Il lavoro inizia a farsi sentire, mentre le porzioni diventano sempre più scarse e sproporzionate alla fatica a cui ci obbligano. Stasera non ho le forze neanche per scrivere qualche riga di questo diario improvvisato. Anche Michele era visibilmente provato. Per rincuorarlo ho provato a scambiare qualche parola con lui, ma non voleva parlare. Ho provato a dirgli "boia chi molla", ma non ha funzionato un granché. Ha detto che dire "boia chi molla" dovrebbe sottintendere uno scambio reciproco, come in un amicizia. Ma l'amicizia "stato italiano-militare italiano" è, da troppo tempo ormai, un rapporto a senso unico: lo dimostrano queste sbarre che ci tengono prigionieri, lo dimostrano i nostri stomaci freddi e vuoti, i nostri denti rotti e gialli, le nostre schiene doloranti. Lo dimostrano i sorrisi che non torneranno mai più ad illuminarci il viso come una volta, ma non a causa delle carie. Noi le carie, ormai, le abbiamo nell'anima. "Boia chi molla" non significa più nulla. O così ha detto Michele.
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Pagine perdute di una scelta
Historical FictionElaborato scritto vincitore del concorso della provincia di Roma "70 anni Resistenza. Una storia senza fine". Il testo racconta di uno degli ottocentomila militari italiani internati nei campi di concentramento nazisti dopo l'armistizio dell'8 sette...