Prologo

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"Lo avevo visto, nei suoi occhi: non era ciò che avrebbe voluto. Eppure stava in silenzio, mi guardava, tremava, ma stava in silenzio. «Hai intenzione di andare via così? Dopo tutto quello che siamo stati, tu te ne vai via così, senza nemmeno una scusa?» Era il minimo che mi meritassi, una scusa, anche banale: che senso aveva dire la verità, la sapevo la verità. «Che scusa potrei inventarmi se mi guardi così? Non è giusto, ti rispetto troppo per trovare stupide giustificazioni Litz» disse mettendo le mani in tasca, come se non sapessi che quello era il suo modo per evitare di piangere davanti a me. «Rispetto, Jake? Vuoi davvero parlare di rispetto?» domandai con un mezzo ghigno di sfida, abbassò il capo. «No, non voglio farlo» sussurrò, sospirai. «Vorrei solo...sì, vorrei solo sapere perché lei. Cosa ha lei che io non posso darti? Perché proprio lei?» riuscii a sputare fuori quella domanda che mi stava tormentando da mesi, dalla primissima fotografia giustificata. Jake sussultò, tirò fuori il pacchetto di sigarette e ne mise una bocca: perché ormai era l'attesa a tenerci ancora a galla. «Non amerò mai nessuno quanto amo te, lo sai vero Litz?» domandò retorico, inghiottii il pianto che ora pesava quanto un macigno. «Perché lei, Jake?» chiesi ancora, dietro la nuvola di fumo di Jake che ancora fumava come un ragazzino. «Rimarrai il paragone con il quale si dovranno scontrare tutte» «Jake, rispondi alla domanda» insistetti, soffiò altro fumo e, finalmente, rispose: «Perché con lei è più facile.» Il macigno divenne d'un tratto più pesante di tutto il mio mondo e cascò per terra, lungo le gambe molli, oltre i piedi che non avevano mai smesso di reggermi, fino ad ora. Cadde, bucò l'asfalto e mi trascinò giù con sé: ero davanti a lui, ma allo stesso tempo non c'ero. Stava parlando? Diceva qualcosa a me? Non lo sentivo. Più facile, come se io fossi qualcosa da portare sulle spalle, un...peso. «Litz?» domandò piano, preoccupato. Preoccupato di cosa? Mi aveva appena ucciso. «Ti auguro una vita sempre così, Jake, facile, senza pensieri, preoccupazioni o sforzi. Davvero: che tutto ti possa cadere dal cielo e che tu sia sempre lì con le braccia aperte. E se dovessi mai annoiarti, spero vivamente che questo ti faccia sentire inutile, banale, allo stesso modo di come hai voluto sintetizzare ciò che siamo stati.» Lo avevo detto, avevo vomitato fuori tutto il veleno che mi stringeva lo stomaco, senza versare una lacrima: non gli avrei mai fatto questo regalo, non avrebbe mai più visto nessun'altra parte di me, se non quella del muro che aveva voluto mettere tra di noi. Nessuno lo avrebbe fatto, non mi sarei mostrata davvero con nessun altro: nessuno avrebbe più avuto il potere di farmi così male.

La macchina dai vetri oscurati accostò a fianco a noi e io sapevo che era lei. «Io...» tentò di parlare, lo fermai. «Non fare aspettare Olivia, Jake, si potrebbe complicare la vostra relazione» ironizzai. Lanciò la sigaretta con un cricco. «Potrai contare sempre su di me, Litz» sussurrò, scossi il capo: «Non lo farò» dissi. Si avvicinò a me, feci un passo indietro. «Vattene» graccahiai, abbassò il capo e mi parve di vederlo piangere, ma forse era solo un'allucinazione, ciò che io volevo vedere. Salì nell'auto sotto il mio sguardo duro, impassibile e fui così fiera di me che, appena l'auto girò l'angolo, mi concessi di piangere via tutto il male che avevo provato cadendo giù dietro al macigno. Piansi così forte che sentii la voce rompersi e scivolare via, insieme ad ogni ricordo di lui in questi ultimi dieci anni di vita. Ogni sorriso, abbraccio, bacio, litigata finita sotto le coperte. Quell'amore che mi aveva scaldato nei momenti grigi di solitudine e la passione che mi faceva pulsare il sangue nelle vene. Tutto venne trascinato via dalle lacrime, sciogliendo il nodo che avevamo stretto al primo sguardo.

Eppure... tutto questo non servì a sciogliere la colla.

Perché la verità era in quel grosso strato di colla che avevamo steso tra di noi, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo. Non mi sarei mai allontanata veramente da lui, come lui da me: Jake ed io eravamo attaccati l'uno all'altra e lo saremmo stati per sempre."

Girai la pagina, ringraziamenti, conclusioni tratte con superficialità e niente più. Era finito, il libro era finito così. Che razza di persona scriveva un libro con un finale così meschino? Che cosa era successo dopo? Non poteva davvero andare in questo modo, dannazione, che morale dovevo trarne? Se non trovavo il lieto fine in un libro, come avrei potuto trovarlo nella realtà? Lanciai il libro per terra, per poi raccoglierlo subito dopo, accarezzando la copertina con la scritta "Stuck on you" in rosso, sfogliando le prime pagine, con la dedica che ora aveva un altro significato: "Te lo dedico questo libro, H., così che vivremmo per sempre". Era reale, tutto quello che c'era scritto era la vita di qualcuno, lo stesso qualcuno che non si era firmato e del quale non c'era traccia da nessuna parte. Aveva lasciato solo una lettera: H. Ed era proprio quello il primo indizio.

Scorsi le pagine tra le dita fino ai ringraziamenti. Altri nomi puntati, frasi filosofiche ispirate ed eccolo lì: c'era solo un nome scritto per intero. "Grazie Olivia per avermi insegnato quanto sia facile perdere tutto: se non fosse stato per te non avrei mai conosciuto la mia forza." Chiusi il libro e alzai il volume della televisione, lasciata sui canali di musica.

Answer the phone

"Harry, you're no good alone

Why are you sittin' at home on the floor?

What kind of pills are you on?"

Avrei trovato le mie risposte, in un modo o nell'altro.

Stuck on You [hs] ~ COMPLETA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora