32 - Il mio guscio

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A Taehyung parve di vederla, la rappresentazione ideale della sua scrittura, in piedi vicino al ruscello, mentre si sbellicava dalle risate con l'indice puntato contro di lui

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A Taehyung parve di vederla, la rappresentazione ideale della sua scrittura, in piedi vicino al ruscello, mentre si sbellicava dalle risate con l'indice puntato contro di lui.
Doveva essere parecchio divertente che proprio la volta in cui lui aveva ragione,
si era rivelata essere quella in cui l'avrebbe voluto di meno.
Gli occhi iniziarono a bruciare come infilzati da tanti aghi, ma anche dietro il velo di lacrime che gli appannava la vista poteva distinguere chiaramente l'espressione di Jungkook così carica d'attesa e di emozioni in divenire. Avrebbero potuto trasformarsi in gioia scoppiettante, oppure in un dolore soffocante.
Taehyung, però, aveva l'impressione che se avesse taciuto o avesse parlato, il risultato sarebbe stato lo stesso.
Si costrinse ad aprire la bocca e prendere un lungo respiro.
Una risposta, almeno, gliela doveva.

La risata di Jungkook spezzò il silenzio, che si infranse al suolo come un vaso di cristallo.
«Lascia stare, hyung. Non so nemmeno perché l'ho detto. È questo posto, vedi? Sarà stregato.»
Ridacchiò di nuovo, ma il suono uscì flebile e strozzato.
Senza aspettare oltre, e a testa bassa per nascondere le lacrime che gli irroravano le guance, lo prese per mano. «Dai, torniamo a casa, è quasi ora di pranzo.»

«Jungkook...»

«Devo fare delle cose per la nonna, quindi possiamo separarci davanti casa e sentirci dopo.» Si odiò così tanto per la voce che, ancora una volta, lo tradì.
Il solo pronunciare quella parola, separarsi, sebbene non l'avesse intesa con la sua accezione più catastrofica, gli aveva strappato un altro pezzo di cuore. 

«Jungkook.» Taehyung lo richiamò, ma continuò a farsi trascinare lontano dal ruscello e da quel cantuccio nel mezzo del bosco che, solo fino a qualche istante prima, gli aveva riempito il cuore di meraviglia.

Jungkook camminava davanti, le suole delle scarpe che scivolavano sul terreno ancora bagnato dall'acquazzone di due giorni prima. «Dai, hyung, ti ho detto di lasciare perdere, non...» la voce gli morì in gola quando Taehyung gli afferrò il braccio e lo fece voltare verso di sé con uno strattone.
Si lasciò abbracciare e stringere forte, con il viso nascosto nell'incavo del suo collo e le braccia abbandonate lungo il corpo.
Il singhiozzo che gli sfuggì dalle labbra fu solo il primo di una lunga serie. «Ti-ti avevo detto che ci saremmo andati piano, invece sto-sto rovinando tutto.»

A Taehyung bastò girare appena la testa per avere l'orecchio di Jungkook a un soffio dalle sue labbra. «Non riesco a dirti di amarti, Kook. Non riesco a pensare all'amore come a qualcosa che posso permettermi di provare senza venirne distrutto.» Serrò forte i denti, fino a sentire male alle tempie, perché sapeva che con quelle parole stava affondando un pugnale nel suo petto. «Ma posso dirti che sei il mio guscio.»

Il singulto, che gli stava prendendo a pugni la gola pur di salire, si fermò. Jungkook corrugò la fronte e sollevò le mani per raggiungere l'orlo del giubbino di Taehyung. «Cosa?»

Lui lo strinse più forte. Quanto avrebbe voluto non aver incontrato, nella sua vita, nessun altro oltre Jungkook. «Ricordi quello che mi raccontasti la prima volta che mi accompagnasti a casa? Io sono la tartaruga e tu sei il mio guscio, come Yoongi hyung e Hobi hyung. Da quando sono con te, trovo il coraggio di fare tutto ciò che prima mi spaventava. Magari non lo trovo subito, ma dopo un po' sì e questo vale più di tutto il mondo per me. Vorrei essere a mia volta un guscio per te, Kook, uno col quale tu possa andare ovunque e fare qualsiasi cosa. Vorrei essere indistruttibile affinché tu possa trovare rifugio dentro di me quando fuori diventa troppo pericoloso, ma... sono ancora ammaccato e pieno di crepe, Kook.» Sbatté le palpebre e le lacrime gli rigarono le guance, si lanciarono in un tuffo nel vuoto fino a schiantarsi sul giubbino. «Come posso esserlo se sono così insicuro e spaventato?» Fu un sussurro, una domanda rivolta a se stesso, ma pronunciata a voce troppo alta affinché Jungkook non la sentisse.

Infilò le mani sotto il giubbino e poi sotto la felpa, schiacciò i palmi freddi contro la pelle calda della sua pancia. Sperò che Taehyung lo perdonasse per quell'intrusione fastidiosa, ma aveva bisogno di sentirlo vicino. «Possiamo fare un po' a turno, hyung. Per adesso io faccio il guscio e tu la tartaruga. Quando ti sentirai pronto, allora potremo scambiarci di posto.»

Taehyung spinse il viso nel tessuto morbido del giaccone di Jungkook. Non provò nemmeno a soffocare i singhiozzi. «Non lo so se ci riuscirò mai, Kook.»

«Non importa, hyung. Fare il guscio è bello, sai? Mi piace. Posso vedere le stelle, il cielo e abbracciarti forte quando ne hai bisogno. Però, ti prego, non andartene.»

Piano, Taehyung si allontanò abbastanza da poterlo guardare in viso. Stavano piangendo entrambi, con le guance e il naso arrossati dal freddo di fine ottobre. «Mi sa proprio che siamo fatti.»

Jungkook ridacchiò, strofinando il viso contro il suo collo. Al profumo del suo hyung si materializzarono mani dalle dita leggere che presero ad accarezzargli i capelli fino a calmarlo.

Taehyung chiuse gli occhi e cercò di regolarizzare il battito del suo cuore. Aveva un vuoto allo stomaco che gli faceva desiderare di rimettere anche il pranzo del giorno prima.
Avrebbe voluto piangere tutte le lacrime che il suo corpo era in grado di produrre, singhiozzare fino a sentire le costole fare male a ogni nuovo respiro. «Mono no aware

Jungkook trasalì. «Cosa, hyung?»

Le labbra gli si inarcarono in un sorriso accennato. «Prima ho detto che non esistono parole giuste per descrivere questo posto, ma ora penso di sì.»

Jungkook corrugò la fronte. «Cos'è cambiato?»

«Noi.» Taehyung fece spallucce. «In qualche modo, influenziamo tutto ciò che ci circonda. Non solo con le nostre azioni, ma anche con quello che proviamo.»

Jungkook si accorse di amare quell'idea e, con sorpresa, si rese conto anche del fatto che non ci aveva mai riflettuto prima.
Fin da piccolo, il solo pensiero della casa dei nonni lo faceva stare bene, perché seduto al tavolo della cucina, nascosto nell'armadio o affacciato alla finestra, si era sempre divertito, si era sempre sentito amato.
In ospedale, invece, quasi non riusciva più a metterci piede perché rivedeva davanti agli occhi l'ultimo saluto a suo padre. «E quello che hai detto? Cosa significa?»

«Sono parole difficili da tradurre dal giapponese in qualsiasi altra lingua... è una sensazione agrodolce che si prova davanti alla Natura e alla vita, perché si è consapevoli che tutto ciò che ci circonda è in costante mutamento.»

Jungkook, ancora con gli occhi lucidi, gli lasciò un bacio sul collo. «Come noi.»

«Come noi.» Taehyung sorrise e tornò a stringerlo forte. 

物の哀れ

Angolo scrittrice:
Buon pomeriggio stelline! Come state? Come prosegue la settimana?
La mia è una vera noia, uff.
In queste ore dovrebbe arrivarmi un pacco con delle piante carnivore che ho ordinato. Non vedo l'ora✨️
In queste settimane, frenare le paure (soprattutto quelle che riguardano la scrittura) sta diventando sempre più difficile. Chissà, forse è il tempo grigio.
Quando scrivo delle fanfiction, mi chiedo sempre: quante persone leggerebbero comunque le mie storie, se non avessero come protagonisti i Bts?
Ed è una domanda che ogni tanto mi corrode.
In ogni caso, stavo pensando che mi piacerebbe molto farvi un regalino per Natale, ma non ho davvero idee. A causa di questo mezzo blocco nella scrittura, non riuscirei nemmeno a scrivervi una bella one-shot simpatica😔
Torniamo al capitolo: TaeTae si è salvato in calcio d'angolo, eh?😂
Guarire da una delusione amorosa può essere una bella sfida, ma con le persone giuste accanto e una dose di volontà propria, non è impossibile.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Vi mando un grosso bacio, alla prossima xx 

Mono No Aware | TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora