cielo dipingendolo di una mistura di arancione e viola capace di affascinare anche il più freddo degli umani che lo osserva quando improvvisamente mi sentii costretta a rallentare la spinta fino a fermarmi, il vento aveva iniziato a soffiare leggero tra le mie orecchie, ma oltre a questo era calato il silenzio completo, come se con la sparizione del Sole sparisse ogni altra cosa che era stata illuminata fino a quel momento, la notte è così bella, se non fosse turbata dal costante movimento delle lancette sul mio polso, ero costantemente distratta dal loro suono che entrava nella mia testa e punzecchiava la mia mente con insistenza, senza parvenza di rallentamento. Il mio cuore aveva ormai preso il ritmo di quelle lancette, un battito lento, scandito e regolare, nonostante la situazione di vuoto, non rallentava, ma rimaneva stabile senza cedere un secondo, innervosita dal battito monotono che si faceva spazio nelle mie orecchie dopo che il vento aveva smesso di solleticarmi, scesi dall'altalena e iniziai a rendermi conto dei segni di chi ha torturato il mio amato parco, sottili strati di ruggine avevano avvolto le catene dall'altalena, il vecchio scivolo di plastica gialla era scheggiato in più punti, mentre i cavallini a molla avevano ormai perso completamente i manubri e i pedali a cui mi affidavo quando dovevo trottare verso il mio castello, quel castello annebbiato anche nella mia mente, diroccato a causa del deserto sabbioso che ci scorreva dentro, distruggendo anche le mura più stabili, come me...

Le mie ginocchia cedettero, caddi a terra, con lo sguardo perso nel vuoto, il gelo della notte aveva invaso l'erba e rendeva insensibili le mie ginocchia posate su quel telo verde, in realtà non me ne stavo neanche rendendo conto ma qualcosa mi diceva che stava succedendo, nel frattempo una lacrima scendeva sul mio viso, senza motivo, ero catatonica, la fiducia in ciò che mi aveva salvato più volte era crollata assieme a me, mi ero persa per colpa di quei granelli di sabbia di cui facciamo parte, di quei suoni ripetitivi a cui ci abituiamo troppo spesso, di quei calpestii che battono il sentiero in una foresta rovinandone la bellezza naturale senza ritegno, il tempo non è altro che un flusso di energia negativa che travolge tutto ciò che trova, con più o meno forza a seconda del dolore che vuole infliggere.

Prevedibilmente, fui colpita nell'iride verde dei miei occhi da un raggio di sole prima ancora di riuscire a muovermi nuovamente dopo essere rimasta bloccata dal gelo, concreto o astratto che fosse, della notte che era giunta, il movimento del Sole che si alzava spostava quel raggio sempre più al centro dei miei occhi, regalandomi la speranza che infondendo il suo calore dentro di me, dove una tempesta di sabbia incessante oscurava ed erodeva ogni cosa che trovava nel suo cammino filtrando anche il lieve tepore che mi stava sfiorando la fronte, avrei finalmente accettato la condizione degli esseri umani come vittime e seguaci di un ciclo temporale governato da se stesso.

Dopo quella giornata ho preso coscienza della circolarità del tempo, del suo inevitabile ritorno, un pendolo che agisce con così tanta violenza da riuscire a fare giri completi intorno al suo perno. Era questa tendenza circolare che mi preoccupava, le lancette di un orologio che scandiscono ormai fisicamente il tempo non sono altro che lame pronte a cadere su di me in ogni momento, questo portava la mia mente a non fare altro che pensare alla rovina che mi avrebbe portato continuare a vivere, persone che se ne sarebbero andate, sentimenti che sarebbero spariti, dolori che mi avrebbero sopraffatta da ogni lato, senza via di scampo perché la curva del tempo si sarebbe sempre richiusa su se stessa stritolandomi come un boa avvolto attorno al mio corpo inerme.

Una cosa che il tempo non può controllare è la notte, la notte è superiore a tutto, distorce ogni cognizione che noi abbiamo della realtà, quelle maledette 8 ore di sonno di cui sono sempre alla ricerca riescono a comprimersi alterando il concetto stesso di tempo, quelle 8 ore sono soltanto un'illusione capace di farti svegliare in un attimo, subito dopo aver chiuso gli occhi sopraggiunge l'istinto di aprirli senza neanche aver avvertito i granelli di sabbia dorata scappati da quella clessidra che strisciano sulla pelle pronti ad avvolgerti, e riavvolgere ogni singola azione nella tua testa. Capisco solo adesso che quelle 8 ore che, una volta sveglia, mi erano sempre sembrate 10 minuti, e per cui ho sempre provato un filo di rancore, mi stavano salvando la vita, allentavano la presa che avevano su di me le corde di quella campana pronta a suonare la rovina di un essere.

Tornai sui miei passi cullata dalle prime luci dell'alba, sorridente, azzarderei a dire "allegra" , ero riuscita a rinforzare la mia armatura contro il ticchettio del tempo ed avevo al mio fianco una luce eterna che mi cullava quando mi abbandonavo all'oscurità, ma nonostante questo, è tutta mera apparenza, dentro sono ancora tormentata, come tutti, d'altronde, è più facile liberarsi degli amici che dei nemici. 

Arianna - Un cuore fittizio per persone di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora