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Küstrin, Aprile 1945


Furono svegliati poco prima dell'alba dalle cannonate e dal fischiare dei razzi, tanto assordante che Leo e Albert furono costretti a coprirsi le orecchie, pur a quella distanza.

Il cielo in ogni parte era un fuoco, attraversato da strade di fumo e stelle cadenti dirette a Ovest. Dopo poco meno di mezz'ora si schiarì del fumo e della notte e si ricoprì di migliaia di stormi di puntini neri, che si libravano sopra di loro in perfetta sincronia.

«Sono aerei d'attacco» commentò Leonhard. «Devasteranno le colonne corazzate e la città. Sei certo che Agathe si sia messa al sicuro?»

«Lo spero davvero, ma conoscendola...»

«Prega che non sia già morta.»

«L'ho già fatto.»

Leonhard raccolse le sue cose e si preparò a marciare. «Andiamo verso l'Oder, dobbiamo seguire l'attacco» disse.

Col primo sole videro le colonne di corazzati mettersi in marcia sull'autostrada, gli autocarri carichi di fanti allungarsi lungo tutta la riva, dove attendevano centinaia di chiatte e barcacce. L'aria si riempì del puzzo del carburante bruciato e degli scarichi dei mezzi e dei razzi e si fece elettrica di pioggia, e con l'acqua arrivò la foschia.

Mentre s'avvicinavano alla fanghiglia a cui erano ridotte le prime linee, videro il cielo illuminarsi di colonne di luce che ritmicamente si abbassavano a terra, a fendere la nebbia. Leonhard aveva già visto luci simili nei suoi voli sopra la Francia e l'Inghilterra. Si fermarono a circa un chilometro dalla riva, ma era impossibile seguire lo scontro, poiché non si riusciva a vedere oltre la punta della propria baionetta. L'aria riecheggiava delle esplosioni, distanti, vicine, accompagnate dagli spari, dalle raffiche, dal temibile ululare degli aerei.

A mattino inoltrato finalmente la pioggia disperse la terribile foschia e infine si alleggerì e diradò.

Davanti a Leonhard e Albert, oltre il ponte stradale e la ferrovia sull'Oder, appariva l'altura del Seelow ricoperta di boschi. I sovietici avevano preso la riva e avanzavano lentamente verso l'altura, ma per ogni corazzato che spariva tra gli alberi una compagnia di fanti tornava indietro; i tedeschi, che dovevano essersi ritirati in tempo prima del bombardamento, si difendevano ferocemente.

«È inutile. Non possiamo andare oltre, oggi» commentò Albert, prossimo allo sconforto. «Speriamo che almeno non perdano la testa di ponte.»

«Perché non si fermano? Ormai hanno perso il momento, dovrebbero riorganizzarsi.»

«Perché i dannati sovietici sono dei pazzi, dei diavoli scatenati. Se non hai visto un loro assalto da vicino non puoi capire, sono come cani affamati: una volta afferrato l'osso non lo mollano più. Non gli passa nemmeno per la testa di cercare un varco migliore per attaccare.»

L'assalto continuò fino a sera. I sovietici occuparono tutta la riva sinistra, ma l'avanzata si arenò a ridosso dell'altura.

Leonhard e Albert si portarono qualche passo ancor più vicini al fiume, nella speranza di poter rubare una barcaccia poco prima della prossima alba. Nascosti in una trincea abbandonata, s'addormentarono, sperando che quelle poche ore di sonno dessero loro il coraggio di affrontare ancora quell'ultimo sforzo.

La scintilla dell'Adlon. CompletaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora