Berlino, Luglio 1944
Quella mattina, mentre ricopiava i primi dispacci della giornata alla telescrivente, Schulz venne alla sua scrivania.
«È arrivata questa dall'OKW» le disse porgendole una lettera. Aveva gli occhi tristi e l'aria di chi vuole essere d'aiuto.
Agathe prese la busta e l'aprì senza pensarci due volte. Dalla bocca le sfuggì un'imprecazione.
«Va tutto bene? Posso fare qualcosa per te?» chiese Schulz, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
Lei si ritrasse e lo guardò, piena di rabbia e acredine. «Mi può dare un minuto?» chiese con stentata gentilezza.
«Certo.»
Agathe si allontanò dalla scrivania e cercò un po' d'intimità nei bagni. Lì, in solitudine, perse il controllo e scoppiò a piangere, maledicendo il creato e prendendo a pugni il muro.
Albert era disperso, quasi certamente morto combattendo strenuamente per la patria, dando prova di grande valore ai compagni durante la difficile ritirata da Minsk.
«Al diavolo tutto quanto!» si disse asciugandosi gli occhi. Doveva tornare alla scrivania, riprendere a scrivere, andare avanti e trovare il tempo per urlare la sua rabbia verso il mondo una volta tornata a casa.
Schulz l'attendeva ancora alla scrivania. «Ti serve un giorno di riposo?»
«No, ma la ringrazio dell'offerta. Ce la faccio, davvero.»
«Certamente. Per qualsiasi cosa io sono qui, apposta per te.»
Agathe lo fulminò con lo sguardò e s'affogò nel lavoro, cercando d'essere più meccanica e fredda della sua macchina da scrivere. Ma i tasti battevano lenti, il foglio non avanzava. Arrivò a fine giornata che aveva combinato poco o nulla, e l'unica cosa che le era rimasta era un gran peso sul cuore.
Schulz si offrì di accompagnarla a casa ma lei rifiutò, preferendo la solitudine. Mentre si avvicinavano insieme all'ingresso affollato, alcuni uomini in nero entrarono nell'ufficio.
«Buonasera, stiamo chiudendo» li apostrofò stancamente il caposezione, ma quelli non ascoltarono e lo spinsero da parte.
Agathe trattenne il respiro. Nonostante gli abiti civili era chiaro chi fossero: agenti della polizia di regime. Anzi, in mezzo alla dozzina di poliziotti ne riconobbe uno di quelli che l'avevano interrogata quasi due anni prima, quello dal collo taurino che le aveva messo a soqquadro la camera da letto.
Lui la vide, e lei istintivamente nascose la mano, ma era chiaro fosse stata troppo lenta.
Li portarono in strada, dove attendevano gli altri impiegati usciti prima di loro, tutti allineati contro il muro, le mani sopra la testa. Era solo il solito controllo sull'efficienza dei dipendenti, spiegarono al direttore. L'ufficio fu ispezionato da cima a fondo per l'ennesima volta, e alla fine gli agenti portarono via due impiegate - due anonime, due insospettabili - e lasciarono andare gli altri.
Agathe tornò a casa con la gola secca e le dita tremanti, spaventandosi per il rumore dei suoi stessi tacchi sul lastricato del marciapiede, e per tutto il tragitto non poté fare a meno di sentirsi osservata.
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La scintilla dell'Adlon. Completa
Historical FictionCharles Acton e Leonhard Von Hinten sono due figli dell'aristocrazia. Il primo inglese, il secondo prussiano, s'incontrano all'Hotel Adlon nella Berlino del 1932 e tra i due si accende presto una passione bruciante. Le loro vicende si intrecciano a...