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James aveva ripreso ad andare ogni giorno in studio, sebbene non avesse ancora del tutto chiarito con Lars e Kirk. Aveva un carattere particolarmente orgoglioso e difficilmente si metteva in discussione. Molto spesso pensava di aver ragione, a prescindere da ciò che gli dicevano gli altri. Era sempre stato un difetto di cui era consapevole e, a volte, sua madre gli diceva che fosse un tratto che aveva preso da suo padre. Dopo che furono abbandonati, aveva iniziato a vergognarsi di tutte le cose che aveva dentro di sé che potessero essere ricondotte a lui, ma l'orgoglio non era mai riuscito a metterlo a bada del tutto.

Durante il liceo, molto frequentemente, finiva in punizione e gli toccava rimanere delle ore in più ad aiutare con le pulizie. Sua madre si arrabbiava parecchio, non tanto per la sua condotta scolastica, quanto per il fatto che avesse perduto ore inutilmente che avrebbe potuto passare a lavorare. Chiaramente, da quando suo padre se n'era andato, aveva dovuto cercare di conciliare la scuola con il lavoro, dato che sua madre aveva bisogno di aiuto. Nonostante i vari impegni cui doveva far fronte però, aveva iniziato ad appassionarsi alla chitarra, senza la guida di nessuno. Spesso se la portava in giro o gli capitava di suonarla insieme ad un ragazzo che aveva appena conosciuto al liceo e che era appassionato delle stesse band che ascoltava lui.

«James, ma ci hai mai pensato a mettere su una band?»

«Eh, sarebbe bello ma, ora come ora, non avrei tempo per starci dietro, e poi siamo in due, abbiamo solo basso e chitarra, la batteria non c'è.»

«Quanto sei pesante, ti crei sempre problemi che non esistono. Vuoi vedere che in tutta la scuola non riusciamo a trovare nessuno che la suoni?»

«Ron, per ora non mi va di far amicizia con altre persone. Suoniamo solo io e te, senza impegno.»

James e Ron avevano legato da pochi mesi, ma si era subito creata una buona intesa tra loro. James lo vedeva come la sua valvola di sfogo dai casini che aveva in testa, gli bastava mettersi a suonare gli Aerosmith con lui per distrarsi completamente. Non era stato molto difficile trovarlo, in quanto, non appena erano stati catapultati nel mondo liceale, erano finiti entrambi tra gli sfaccendati senza un gruppo sociale vero e proprio. Spesso, gli capitava di sentirsi in difetto in quell'ambiente: lui non era nella squadra di football, quindi, automaticamente, non era tra i popolari del liceo; non era nemmeno nei gruppi di teatro dei secchioni o nella banda della scuola, insomma, stava per i fatti suoi e cercava di non pestare i piedi a nessuno. Di conseguenza, non era sempre stato un tipo orgoglioso e irascibile o, perlomeno, aveva sempre cercato di nasconderlo.

Quando sua madre si era ammalata di cancro però, la notizia si era diffusa piuttosto rapidamente. Alcuni gruppi di ragazzi più grandi avevano iniziato a prenderlo di mira dato che, essendo solo, lo consideravano una preda facile. Avevano iniziato con alcune battute sui suoi capelli, sul suo modo di camminare, sui suoi denti. Poi avevano preso ad inventare storie sul suo conto, a cui aveva sempre cercato di non dare troppa importanza, in fondo non gli interessava granché della sua reputazione. Un giorno, però, James aveva superato il limite massimo di sopportazione.

Era l'ora di pranzo e, come era solito fare, prima di recarsi a mensa per incontrare Ron, James era andato al suo armadietto per lasciare dei libri. Mentre era impegnato a svuotare lo zaino, il capitano della squadra di football, insieme a due suoi compagni, si era piazzato alle sue spalle.

«Hey, Hetfield, ti sei aggiustato i denti o vai ancora in giro conciato così? Lo sai, vero, che rimarrai vergine a vita se non segui il mio consiglio?»

James aveva continuato ad ignorarli, come aveva sempre fatto. Quello che gli dicevano non lo aveva mai influenzato più di tanto, aveva problemi ben più seri di cui preoccuparsi. Richiuso l'armadietto, aveva fatto per superarli, ma i ragazzi gli si erano messi davanti, tagliandogli la strada.

Low Man's Lyric // James HetfieldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora