10. Prima di te, solo il vuoto

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Nathan

Dopo la patetica scenata avuta con Trey e, cosa ancora peggiore, la mia uscita infelice nei confronti di Trisha mi ero sentito improvvisamente vuoto. O meglio, lo sguardo che mi aveva rivolto lei da dietro lo spesso vetro del finestrino, mi aveva fatto provare una brutta sensazione. Era come se intorno a me si fosse creato un enorme buco nero e, se fosse esistito sul serio, ne fossi stato risucchiato. L'unico problema era uno, quell'enorme buco nero era un'allusione che rendeva perfettamente l'idea di come mi aveva fissato Trisha.
I suoi occhi erano diventati dannatamente vuoti, freddi e indifferenti. Sì, indifferenti alle suppliche che invece cercavano di mostrargli i miei di occhi.
La verità era che vedere la mano di Trey stretta intorno al suo braccio, lo sguardo leggermente confuso e addolorato di Trisha, mi avevano completamente mandato in pappa il cervello.
Sapevo che lei non era una che se la mandava a dire, al contrario era perfettamente in grado di difendersi da sola, e che avrebbe messo quel pallone gonfiato al suo posto. Però conoscendo il mio atteggiamento, sapendo bene che, nel mio sangue scorreva il sangue dei Miller e soprattutto non vedevo l'ora di prendere a pugni il mio sacco da boxe, Trey era l'occasione perfetta per sfogare la mia frustrazione accumulata.
Credevo che tra me e mio fratello, quello ad avere un carattere fumantino fosse lui, invece mi sbagliavo. Ero io quello ad essere così, abituato a stare libero per la mia strada e in perfetta sintonia con il ring. Essendomi invece, ritrovato tra quattro mura, con la pressione costante di nostro padre e l'intero lavoro che Ethan non si ostinava a prendere sul serio a pendere sulle mie spalle, mi ero sentito come un uccello in gabbia. Con le ali completamente tarpate e impossibilitato a fare qualsiasi movimento, solo per potermi comportare come un maledetto damerino.
Proprio per questo, quando mi ero ritrovato a scambiare due parole con Trey e vedere che Trisha era più propensa ad andare da lui, il sangue aveva cominciato a ribollire nelle mie vene. E di conseguenza, questo mi aveva spinto ad agire esattamente come uno stronzo. Proprio come Ethan! Pensai.
Ma non era esattamente così, noi due eravamo diversi su un punto. Lui quando non mandava giù un litigio, un affronto o vedeva qualcuno ronzare intorno alla persona a cui teneva, reagiva da codardo scopandosi la prima che capitava a tiro.
Io non ero così, perché al contrario suo, avevo una coscienza e un cervello anche se a volte quest'ultimo non ragionava come doveva preso dall'irrefrenabile impulso dettato dall'istinto.
Ed era stato proprio quest'ultimo a costringere la mia bocca a parlare, sputando la frase infelice su Trisha. Era stato quello a costringere le mie braccia ad animarsi, prendere il telefono e digitare di getto le scuse che, diversamente da ogni cosa, erano invece dettate dal profondo del cuore.
Per quel motivo, ero rimasto come un pesce lesso, in piedi, sul marciapiede ad attendere con il telefono in mano la risposta di Trisha.
Lo sguardo era scivolato immediatamente sulle spunte blu e balzò in alto quando, alla vista del sta scrivendo...sotto il suo nome, accese una piccola fiammella di speranza. Solo che dopo più di una mezz'ora buona, non era arrivato nulla e di conseguenza quella piccola fiammella si era ormai spenta, dissolta nel vento come quando accendi una sigaretta e il fumo svanisce, mescolandosi all'aria.
Il mio gesto da idiota, con il telefonino in una mano sollevato per aria, non era passato inosservato a mio fratello che, aveva colto la balla al balzo per potermi punzecchiare ulteriormente. Lo maledissi per tutta la sera, anche se cominciavo a pensare di avergli sul serio fatto qualcosa affinché la giornata gli andasse storta perché dal suo viso stanco e provato, dedussi fosse successo qualcosa di brutto con Brittany.
L'imprecazione che gli rivolsi, mi aiutò in parte a sentirmi meno pesante anche se avrei preferito rivolgerla in faccia a Trey.
Una volta salito sul mio SUV, non tornai immediatamente all'officina. Decisi di vagare un po' per le strade caotiche e illuminate di New York per dare libero sfogo ai miei pensieri e decidere poi sul da farsi, anche se in realtà speravo anche di incrociare o intravedere la macchina di Trey per poter seguire i loro spostamenti. No, ma cosa mi dice il cervello. Così mi comporto come un maniaco che perseguita le persone. Se Trisha è destinata a me, farà il suo corso da sola. Pensai, sbirciando di qua e di là le macchine che sfrecciavano via.
Dovette passare un'oretta buona prima di convincermi a lasciare perdere l'idea di beccarli e fare inversione per raggiungere Brighton Beach, dove l'officina mi avrebbe permesso di rifugiarmi nel mio posto sicuro. Quando la raggiunsi però, mi sarei pentito di averlo definito un posto tranquillo e sicuro.
Mentre mi avvicinavo sempre più verso l'ingresso dell'officina, non riuscì a fare a meno di notare l'afflusso di gente che si accalcava lungo i marciapiedi e le file di macchine che suonavano in continuazione i clacson in cerca di un posto in cui parcheggiare. Immaginai la scenetta dall'alto, all'interno del jet privato di mio padre mentre si abbassava per avvicinarsi alla pista d'atterraggio. Un bellissimo bambino dai capelli scuri, seduto tra le braccia di mia madre, mentre con le manine tastavo il vetro freddo e guardavo giù tantissime formichine che si ammassavano per entrare in un unico enorme formicaio.
Il pensiero mi fece sorridere, non per la lieve similitudine che legava la gente alle formiche, ma al semplice e puro ricordo di esser stato un bambino spensierato, felice e con una bellissima famiglia unita. Almeno fino a quando poi, mio padre aveva iniziato ad essere lo stronzo borioso in cerca di storielle extraconiugali da quattro soldi e mia madre aveva cominciato a lasciarsi andare lentamente per sprofondare nell'abisso della depressione che l'aveva poi condotta ad una morte lenta e dolorosa. No, non posso, non ora! Pensare alla mamma, dopo aver trattato Trisha in quel modo...Non è da me, io non sono così! Iniziai a scuotere il capo, prima piano poi, sempre più veloce. Ethan è l'unico che si comporta così, l'ha sempre fatto. Nei momenti di bisogno in cui, si devono prendere decisioni o affrontare questioni di vitale importanza...Lui non sa fare altro che alzarsi e scappare! Io non sono un codardo!
Non mi ero reso conto di aver chiuso gli occhi, trattenuto il respiro e...fissai intensamente lo sterzo ricoperto di cuoio nero, per quanto fosse nuovo e immacolato, l'odore penetrò nelle mie narici. Questo unito al ricordo doloroso della mamma e il viso freddo e distaccato di Trisha, mi provocò un lieve capogiro. Solo quando feci il mio ingresso nell'officina e parcheggiai il SUV, mi concentrai sul cuoio nero dello sterzo. Era leggermente scorticato, ma non ne capì il motivo. Inspirai, passando una mano sulla fronte e solo allora notai piccoli pezzi neri sotto le unghie. Finalmente realizzai che, mentre la mia testa era completamente persa nei ricordi, il mio corpo aveva agito da solo. Per essere più preciso, le mie mani avevano stretto con talmente tanta forza lo sterzo da conficcare le unghie nel cuoio e scarnirne il tessuto in preda alla rabbia.
Improvvisamente avvertii addosso tutta la stanchezza e la pesantezza non solo delle mie membra, ma anche dei miei pensieri che mi riempivano la mente come un enorme macigno. Levai la testa verso l'alto, fissai il cielo terso illuminato dalla luce bianca e pura che emanava la luna. Rilasciai tutta l'aria che i miei polmoni avevano trattenuto e si mescolò al lieve venticello che stava cominciando a tirare per le strade caotiche di tutta New York.
Quando riportai il capo verso l'entrata da cui proveniva la musica assordante, il marasma di gente che vi entrava e vi usciva era insopportabile. C'era chi fumava, chi beveva bottiglie di birra e le solite coppiette poco educate che si baciavano in modo indecente in ogni posto.
Tra le mille teste, un gruppetto di ragazzi attirò la mia attenzione. Erano riuniti intorno ad un barile di acciaio pieno di birra, mentre tenevano un ragazzo a testa in giù intento a scolarsi il liquido ambrato. La cosa che attirò maggiormente il mio sguardo, furono i riccioli biondi che ricadevano ai lati della testa e il suo tipico abbigliamento da cattivo ragazzo.
Quando lo rimisero a terra e il ragazzo si girò, urlando a squarciagola, lo riconobbi.

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