14. Rivelazioni scioccanti per due complici in tuta arancione.

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"Se ami una persona lasciala libera, se non te ne frega un cazzo, poi, augurale buon viaggio a quel paese."

Harry Styles.


Eravamo riusciti ad entrare dal retro in albergo, nonostante fossi sicuro di essere stato riconosciuto almeno da un paio di ragazze e sì, dovevo ammettere che avevo di proposito incentivato Becca a baciarmi, sapendo dei telefoni puntati su di noi. D'altra parte lei aveva detto pubblicamente quella cosa sul prendersi cura di me, mi sembrava carino o quanto meno cortese, da parte mia, assecondarla, no? Il mio bacio improvvisato in mezzo alla strada aveva fatto ridere Jeff, di gusto anche, ma la sua risata cessò nell'istante in cui arrivammo nella hall dell'albergo, particolarmente in subbuglio dalla scenata di un tipo in giacca e cravatta di un completo triste che sicuramente non valorizzava la sua corpulenza nella statura decisamente inferiore alla media. «Rebecca Grandi, dannazione, non mi sembra così difficile!» Anche la voce era sgradevole. «Meno uno» commentò Becca, scrollando le spalle. «Seriamente, Bimba? Lui?» chiesi divertito dalla sua espressione di disgusto. Alzò gli occhi al cielo, dandomi un pizzicotto sul fianco. «Non me lo sono mica scelta io, quando lo faccio, mi prendo il meglio» commentò divertita facendomi l'occhiolino. Mi leccai le labbra, guardando le sue aperte nel familiare sorrisetto malizioso che mi accompagnava da oltre dieci anni, immaginando come si sarebbe evoluto. Non mi sorpresi di sentirla addosso, infatti: la sua mano in una carezza lungo il mio corpo, il suo seno spinto sul braccio e il suo profumo afrodisiaco già sulla pelle. Mi sfiorò la guancia con il naso, lasciando un bacio umido sull'angolo della bocca. «Becca, questa cosa finirà molto male» sussurrai, lei ridacchiò sul mio viso: «Cazzo Harry, non vedo l'ora» affermò, prolungando la carezza oltre l'addome, fino all'elastico della tuta e, come se non bastasse, iniziò a mordicchiarmi il mento e poco sotto. Non riuscii ad evitare di stringere la mano sul suo culo, in un davvero grosso sospiro di rassegnazione. «Jeff, ti prego, liberaci da quel cretino il prima possibile» affermai a voce forse un po' troppo più alta di quel che pensassi, dal momento che ora le attenzioni di tutti erano su di noi. «Ottimo» ringhiò Josh dal bancone, raggiungendoci in due falcate per trascinare Becca via da me con uno strattone, «Vedi: Rebecca Grandi, in carne ed ossa: era così difficile?» sospirò, poi si girò verso Becca: «Andiamo, ti porto a casa, così magari metti la testa a posto.» Non aveva proprio capito un cazzo. Mi avvicinai con un grosso cipiglio sul viso, a passo svelto e a muso duro, ma Becca mi fece segno di fermarmi, le diedi retta. «Ciao Josh, potrei dire che è un piacere vederti, ma non mi sento di dire le bugie, non quando ci sono quei signori seduti nelle poltroncine, là, li vedi? Stanno lì da quando siamo arrivati in questo hotel, avanti, so che puoi arrivarci da solo» disse con finta dolcezza, liberandosi dalla presa e ricomponendosi. Josh si schiarì la voce, sistemando il nodo della cravatta. «Bravo, hai capito, scommetto che non vuoi leggere ovunque il tuo nome associato a quel brutto ceffo scortato fuori dalla sicurezza di Harry Styles» aggiunse civetta, spostandosi tranquillamente verso di me, rimanendo tuttavia trattenuta, di nuovo, dalla sua presa. «Non giocare con me, Rebecca, non hai idea di cosa sono in grado di scatenare» disse il gentleman tra i denti, tirai Becca a me ringhiandogli contro. «A cuccia» commentò piano Becca, trattenendo la risata, la guardai con un sopracciglio alzato, in tutta risposta mi fece un altro occhiolino. «Andiamo a parlare in un posto un po' più appartato» si mise in mezzo Jeff. Letteralmente in mezzo, tra Josh e noi, accompagnandoci all'ascensore. Rimasi perplesso in un primo momento, notando Jeff premere il pulsante del nostro piano, ma oltrepassò la nostra camera e aprì la porta a fianco: una suite identica alla mia, si trattava bene il mio manager. «Non fare il taccagno, Styles» sussurrò leggendomi nel pensiero guadagnandosi un elegante dito medio. Josh si schiarì la voce, attirando l'attenzione di tutti per poi partire in quarta: «Non capisco per quale motivo siamo qui, a parlare di cosa poi: ho un contratto firmato da lei» disse, Becca si sedette zitta zitta su uno dei divani, guardandomi in attesa che facessi lo stesso. Lo feci, sistemandomi proprio a fianco a lei. Jeff accompagnò Josh a fare lo stesso, di fronte a noi. «Non mi sembra, più che altro direi che hai un accordo» lo corresse, accomodandosi nella poltrona tra i due divani. Josh ridacchiò, incrociando le braccia al petto: «Sono un avvocato» «Infatti, non un notaio» continuò a correggerlo. Josh scosse il capo, rivolgendosi direttamente verso Becca: «Hai idea di che cosa succederebbe se non stai ai patti?» «Uhm, che due bambini ghanesi potranno aspirare ad avere due genitori adottivi migliori?» domandò sarcastica lei, le baciai il dorso della mano. «Mi occuperò io di questo, finanzio annualmente un'associazione apposta» commentai, lei mi sorrise, cambiando totalmente espressione tornando a guardare Josh. «Vedi?» chiese retorica, lui sogghignò: «Perché tu pensi ancora che siano i bambini il problema? Non esistono nemmeno quei bambini, Rebecca. Cazzo, ti facevo più sveglia ed intelligente di così.» Becca corrugò lo sguardo, mi resi conto che stavo facendo lo stesso, guardando Jeff che invece era impassibile.
«Che...che cosa vuol dire, Josh?» domandò titubante Becca, accrescendo il sorrisetto malato dell'avvocato. «Che i tuoi stupidi genitori finiranno dentro, piccola. E indovina? Tutti i loro conti segreti alle Cayman con quei preziosi soldi sporchi, fatti sulle tragedie degli allocchi che hanno creduto alla merda venduta come miracolo, tutto Rebecca, finirà nelle mie tasche, se non metti la testa a posto. Cosa diranno poi i tuoi zii, ci hai pensato? Si aspettano di mettere tuo marito al tavolo dei soci dell'azienda, hanno puntato su di te, su di noi
Non riuscivo a capire se mi facesse più innervosire i suoi modi boriosi e sgarbati di parlare o quel noi, ma tutto questo non era così importante, non dopo tutto quello che aveva detto. Potevo quasi sentire l'ultimo pezzo di speranza dentro il petto di Becca sgretolare via, lungo la strada del te lo avevo detto di quella ragazzina sbattuta su un aereo per non essere tra i piedi dei propri genitori. E pensai al modo peggiore per aiutarla a prendersi una piccola soddisfazione, se solo avessi avuto potere in questa cazzo di storia.
«Io...non...lo...so» Becca boccheggiò, mi girai a guardarla: smarrita, con gli occhi lucidi e sgranati, guardava Josh sogghignare. Lei immobile, tratteneva il pianto per non dargli la soddisfazione di averla schiacciata, ma io conoscevo quello sguardo e voleva dire solo una cosa: la stavo perdendo, di nuovo. Appoggiai le mani sul ginocchio, che non aveva smesso di far muovere la gamba, tamburellando sul pavimento, da quando aveva iniziato a parlare e capii che quello era l'unico movimento che riusciva ad evadere dalla mia paralisi di impotenza, soprattutto quando Josh la tirò a sé dalla giacca, imponendole un bacio a sfregio, unicamente per rimarcare il senso di potere che la situazione gli permetteva di pavoneggiare.
«Ti do 48 ore, piccola, saluta il tuo amichetto e prepara le tue cose. Starai attaccata a me fino a quando lo deciderò io» le disse ad un colpo dal naso, lasciandola ricadere sul divano nel limite di una crisi di pianto, prima di uscire dalla stanza, lasciando il silenzio come vero ed unico protagonista del momento. «Bleah.» Più o meno l'unico. Mi girai verso Becca che ora stava...sorridendo? Scosse le spalle, prendendo un fazzoletto dalla scatola dei kleenex sul tavolino, per pulirsi la bocca: «Ho bisogno di alcol per disinfettare subito la mia povera bocca» disse lei seguendo Jeff camminare verso l'angolo del frigobar. Le porse una mini vodka da viaggio, prendendone una di rum per sé. «Bene, brava Becca: ottima performance, abbiamo tutto quello che ci serve» affermò Jeff scoccando la bottiglietta nella sua. Becca sorrise, facendo un piccolo inchino, poi diede un sorso alla mini vodka. Mi alzai dal divano andandogli incontro. «Ma che diavolo? Jeff, anche il frigobar?» chiesi non capendo più nulla. «Un perfetto taccagno montato, sicura che lo vuoi, Becca?» commentò divertito Jeff, continuando a bere indisturbato. Becca ridacchiò, scuotendo il capo prima di avvicinarsi a me: «Ci metto esattamente quindici minuti per farmi una doccia e darmi una sistemata come si deve. Mi hai fatto una promessa prima, Harry, mi aspetto che tu la mantenga. Ripetutamente» sussurrò con un accenno di bacio sulle labbra, seguito da un più incisivo morso al labbro inferiore, lasciandomi poi in piedi come un allocco con la mini vodka, guardandola sculettare via, oltre la porta comunicante con la nostra camera.
«Chiudi la bocca Harry, ti vedo le tonsille» ironizzò Jeff, guardandomi divertito. Lo fulminai. «Mi spieghi che cazzo è appena successo?» «La tua ragazza recita meglio di te, Harry» rispose tranquillamente, finendo la bottiglietta in un ultimo sorso. Corrugai lo sguardo: «Sapevate tutto?» chiesi, annuì recuperando una piccola videocamera nascosta sugli scaffali, puntata verso i divanetti dove eravamo stati seduti poco prima. «Harry, tesoruccio caro, quante volte ti ho detto di pensare al tuo lavoro che al resto ci penso io?» Non dissi nulla, dandogli un più che meritato pugno sulla spalla: «Questo è per quella cosa della recitazione. E per il taccagno» affermai, ridacchiò, sbottonando i primi bottoni della camicia con un grosso sospiro di sollievo. Lo fissai, in attesa che dicesse qualcosa, ma continuò a farsi i fatti suoi, togliendosi le scarpe dai talloni e accendendo la tv. Spazientito, con le mani sui fianchi, attirai nuovamente la sua attenzione: «Che cosa devo fare ora, Mister Oracolo dalle mani bucate?» Jeff sospirò, stiracchiandosi. «Hai 48 ore per goderti la quiete con la tua ragazza, poi prepareremo la perfetta tempesta, sbarazzandoci di quel coglione. E della strega Olivia.» iniziò, facendo zapping sulla tv e non mi importò di nient'altro, girai i tacchi, andando verso la porta, non curandomi di ascoltare altro. «Dio santo Harry, aspetta almeno che abbia finito di parlare» borbottò guardandomi sbuffare sulla porta: «Hai sentito anche tu cosa ha detto, no? Ho ancora dieci minuti per sorprenderla dentro la doccia. Ah, metti i tappi Jeff, è uno spettacolo privato.»

Stuck on You [hs] ~ COMPLETA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora