6 - La magia dell'inverno

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Giorno ottantacinque

Cleo

It's the first day I'm home
And the second I pulled in my driveway
I know that there's three little words that I want you to hear
But I back out each winter each year
It's the fourth day I'm home
And I've walked past your house at least five times, I know
That there's only six seconds till you see my reflection
In your window alone, out in the cold

«Stasera guardiamo un bel classico di Natale, ti va?» disse mamma mentre appoggiavo l'accendino laccato di verde allo stoppino annerito di una grossa candela rossa, incastrata in una giara di vetro con un motivo a fiocchi di neve. Il combustibile all'interno dell'oggetto bruciò e liberò una fiammella, che vibrò nell'aria calda e si fermò sulla candela, la quale stava lentamente iniziando ad ammorbidirsi. 

«Certo, perché no» risposi, togliendo le cuffiette dalle orecchie. Da ormai un mese ascoltavo grandi classici e rivisitazioni natalizie, senza però mai riuscire a tirarmi su il morale. Non ne avevo davvero voglia, in realtà. Da quando Alex era andato, non avevo voglia di nulla. Era entrato all'improvviso a far parte della mia vita, e poi era andato via, effimero come era arrivato. 

Mamma conosceva soltanto parte della storia. Sapeva che l'avevo conosciuto in libreria, ma non lo aveva mai incontrato né era mai stata curiosa al riguardo. Per lei era stato soltanto l'ennesimo e inutile tentativo di stare al passo coi miei coetanei, che fanno amicizia, si innamorano, si mettono insieme e vanno al cinema il sabato sera. Per me, invece, era stato l'inizio di quella che sarebbe potuta essere un'amicizia speciale, vera. Un legame che era stato troncato prima ancora che si stabilizzasse, come il filo porpora di un gomitolo di cotone tagliato bruscamente durante un ricamo.

Dopo aver ricevuto la lettera nella quale si scusava per quel cambiamento e suggeriva qualche indizio per trovarlo, avevamo provato a scriverci qualche mail ed iniziare una lenta e impacciata corrispondenza, che però non aveva mai spiccato il volo. I racconti delle nostre letture non erano altro che noiosi resoconti di avventure che non avremmo mai vissuto davvero, i consigli sulla sua ubicazione, tentativi velati di trovarci - o forse, di farmi credere che volesse vedermi. 

«Propongo Mamma ho perso l'aereo, non c'è film migliore da vedere durante la notte della Vigilia» continuò imperterrita lei, rimestando le lenticchie che gorgogliavano all'interno del pentolone, che troneggiava luccicante sui fornelli. «Prima di cenare, potresti controllare la cassetta della posta? Oggi mi è sembrato ci fosse qualcosa.»

Annuii svogliatamente e mi precipitai per le scale, avvolgendomi nella sciarpa di lana marrone. Fuori, un leggero quanto fastidioso nevischio punteggiava l'aria fredda della sera dicembrina, depositandosi sui tetti delle automobili parcheggiate e creando piccole collinette che i bambini si divertivano a calpestare, imprimendoci la loro impronta. Dalle cuffie con il filo, intrecciate sul mio maglione verde salvia, giungeva la voce delicata di una canzone natalizia quanto mai vera.

I'll make my last memory, one I won't remember
Get messed up on Christmas 'til the end of December
I think that's much better
To forget it forever

Sospirai, pensando che non ci sarebbe stato nessun ultimo ricordo. E quando aprii il cancello e uscii sul marciapiede, lo vidi. 

Era là, sotto la neve che gli turbinava intorno, il cappuccio del parka verde calcato sui ricci ribelli e lo sguardo basso, con un involucro dalla sgargiante carta natalizia stretto al petto. Fissai lo sguardo su di lui, come se potesse essere portato via dalla brezza, come se potesse scomparire all'improvviso come era già successo. 

Alzò lo sguardo, il mondo vorticò su se stesso e in un istante i satelliti si fermarono. Il cosmo intero stava seguendo quella scena.

«Alex?» mormorai indicandolo, come una bambina che stenta a credere di avere appena visto Babbo Natale in persona.

Fece un passo verso di me, poi un altro e un altro ancora, infine si fermò. 

«Mi dispiace», disse soltanto. 

Poi successe tutto velocemente. Il pacchetto gli scivolò dalle mani e cadde al suolo con un tonfo ovattato, alzando una brina leggera. Si avvicinò e mi abbracciò, e in quel tepore familiare, in quel calore piacevole di lana e shampoo al cedro, tornai a sentirmi bene. In quel momento, nient'altro aveva importanza. Avrei potuto fargli qualsiasi altra domanda più tardi.
I pianeti ricominciarono il loro corso, il Sole illuminò le tenebre e le stelle tornarono a brillare. Allora era questa, la magia d'inverno.

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