CAPITOLO DUE: THE OLD DEMON PUB

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Pentagram City, alcuni giorni prima dello sterminio annuale.

Sono appena arrivato davanti all'entrata del pub...

Frequento questo posto da quando sono arrivato all'inferno, anche perché mi ricorda vagamente la parte della mia esistenza in cui ero vivo.

L'entrata è di quelle classiche, con un paio di grosse finestre attorno ad una porta di legno nera con scritto sopra "Old Demon Pub", illuminata da un neon sfarfallante che produce un ronzio appena udibile.

È un po' antiquato per i miei gusti e sprizza un po' troppo quello stile british che non ho mai compreso, ma non so perché mi ricorda in parte alcuni locali jazz di New Orleans. Sarà per l'eleganza...

Ancor prima di entrare mi guardo le mani: ho visto quel cadavere solo mezz'ora fa ma ormai il sangue sulle si è seccato, andando a formare un fastidioso mosaico rosso e appiccicoso sui miei guanti di pelle nera.

Non è il massimo della classe ma adesso ho proprio bisogno di un posto per riflettere e questo è l'orario perfetto, dato che questo posto non è molto frequentato e siamo anche vicini all'orario di apertura.

Dopo un'ultima occhiata al cielo color rossastro di questo stramaledetto inferno riesco finalmente a chiudere l'uscio alle mie spalle, anche se a causa della mia altezza a momenti sbatto sulla trave sopra di me.

All'interno il posto è come al solito: un grande bancone circolare in legno scuro e intarsiato se ne sta nel mezzo del pub, circondato da varie stanzette semiaperte che ospitano i vari tavoli. C'è addirittura qualche colonnina che unisce il pavimento sporco di alcol versato al soffitto marrone decorato, con tanto di grossi lampadari che cadono a strapiombo verso di me, andando ad illuminare tutta la sala, che è grande nella media.

Mi fermo sempre a guardare questo posto prima di trovarmi un tavolo. Direi che potrebbe essere perfino troppo raffinato per questa fottuta città.

Appena sono entrato la campanella sospesa sulla porta ha emesso un tintinnio, cosa che ha fatto girare JJ, la barista, verso di me.

Lei mi guarda e mi sorride. Ha un aspetto molto in tinta col locale e sembra che cerchi sempre di essere di buone maniere. È molto giovane e a guardarla verrebbe da chiedersi che cazzo ci faccia all'inferno, ma ormai chi frequenta questa zona sa benissimo che in realtà è una iena. Non si sporca mai le mani, a meno che non provi a fregarla. Piuttosto, è una che fa scambi: uno le chiede un favore di qualsiasi tipo e lei, in cambio di qualcosa che ti chiede sul momento, contatta per te il demone perfetto per fargli svolgere tale favore. Una volta ho visto un paio di demoni che hanno provato ad ingannarla. Ora che ci penso però è un po' che non li rivedo in giro. Per quanto però possa avere l'aria spaventosa, è davvero gentile con chi si comporta bene ed io sono suo cliente praticamente da un secolo, quindi qui sono ormai il benvenuto.

<< buonasera! È bello rivederla. Non dica niente: suppongo che voglia il solito >>, mi dice con un sorriso scherzoso e una mano portata alla bocca.

Dopo tutto questo tempo sa bene che non posso parlare. Apprezzo che qualcuno si sforzi per capire che cazzo mi passa per la testa.

La squadro, ricordandomi ancora una volta quanto diavolo sono alto e quanto allo stesso tempo lei sia dannatamente bassa. Mi limito ad annuire e lei, con un gesto elegante, mi indica un tavolo senza posti occupati. Perfetto: è esattamente ciò che mi serviva.

Mi siedo e mi giro attorno. Mancheranno due ore e mezzo all'orario di chiusura e i clienti sono limitati a qualche ubriacone di merda e un paio di figure losche che fumano il narghilè.

Il rumore dei passi della ragazza attira la mia attenzione. In un attimo è apparsa accanto a me, col suo solito sorriso stampato sulla faccia.

<< bene, eccomi qui. Vuole sempre il suo whisky? >>

Hazbin Hotel Trilogy - Dot And LinesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora