CAPITOLO QUATTRO: FORZE DEL DISORDINE

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Qualche ora dopo, stazione di polizia infernale...

Non mi ci è voluto molto ad arrivare fin qui...

La stazione di polizia è esattamente in linea con chi la gestisce, in pratica è una topaia di merda.

Dio solo sa da quanto tempo è che non venivo qui, e molto probabilmente non lo sa nemmeno il diavolo...

Mi avvicino alla luce sfarfallante dell'ingresso. Malgrado questo posto sia ridotto a un tetto e a quattro mura decadenti, ironicamente rappresenta uno dei pochi posti tranquilli a Pentagram City, anche perché nessuno si mette contro la polizia, forse perché non rappresentano minimamente una minaccia per alcun demone e perché invece tutti sanno perfettamente che alla fine si tratta solo di un gruppo di coglioni patentati.

Quando premo il pulsante del citofono, un ronzio fastidiosissimo rimbomba sia all'interno dell'edificio che dentro alle mie orecchie, a tal punto che sento stridere tutto il mio corpo.

Poco dopo, un tizio con la faccia da camaleonte e la divisa da poliziotto tutta sbrindellata apre l'uscio e mi squadra. Lo guarda dall'alto in basso, inclinando leggermente la testa alla vista dei suoi occhi che si muovono in modo indipendente per leggere due giornali diversi allo stesso tempo.

<< buonasera. Cosa posso fare per te? >>, dice senza neanche guardarmi.

La sua cantilena fiacca e distratta mi fa incazzare non poco. Non è neanche la prima volta che mi vede. Perché mi fa sempre la solita domanda del cazzo se sa che non posso parlare?!
Senza troppi complimenti, lo afferro per la coda e lo alzo lentamente, per poi spostarlo dalla mia strada e lasciarlo cadere.

<< ehi morser! Certo che potresti anche essere meno stronzo, io faccio solo il mio lavoro! >>

Non mi piace quel nome...

In questo momento desidererei ardentemente dirgli che il suo lavoro consiste nel non fare un cazzo dalla mattina alla sera, e che nel tempo sono riuscito a fare molto più io da solo che tutto il loro corpo messo assieme, ma adesso ho da fare. Inoltre...io stesso sto andando dalla polizia a chiedere informazioni.

Appena entrato all'interno, mi ritrovo davanti il bancone delle reception, con tanto di segretaria in divisa nera attillata. Mi squadra dal basso verso l'alto con sguardo curioso.

<< ma salve, forse ci siamo già visti prima. Cosa posso fare per te spilungone? >>, inizia facendomi l'occhiolino.

Con quella bocca so che potrebbe farmi un sacco di cose, ma con la placca che mi sigilla la mascella potrei ricambiare ben poco il favore...

Mi limito a tirar fuori una fotografia dalla tasca interna del mio trench coat e appoggiargliela sul ripiano che ha davanti.

Sembra incuriosita dal mio gesto. La vedo tamburellare le dita un paio di volte per poi notare i suoi occhi smeraldini incrociarsi di nuovo con i miei.

<< stai...cercando Billy? >>

Annuisco per poi riprendermi l'istantanea.

<< d'accordo. Puoi sederti su quelle panche mentre lo chiamo, tanto tra cinque minuti dovrebbe arrivare >>

Afferro la tesa del mio cappello in segno di ringraziamento e vado a sedermi dove mi è stato indicato. I panchetti in questione sono fatti di legno logoro e marcio, ma il vero problema è che sono fatti a misura d'uomo (o di demone "normale", in base a come la si vuole vedere...). Mentre mi accomodo, lo scricchiolio sofferente del legno mi accoglie, fino a quando non mi ritrovo accucciato su di esso, con le ginocchia che quasi toccano terra e la faccia rivolta verso il pavimento.

Hazbin Hotel Trilogy - Dot And LinesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora