Capitolo Quattro.

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Leggere un libro con sottofondo lo stridio dei gabbiani e le urla dei bambini si rivela in modo quasi immediato un’impresa più che impossibile. I duri scogli su cui sono tutti stesi a pancia in giù non sono il massimo della comodità.

A Clelia sembra che le costole stiano per rompersi, così chiude il libro e lo appoggia sul lenzuolo.
Il lenzuolo portato da casa che, in realtà, dovrebbe proteggerla dagli scogli che sembrano sul punto di prendere fuoco sotto di lei, ma non serve a molto dato che ha la pancia e le gambe che supplicano pietà.

Si alza per sgranchirsi un po’ le gambe, avvicinandosi verso il bordo e notando di sottocchio sua madre mettersi in allerta a distanza.

Teme che si butti giù?
Clelia abbassa il viso per osservare le onde schiantarsi con violenza sulla parte bassa degli scogli; le ricordano tanto gli schiaffi dei suoi genitori quando diceva o faceva qualcosa che a loro non stava bene. Quando era piccola capitava quasi tutti i giorni, poi crescendo ha imparato a stare zitta e tenersi tutto dentro, dove a nessuno dava fastidio; infatti lei è convinta che tutte le lentiggini che sono cosparse sul suo corpo- in modo particolare sul viso- siano causate da tutte le sue parole taciute.

È di parole lei ne ha sempre a migliaia.

Svegliatasi dai ricordi, si gira verso sua sorella, convinta che stesse prendendo il sole, ma quando la vede nota che è entrata in una accesa discussione con l’amica di cui Clelia sa di non poter entrare.

Vede Angela gesticolare e muovere le labbra in modo talmente veloce da non permettere a Clelia di leggerle il labiale, Maria ascolta con particolare coinvolgimento le parole dell’amica mentre Lorenzo sposta molteplici volte lo sguardo altrove, disinteressato, come se nulla di ciò che stanno dicendo lo riguardasse.

Clelia sposta nuovamente lo sguardo vero il mare, non sono affari suoi e non dovrebbe spiarli o cercare di leggere il labiale. Molto probabilmente stanno parlando dei serpenti, e se davvero fosse così lei è più che felice di non partecipare a quella disgustosa discussione.

Cavolo. Perché ci pensa ancora? Più non vuole pensarci e più il pensiero si insinua nel suo cervello. Che razza di problemi ha?

Si accomoda nuovamente sul lenzuolo caldo e dà un secondo tentativo al libro; lo apre e legge la prima frase quattro volte senza capire davvero cosa ci sia scritto.

Sospira sconfitta e richiude il libro in un tonfo secco per poi lanciarlo sul tessuto del lenzuolo; si stende facendo una smorfia al sole che le brucia le guance e gli occhi, copre quest’ultimi con un braccio; se non può passare il suo tempo a leggere significa che lo passerà riposando mentre le sue chiappe prendono fuoco sulla pietra.

Sono passati sì e no due minuti quando un’ombra le ripara metà viso dal sole e decide di riaprire gli occhi solo dopo un secondo di troppo.

Si alza mettendosi a sedere, “sì?” alza il viso per vedere meglio Lorenzo che si accomoda affianco a lei, non sa quanto gli convenga, ma lo lascia fare e sorride quando fa una smorfia sofferente e dice: “cavolo, brucia!”

“Ci farai l’abitudine, dopo non lo sentirai più” risponde, anche se non era una domanda.

“Il didietro?” chiede sforzando un sorriso mentre lei ride.

“Il bruciore, ma forse hai ragione tu.”

Entrambi ridono di quel breve scambio di battute e Clelia ammira il suo largo sorriso e gli occhi altrettanto divertiti.

Lorenzo diventa improvvisamente serio e Clelia pagherebbe per ascoltare ancora il suono della sua risata.

“Mi dispiace se prima mia cugina ha parlato in quel modo. È… molto aperta” dice, ritornando sull’argomento che Clelia sta cercando di ignorare.

Il sole oltre le nuvole Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora