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And so it is, just like you said it would be
Life goes easy on me most of the time
And so it is, the shortest story
No love, no glory, No hero in her skies
I can't take my eyes off of you

-The blower's daughter, Damien Rice

«E quindi vi sposate... Sì, insomma, siete giovani. Non hai la nostra età?»

Eravamo in treno. La notte precedente avevo ceduto il mio letto a Joanna e io avevo dormito sul divano. No, in realtà avevo fatto di tutto tranne dormire. Mi ero girato e rigirato; mi ero tirato i capelli; avevo pianto; avevo dipinto un po' e avevo soffocato qualche urlo nel cuscino.

Non avevamo parlato molto fuori dal Dark Academy, perché mi ero reso conto che faticavo a reggermi sulle ginocchia, e anche a respirare, e non volevo che lei capisse qualcosa.

A quanto pareva, Tiziano le aveva detto che eravamo come fratelli, non volevo che vedesse il dolore che mi stava vagando nel corpo. Avevo preso la scusa che ero stanco morto, l'avevo portata a casa perché erano quasi le due di notte e ci eravamo messi d'accordo per partire in mattinata.

E ora eravamo lì, con lei che sorrideva pensando a quanto sarebbe stato felice Tiziano di rivedermi, e io che non sapevo neanche cosa avrei potuto dirgli non appena l'avrei incontrato.

«In Polonia non è come in Italia».

«Non si sente che sei straniera».

«Perché sono nata qua, ma i miei sono polacchi e portano avanti tradizioni polacche».

«E Tiziano? Lui non è polacco, non sapevo si volesse sposare così giovane».

Lei sorrise.

«Un po' è stato influenzato da suo padre... Gli ha detto che se si sposava, poteva tornare a vivere nella sua città natale, e a quanto pare lui ci tiene molto. Tu sai perché se n'è dovuto andare? Non me l'ha mai voluto dire».

«Non credo che allora spetti a me parlarne».

«Giusto. Sei bello come ti ha descritto, lo sai?»

Un vuoto allo stomaco.

«Che cosa ti ha detto di noi?»

Un altro sorriso mentre guardava fuori dal finestrino, poi si concentrò su di me.

«La vostra amicizia è leggenda, ormai. Tiziano parla sempre di quella volta che vi sono cadute dieci confezioni di uova al supermercato, e le avete infilate sotto agli scaffali coi piedi. Oppure di quando vi ha seguito la polizia, e voi pur di non farvi beccare vi siete infilati col motorino nel fosso e ne siete usciti completamente sporchi di fango. Ci ha raccontato anche di come ci siete sempre stati uno per l'altro, di quanto è importante la vostra amicizia e di come gli sei mancato in questi anni. E poi parlava sempre dei tuoi disegni, di quanto erano belli e di quanto gli piacesse guardarti mentre li facevi».

Ah, sì, i miei disegni... L'ultima volta che avevo disegnato in sua presenza era stato a Barcellona, dopo essere tornati dal museo di Picasso. Eravamo passati per una viuzza deliziosa, e quando aveva visto che mi ero incantato a guardare uno scorcio in particolare, si era seduto a terra e aveva detto che potevamo fermarci per un po', se mi andava, e che potevo tirare fuori album e carboncino.
Come sai che li ho portati, gli avevo chiesto.
Perché io sono te, aveva risposto.
E allora mi ero seduto accanto a lui e avevo iniziato a disegnare, ogni tanto spostavo lo sguardo su di lui e mi sorrideva.
Era rimasto lì a terra con me per quasi tre ore e non mi aveva mai tolto gli occhi di dosso.
Mai, nemmeno un secondo.

«Sarà felicissimo di rivederti. Per me gli prende un colpo».

«Già... Voi due come... Da quanto vi conoscete?»

Le Scommesse SbagliateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora