12 ottobre 1943

43 2 0
                                    

Il lavoro inizia a farsi sentire, mentre le porzioni diventano sempre più scarse e sproporzionate alla fatica a cui ci obbligano. Stasera non ho le forze neanche per scrivere qualche riga di questo diario improvvisato. Anche Michele era visibilmente provato. Per rincuorarlo ho provato a scambiare qualche parola con lui, ma non voleva parlare. Ho provato a dirgli "boia chi molla", ma non ha funzionato un granché. Ha detto che dire "boia chi molla" dovrebbe sottintendere uno scambio reciproco, come in un amicizia. Ma l'amicizia "stato italiano-militare italiano" è, da troppo tempo ormai, un rapporto a senso unico: lo dimostrano queste sbarre che ci tengono prigionieri, lo dimostrano i nostri stomaci freddi e vuoti, i nostri denti rotti e gialli, le nostre schiene doloranti. Lo dimostrano i sorrisi che non torneranno mai più ad illuminarci il viso come una volta, ma non a causa delle carie. Noi le carie, ormai, le abbiamo nell'anima. "Boia chi molla" non significa più nulla. O così ha detto Michele.

Pagine perdute di una sceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora