Capitolo Dieci

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A Clelia non è mai capitato di essere irrequieta, ma quando capitava, faceva sempre finta di  niente e andava avanti, adesso invece ha solo voglia di scappare lontano, dove nessuno può ascoltare i suoi silenzi.

Le dicono che parla troppo e in realtà ciò che dice è un quarto di ciò che pensa; ma oggi è diverso, oggi ha voglia di spegnere la sua voce, e se possibile anche i suoi pensieri.

Il tratto di strada da casa sua a casa della Signora Esposito non è lungo, ma in questo momento le sembra che per arrivarci ci voglia un’eternità e un giorno, come se il tempo e lo spazio giocassero con i suoi sentimenti, e poi, quando finalmente arriva fuori la sua porta, le sembra che non sia passato nemmeno un paio di secondi. Il tempo è strano, ma la percezione che si ha al riguardo è ancora più strana.

“Piccerella mij, tutt’appost?” la saluta con un gran sorriso la Signora Concetta.

“Buongiorno” dice, ricambiando il sorriso “tutto bene, voi?” le chiede come da routine e lei annuisce gioiosa.
“Questa mattina mamma ci ha messe ad allargare la lana, stavamo buttando il sangue fuori al balcone” dice e la Signora ride.

“Eh lo so, tua madre me l’ha detto. Oggi ti aspe…” si interrompe quando sente qualcuno bussare alla porta e a Clelia sale l’ansia per la frase mezza detta.

Cosa voleva dirle? Forse che le aspetta il peggio che sperava.

Attende in salone il ritorno dell’amica di sua madre e dell’ospite.

La signora Esposito rientra in salone seguita da Elena, Anna e altre due ragazze di cui Clelia non conosce il nome.

“Buongiorno” le saluta educatamente Clelia, loro ricambiano all’unisono.

“Su, non restate in piedi” dice la signora Concetta, invitandole a sedere. “Facciamo una chiacchierata mentre aspettiamo le altre, ho una novità per voi ragazze” dice con grande entusiasmo.

“Quale novità?” chiede Elena.

La Signora Esposito le indica di entrare nella stanza dove lavorano e ognuna si accomoda al proprio posto di lavoro, tranne Clelia.

“Mio marito e io non abbiamo detto nulla a nessuno per non far circolare stupidi pettegolezzi, ma adesso che è tutto pronto ne possiamo parlare” dice con l’emozione negli occhi.
“Gli affari vanno meglio di quanto pensassimo, così abbiamo comprato il piano sopra al nostro negozio a Via Foria, l’appartamento è stato ristrutturato così da creare un unico ambiente per voi e per delle nuove lavoratrici.”

Le ragazze restano a bocca aperta a quella notizia, ovviamente sono felici che lo spazio si allarghi, ma con le spese del nuovo spazio locale, di nuove colleghe e di nuove attrezzature, la paga potrebbe diminuire, e lo stipendio attuale non è di quelli eccezionali.

“E Clelia?” chiede Elena senza guardarla “non ha nemmeno provato a fare un colletto. Ieri si è limitata appena di guardarci.”

“È vero!” conferma Anna, la ragazza seduta affianco a Elena.

Clelia si sente quasi di sprofondare dalla vergogna.

In questo preciso momento, Clelia valuta due possibili opzioni: la prima è quella di urlare con tutta la voce che ha in corpo che quello che dicono non è vero e che dimostrerà di essere capace di poter fare ciò che fanno loro, e anche meglio.

La seconda opzione, invece, è quella di correre verso il tavolo da lavoro di Elena, prendere la sua macchina da cucire e sbattergliela in testa.

Ma pare che tutta la rabbia che aveva ieri sia come in qualche modo scomparsa, e così si ritrova zitta e immobile, non sapendo come comportarsi e cosa dire per difendersi.

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