È che siamo soltanto persone sole
Perdute fra la gente.L'unica cosa positiva del turno al bar la mattina era il poter guardare la spiaggia ancora vuota con le prime luci del giorno, nel giro di una mezz'ora quella calma avrebbe cessato di esistere per l'arrivo dei clienti e mi sarebbe stato difficile anche solo avere il tempo di alzare lo sguardo sul mare, quindi ogni mattina mi concedevo qualche minuto di assoluto silenzio per poter racimolare un po' di forze utili per la mattinata.
Azzardo a dire "l'unica cosa positiva" perché quel turno, combinato con il turno la sera precedente, mi aveva permesso di dormire a malapena quattro ore e mezza, il ché comprometteva qualsiasi altra cosa mi circondasse, come ad esempio l'umore di Chicca.
Per lei una delle cose più fastidiose del turno della mattina, sono io. Io che trascino i piedi per costringermi a fare le cose, io che sbuffo, io che sbadiglio, io.
«vuoi fa pure qualche foto o smetti de fissá l'orizzonte e mi aiuti a sistemá sto bancone?»
La serietà del suo tono di voce mi farebbe ridere se non fossero le 6.30 di mattina, ma al momento trovo una certa difficoltà anche a prestare attenzione a quell'orizzonte di cui parla, quindi mi limito a girare lo sguardo verso di lei sistemando la bandana nera che mi tiene indietro i ricci.
La guardo continuare a muoversi come se sapesse che il suo richiamo non sortirà comunque alcun effetto e mi ritrovo a sorridere perché lei è palesemente un nero come me, ma sembra così a suo agio in quel posto che l'unica cosa che mi rimane da fare è aggrapparmi al suo autocontrollo per riuscire a rimanere a galla.
«come fai a sta così tranquilla co le teste de cazzo che girano qua dentro?» chiedo, poggio il fianco al lavabo ed aspetto una risposta da parte sua, come se avesse davvero un segreto per rimanere sana di mente in quella trappola.
«mi basta non giudicare ogni singola persona, sono clienti, non ci devo uscire insieme»Ragionamento sensato effettivamente, ma non un ragionamento che fa per me. Osservare le persone è alla base di ogni mia azione e, di conseguenza, anche giudicarle.
«e soprattutto devi smetterla di rispondere male»
«io non rispondo male»
«il ragazzo di ieri sera direbbe il contrario»Simone.
Questo è quello che penso appena sento quella frase, sposto il peso da un piede all'altro e mi viene spontaneo chiedermi perché ricordo il suo nome, perché di tutto quello che è successo la prima immagine che mi viene in mente sono io suoi occhi marroni abbinati alla camicia bianca, prima che si sporcasse.
«il ragazzo di ieri sera è un cafone» mormoro, è una cosa che credo davvero perché ormai ad essere trattato male lì dentro mi sono abituato, ma questo non significa che non mi ricordi chi lo ha fatto.
«beh, il cafone è una persona mattiniera a quanto pare»Noto lo sguardo di Chicca puntato verso un punto ben preciso e non posso fare a meno di seguirlo, incontrando la tua figura a braccetto con la stessa signora che la sera prima si era mostrata gentile con me. Non ti sei accorto di me, o meglio non te ne sei accorto fino ad ora, probabilmente attirato dal mio sguardo insistente.
Anche la signora mi guarda, ma in un modo diverso dal tuo. Lei mi sorride e quel sorriso amorevole sembra quasi abbinarsi perfettamente con i raggi del sole che stanno spuntando e il mare calmo, tu invece mi guardi e basta.
Mi innervosisce quel muro che sembra esserci dietro ai tuoi occhi, mi impedisce di capire e io odio non capire, quindi faccio l'unica cosa che mi sembra sensata e cioè guardarti allo stesso modo.
«buongiorno! Volete prendere qualcosa?» è la voce di Chicca a rompere il silenzio, ma non rompe il nostro contatto visivo mentre quella che con ogni probabilità è tua nonna, si scomoda a rispondere in modo cordiale.
«un cappuccino non mi dispiacerebbe» dice, ed inevitabilmente ti porta ad avvicinarti al bancone con lei.Noto il costume blu e la maglia bianca che indossi, noto la pelle decisamente troppo chiara per essere a luglio, il che mi fa pensare che queste sono le tue prime giornate di mare, noto che continui a non far trasparire niente dai tuoi occhi e l'unica cosa che mi rimane da fare è studiarti in questo modo.
«e tu, Simone, prendi qualcosa?» chiedo. Per la prima volta la tua espressione muta un po', sembra meravigliata e se tu mi conoscessi lo sarebbe ancora di più perché io non ricordo mai i nomi, o meglio, non mi impegno a ricordarli, ma per il tuo non è servito alcun impegno, semplicemente lo ricordo e basta.
«un caffè» annuisco e mi sposto da davanti a voi distogliendo lo sguardo da te, armeggio con la macchina del caffè e il silenzio mi sembra troppo fastidioso, nonostante sia la cosa che apprezzo di più solitamente.
«la camicia si è smacchiata?» e con una velocità inaspettata arriva la tua risposta alla mia domanda.
«no» mi fermo, non è un tono arrabbiato, è semplicemente piatto, quindi ti guardo di nuovo e so che i tuoi occhi non si sono mai spostati da me, quindi mi basta poco per incrociarli con i miei.
«Manuel caro, non ti preoccupare non valeva molto quella camicia» dice Virginia ed io mi sento costretto a sorriderle.
«Manuel è un mago a smacchiare le camicie, potrebbe provare lui!»Chicca pronuncia quella frase con una naturalezza che mi lascia quasi perplesso, l'ultimo mio pensiero era offrirmi di lavare la camicia ad un riccone viziato e lei lo aveva proposto come se prima ne avessimo realmente discusso. Vedo le tue sopracciglia alzarsi e sembri quasi divertito da questa cosa mentre ti posiziono davanti il caffè bollente, tua nonna invece sembra piacevolmente sorpresa, ma la vedo comunque scuotere la testa.
«oh no non serve, non voglio disturbarti, lavorate già tanto qui» e sarei bugiardo se dicessi di non esser stato felice a sentire quella frase, non per aver declinato l'offerta ma perché era la prima persona che si preoccupava del loro lavoro lì. Mi viene naturale, quindi, scuotere la testa.
«nessun disturbo, potete portarmela oggi a pranzo al ristorante, non vi assicuro niente però» Virginia sorride ed inevitabilmente anche tu abbozzi un sorriso, il primo che vedo sul tuo volto da quando ti ho visto la sera prima e quasi ne sono sorpreso.
«grazie caro, sei davvero gentile» tua nonna si allontana dal bancone camminando verso le sdraio sulla spiaggia e tu non la segui subito, rimani davanti a me con quel sorrisino accennato sul volto che non riesco ad interpretare, per l'ennesima volta.
«grazie, Manuel» dici prima di voltarmi le spalle e il mio sorriso si amplia inevitabilmente perché, nonostante sappia che il tuo è un chiaro riferimento alle mie stesse parole di ieri sera, anziché darmi fastidio mi diverte.Probabilmente il motivo è solo che dopo più di un mese nella stessa routine è arrivato qualcosa, o meglio, qualcuno a scuoterla un po', per quanto irritante e fastidioso sia.
«Simone?» smetto di seguire i tuoi movimenti verso le sdraio solo per guardare Chicca.
«eh, è er nome suo come lo devo chiamá?»
«e te perché te ricordi il nome suo?» chiede divertita e a volte vorrei semplicemente che non mi conoscesse così bene per evitare quelle domande fastidiose che era solita fare.
«perchè l'ho sentito ieri»
«e te lo ricordi» ripete, alzo gli occhi al cielo ed annuisco per far cadere il discorso lì, ma lei non sembra essere d'accordo. «comunque è carino, magari smetti de fa lo scorbutico finalmente»
«a Chí non cominciá che je sto a lavá la camicia solo pe colpa tua e della nonna che è troppo gentile»
«mh, vedemo»E questa volta la conversazione la faccio davvero finire qui uscendo dal bancone per andare a pulire qualcosa tavolo, mi concentro su questi mentre tu, qualche passo più in là, ti sistemi meticolosamente la sdraio. Ti vedo con la coda dell'occhio mentre ti muovi, vedo arrivare vicino a voi anche l'uomo che ieri sera era seduto al vostro tavolo, ti vedo sfilare la maglietta e non mi accorgo nemmeno di non star più guardando con la coda dell'occhio.
La pelle dell'addome è addirittura più chiara di quella delle braccia, pelle che sarebbe in totale contrasto vicino alla mia olivastra.
Come il bianco e il nero.
Si, sei decisamente un bianco.
Forse questa mia riflessione mi porta a guardarti troppo a lungo perché in poco tempo anche il tuoi sguardo si posa su di me, accompagnato da un cenno del capo probabilmente atto a chiedermi cosa volessi. Il perché io ti stia fissando, però, non lo so, quindi mi limito a replicare il tuo stesso gesto facendoti alzare gli occhi al cielo.
Sbuffo una risata divertita perché è così evidente che la mia presenza ti dia fastidio che la cosa migliore da fare per spezzare questa routine in cui sono incastrato, è starti intorno il più possibile e divertirmi a vederti impazzire per questo.
D'altronde che nero sarei a starmene tranquillo.
