Il giorno più importante della mia vita? Penso quando la incontrai.
Era passato un anno dalla mia scarcerazione. Dopo che la mia sorellastra aveva finalmente confessato di avermi incastrato con il falso crimine di stupro. Avevo passato tre anni d'inferno, ma in quelle fiamme fui temprato. Non tornai mai a casa, non potevo sopportare di vedere mio padre, la mia matrigna, e soprattutto la mia sorellastra. Per un po' mi ospitò Mike, ormai eravamo quasi come fratelli, conosciuti in carcere, lui aveva ucciso un uomo per vendicare il fratello. Ma la mia vera casa erano i monti attorno alla città. Li potevo stare solo e pensare... pensare a tutto e a niente. Pensare a cosa avrei fatto in futuro, al volo intermittente di una cincia, alla mia fedina penale eternamente sporca, al cervo che mi passava accanto nel bosco. Ogni tanto tornavo in città. Aiutavo Mike con la palestra e lui mi dava qualche soldo, una doccia gratis e qualche vestito.
Fu in una di quelle occasioni che la vidi per la prima volta. Fu come se la mia vista si concentrasse in un punto, non ho idea di cosa mi accadde, sta di fatto che quella figura attirò subito la mia attenzione. Era quasi inverno, quindi passavo più tempo alla palestra per evitare di lavarmi nei torrenti gelidi, e una sera la vidi passare di fronte a me, dall'altro lato della strada: giacca in pelle nera, maglietta scura, gonna corta nera, stivaletti neri. I suoi capelli d'ossidiana danzavano ritmicamente cadendo in una cascata mossa color inchiostro fino a metà schiena. La sua pelle un po' pallida contrastava con il suo look scuro. Per un attimo le vidi gli occhi: due pozzi scuri ed ipnotici. Di lei mi stupì il suo "enturage": cinque dobermann, tenuti al guinzaglio e perfettamente controllati dalla padrona. Parevano bodyguard esperti, e in un certo senso, lo erano. Altra cosa particolare erano i vestiti di ottima fattura, quella zona della città non era abitata da persone con alta stabilità economica. Gli alti palazzoni popolari incombevano in ogni angolo, quasi schiacciandoti sotto il loro sguardo.
Vidi passare la ragazza quasi tutte le sere, sempre verso le quattro. Tornava indietro un paio di ore dopo, sempre seguita dalla fedele muta di cani. Tuttavia un giorno non fu così. Ero seduto sulla panchina di fronte alla palestra, dopo aver finito di tirare qualche colpo di box con Mike ed averlo aiutato a rimettere in ordine. Nonostante il freddo indossavo una canottiera leggera con sopra una felpa aperta, dei jeans scoloriti ed i miei fidati scarponcini. Stavo bevendo dalla borraccia quando la vidi tornare indietro, visto che mi ero perso la sua andata, mi stupii vederla tornare così tardi, il sole ormai tramontato da quasi un'ora. E soprattutto era senza i suoi cani, la osservai procedere a passo spedito, aveva fretta di tornare a casa, ed io non potevo certo biasimarla. Aveva lo stesso outfit del primo giorno che l'avevo vista. Non c'erano altre persone in strada, a parte un uomo sull'altro lato, seduto su una panchina, aveva un aspetto sciatto ma non fu il mio campanello d'allarme, eravamo pur sempre nella zona povera della città. A farmi scattare fu cosa fece dopo la ragazza gli passò davanti: attese qualche secondo, e si alzò, andando nella sua stessa direzione. Quando passi tre anni in carcere, riesci a leggere piuttosto bene le persone, devi riuscirci, se vuoi cavartela. E quell'uomo aveva una gestualità che avevo visto sin troppe volte. Lasciai il mio zaino a Mike.
"scusa, torno subito"
Lui mi guardò un secondo confuso, ma io non stetti ad argomentare. A passo di marcia mi incamminai in strada e seguii l'uomo. Camminammo per qualche minuto, poi successe. L'uomo si avvicinò alla ragazza, e, con una rapida mossa, la agguantò e la trascinò in un vicolo.
"merda"
Mi avvicinai in silenzio, dentro al vicolo, l'uomo aveva tappato la bocca alla ragazza ed era girato di schiena. La giovane stava provando a liberarsi senza successo. Io approcciai i due camminando lentamente, presi bene la mira, la nuca dell'uomo era ben visibile sopra il colletto del giubbotto in jeans, probabilmente stava tentando di far perdere i sensi alla ragazza. Caricai il colpo, ed in un istante il mio palmo centrò il bersaglio con un sonoro "wack!" l'uomo cadde svenuto. La ragazza mi guardò con gli occhi sgranati. Ed io feci lo stesso. Rimanemmo immobili. Poi qualcosa mi fece voltare di scatto, altri due uomini si erano appostati all'entrata del vicolo, si stavano avvicinando minacciosi, io mi preparai a combattere, come nelle risse carcerarie. Quello a destra si avventò su di me facendo dardeggiare un coltello in un pericoloso affondo. Lo schivai e procedetti con una semplice combinazione: due jeb ed un destro, che andarono tutti a segno. Terminai con un montante e l'uomo cadde a terra. Il secondo stava per agire, ma io gli sferrai un poderoso calcio allo stinco sinistro, facendolo cadere in avanti e portando la sua testa in traiettoria del mio ginocchio, che non tardai a schiantare sulla sua faccia. Tutto ciò accadde in pochi istanti. Mi guardai le mani, le nocche erano arrossate, mi ero dimenticato una delle regole delle lotte di strada, se colpisci al volto, usa il palmo. Sentii una pressione sulla spalla destra. Per poco non mi misi di nuovo in assetto da lotta, ma era solo la ragazza. Guardava davanti a se con lo sguardo perso nel vuoto.
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STRAPPASTORIE
Krótkie Opowiadaniauna raccolta di racconti brevi scritti in occasione de " gli strappastorie" una serie di live su twitch nel quale io ed alcuni amici discutiamo di letteratura e libri, ponendoci l'obbiettivo di scrivere un nuovo testo ogni settimana