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«𝐘𝐨𝐮 𝐟𝐞𝐞𝐥 𝐚 𝐟𝐨𝐨𝐥, 𝐲𝐨𝐮'𝐫𝐞 𝐛𝐚𝐜𝐤 𝐚𝐭 𝐢𝐭 𝐚𝐠𝐚𝐢𝐧.»

Frizione. Prima marcia. Acceleratore. Frizione.

La cosa più semplice del mondo, diventa la più difficile quando ci sono gli occhi di chi più ami ad osservarti. Occhi pronti a guidarti, correggerti e fulminarti al primo accenno di errore. La perfezione non esiste, tutti noi abbiamo difetti e lati del nostro carattere capaci di mettere a dura prova anche i nervi più saldi che conosciamo. La perfezione non esiste, ma in qualche assurdo modo si tende ad essere perfetti per alcune persone. Il più delle volte sono quegli stessi occhi che ti giudicano perfetta, che non vedono le tue imperfezioni, le tue debolezze, i tuoi sbagli. Forse è solo grazie a quegli occhi che alla fine ci convinciamo anche noi di essere perfetti. Quando nella realtà dei fatti... la perfezione non esiste.

Come soggetti primari di noi stessi, tendiamo a svalutarci sotto ogni aspetto, che questo sia fisico o psicofisico. Alle volte anche in entrambi i casi. Sbagli? Sei un fallito. Fai bene? Potevi fare meglio. Non c'è una via di mezzo fra le due cose, il sentimento emotivo che si scatena non è paragonabile al sentimento che esplode quando, anche se sbagliato, gli occhi di chi ami non vedono l'errore.

È un po' come avere un'arma a doppio taglio: sai che gli occhi di quella persona vedono la realtà – anche se velatamente – e quindi ti aggrappi con tutto te stesso all'incoraggiamento che ti viene fornito da un solo e singolo sguardo d'amore. Finché non ti rendi conto che è tutta solo finzione. Una finzione dettata da un sentimento viscerale... l'amore.

Quello è l'esatto momento in cui si crolla. Perché ci si rende conto che, nella realtà, siamo esseri umani forgiati su sbagli che occhi troppo impegnati ad amarci non vedono.

Dovrebbe funzionare al contrario, forse. Gli occhi che ci amano dovrebbero indurci a capire lo sbaglio, ricominciare e spronarci a fare meglio. Certo, la verità fa male, specialmente se questa viene detta da chi più si ama. Ma la verità aiuta, e, ascoltarla da una voce amata, vederla dentro gli occhi di chi ti conosce meglio di chiunque altro, è certamente migliore del doversi scontrare con il viso di chi parla per ferire. Senza sentimenti non è più verità o realizzazione, è solo cattiveria. Ed è lì che ci si dice: hai fatto male, sei un fallito. È lì che non c'è più rimedio.

Perché le parole feriscono, ti lasciano un segno, e la cosa più semplice del mondo diventa inevitabilmente la cosa più difficile.

Sapevo per certo di non volere che quegli stessi occhi mi giudicassero all'altezza di una situazione che non ero per niente in grado di gestire. Il sangue fraterno ti spinge a dare il massimo, ci si ritrova a varcare la soglia del tempo, ma all'indietro. Si torna bambini, si prova a stupire il proprio fratello, e nella migliore delle ipotesi si sbaglia e lui continuerà comunque a portarti sulle spalle come uno dei suoi trofei... quello più prezioso, quello laccato d'oro.

E non volevo che fosse così.

Io volevo la sua lealtà. Volevo i suoi insegnamenti. Le sue occhiatacce. I suoi sbuffi presuntuosi. Volevo vedere le sue gambe tremare e i suoi piedi ticchettare nervosamente contro i tappetini impeccabili della Cougar. Volevo vedere la sua mascella contrarsi per l'esasperazione. Il suo viso diventare rosso, dello stesso colore della miglior specie di pomodori coltivati in giardino da nostra nonna. Volevo che lui vedesse l'errore e che me lo facesse notare. Non volevo che lo camuffasse con gentilezza né che si trattenesse dallo sbottare.

Ma Travis era tutto quello ed era anche un amore di fratello. Un fratello dagli occhi puri come un cielo privo di nuvole, occhi disposti a non vedere l'errore... anche quando l'errore ce l'avevano davanti.

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