Capitolo Otto

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Il suono di quella  voce mentre pronuncia il suo nome le è estraneo. Clelia resta immobile con lo sguardo fisso su di lui, mentre il sorriso sicuro di Andrea va a scemare.

Si aspettava che avrebbe saltato dalla gioia come quando era piccola?

Cosa ci fa qui? Pensa subito lei.

Non vede suo fratello maggiore da tre o quattro anni, e adesso che il suo viso è a qualche centimetro di distanza dal suo, sembra quasi uno scherzo di cattivo gusto. Senza volerlo, le riaffiora alla mente l’ultima volta che è stato in questa casa.

Clelia aveva all’incirca tredici anni quando venne a trovarli.

Aveva fatto un casino a lavoro, ma tradotto, valeva a dire che aveva fallito in un suo tentativo di taccheggiare una povera signora fuori dalla banca, quindi gli servivano dei soldi il prima possibile dato che si era infilato in loschi affari con dei criminali del luogo dove abitava o abita tutt’ora.

Ciro, il padre, gli urlò contro le peggiori accuse e dopo essersi sfogato della contorta natura di suo figlio, si accordò con sua moglie di potergli offrire solo ottomila lire e che avrebbe potuto trattenersi per una settimana o più, affermando che questa sarebbe stata sempre anche casa sua.

Andrea accettò i soldi e l’offerta di restare, proponendo di dare una mano in casa o di trovare un lavoretto.

Il giorno seguente, mentre Clelia e sua madre uscirono per fare la spesa e Maria, Vincenzo e Giuseppe erano a lavoro così come anche suo padre, Andrea rimase in casa da solo e nel frattempo della loro assenza, svuotò i materassi e le federe dei cuscini dalla lana di pecora che i loro genitori avevano pagato con un occhio della testa ciascuno, in più riuscì a scoprire dove il padre teneva tutti i suoi risparmi e rubò altre duemila lire.

Quando Clelia e sua madre tornarono a casa, la ragazza dovette prendere la cesta delle uova dalle mani della madre prima che la facesse cadere per terra per lo shock.

Fortunatamente Andrea non prese tutti i soldi e così riuscirono ad arrangiarsi con il poco denaro rimasto a loro disposizione; lavorarono tutti il doppio e anche sottopagati, fecero tutti a meno del cibo sfarzoso e dei regali di natale e di tutte le altre festività, compresi i compleanni, per due anni di seguito.

Clelia non è mai riuscita a odiare su fratello per tutto ciò che ha tolto alla sua stessa famiglia, questo lo sa con certezza, ma il sentimento che provò in quel momento si avvicinava molto all’odio, ma forse si confondeva con la rabbia e la frustrazione. Oppure l’impotenza.

“Clelia, chi è?” sente dire a suo fratello Vincenzo, ma la sente come una voce lontana, perché quella che la risveglia davvero, è invece la voce di Andrea.

“Non mi lasci entrare, sorellina?” dice, e non si spiega perché le sembra di aver appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso.

Si sposta esitante dall’ingresso per farlo passare e lui la supera varcando il beve ingresso per entrare nella sala da pranzo e sente un sussulto di sorpresa generale tra i suoi fratelli e sua sorella.

“Cosa ci fai qui?” chiede Giuseppe con ferocia, alzandosi violentemente dalla sedia che fa cadere a terra con un tonfo.

“Calmati Giusè” lo ammonisce sua madre. Lui non distoglie i suoi occhi marroni che bruciano furiosi sul fratello maggiore, immobile sull’uscio e con espressione seria.

“Sei qui per rubare o chiedere altri soldi? Non che abbia importanza per te, giusto?” lo provoca Maria con ira controllata nella sua voce ma non nel suo sguardo.

“Marì, e nun accumencià pur tu” dice suo padre con uno sbuffo  stufato, difendendo il suo figlio prediletto.

Lo stesso figlio che aveva rischiato di farli morire tutti di fame per colpa della sua avidità, dopo che le cose stavano iniziando ad andare bene in seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

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