Credeva fosse normale non ricordarsi della propria nascita. Non aveva mai sentito nessuno parlarne. Aveva elaborato una propria personale teoria su quel fatto, ed era arrivata a due possibilità.
O il cervello non era ancora abbastanza elaborato per registrare ricordi, o li eliminava apposta, perché erano troppo spiacevoli.
La seconda era quella che gli piaceva di più, nonostante fosse la meno probabile. Sapeva che la venuta al mondo di un bambino era un momento traumatico e doloroso, sia per la madre che per il figlio. Così il cervello semplicemente eliminava.
Certo, anche la madre soffriva molto, ma ricordava tutto. Nonostante questo fatto andasse a favore della prima teoria, lei pensava che la gioia di una madre avesse bisogno di essere giustificata, mentre per un bambino il fatto di vivere non avesse importanza, non necessitasse una ragione. Probabilmente il dolore che provava la convinceva che quel figlio fosse prezioso, e l'aiutava a prendersene cura con più attenzione.
O magari la perdita di memoria era una sorta di precauzione. Magari era atta a evitare che, una volta diventato adulto, evitasse di avere figli per non imporgli il dolore della nascita.
Doveva essere successo qualcosa di orribile quando era nata, perché non ricordava nulla né della sua nascita né dei primi anni della sua vita.
Le sembrava di essere sempre stata così come era ora, anche se sapeva che doveva aver avuto un'infanzia, era ovvio. Qualcuno doveva essersi preso cura di lei, all'inizio. Era così per tutti.
Ma non ricordava assolutamente nulla, né un viso né una voce.Ma, del resto, non era nemmeno sicura di aver avuto un inizio. Forse era semplicemente sempre esistita.
Non avrebbe saputo dire la sua età. Non avrebbe saputo dire il suo nome. Non avrebbe saputo descriversi.
Sapeva solo di esistere, ma anche quell'affermazione era in dubbio in lei.
Del resto da cosa dipende la percezione dell'essere?
Dagli altri.
E nessuno l'aveva mai vista.
Lei aveva vissuto così la sua intera vita, sempre che ciò che provava fosse vita.
Lei era sempre stata così.Invisibile.
A volte si chiedeva se fosse un essere, se potesse usare "è" riferito a sè stessa.
Cos'era lei?
Lei era?
Queste domande significavano che pensava. E se pensava doveva esistere.
Ma nessuno di questi ragionamenti la aiutava a risolvere i suoi dubbi.
Lei non aveva definizioni.
Viveva con le persone, per il mondo, si insinuava nelle case.
Lei era il fantasma delle leggende.
Lei era un brandello di anima che si aggirava per le strade, osservando tutto.
Lei era l'alito di vento che spalancava le finestre nei pomeriggi afosi.
Lei era un frammento di spirito che aveva perso l'unica cosa che restava ad uomo quando aveva perso tutto.
Lei non aveva un corpo.
Lei non aveva un'ombra.
Lei non aveva un riflesso nello specchio.
Lei non aveva lacrime.
Lei non aveva certezze.
Avrebbe voluto poter pronunciare una di queste frasi con assoluta sicurezza.
Invidiava coloro che, senza alcun dubbio, affermavano "io sono".
I suoi dubbi invece la divoravano, e non bastavano affermazioni filosofiche a rassicurarla.
Non bastavano le riflessioni a darle le certezze che le mancavano.
Se l'esistenza di qualcosa dipendeva dall'impatto che aveva sul mondo, lei cos'era?
Quali delle sue azioni cambiava il mondo intorno a sé?
Voleva sollevare qualcosa, ed esso lo faceva.
Aveva caldo, ed iniziava a piovere.
Quale azione era stabilita da lei?
Quale invece era naturale, e non necessitava di azioni da parte sua?
Non lo sapeva.
Non sapeva nulla.Lei era così confusa.
Ma forse questa frase non era reale.
Forse lei non esisteva.
Forse quel "lei", che presupponeva un'identità, non era che un'illusione.
Era confusa.
Ma nemmeno così andava bene. Non era certa di potersi avvalere del verbo essere.Confusa.
Ecco.
Né un verbo né un soggetto, solo la mera confusione.
Nessun velo a coprire la verità.
Nessuna parte della frase ad attenuare i concetti.
E quando i concetti si isolano, diventano terrorizzanti.
Li vedi in tutto il loro spaventoso orrore.
Non puoi più girarti dall'altra parte.
Ti accecano in tutto il loro potere.
Ma se anche avesse saputo la verità, cosa sarebbe successo?
Sapeva che nulla sarebbe mai potuto cambiare.
Qualunque cosa avesse fatto nulla sarebbe cambiato.
A volte invidiava le persone intorno a lei.
Sapevano chi erano, si sentivano completi.
Lei invece era semplicemente questo.
Un essere invisibile che si aggirava tra la gente, desiderando di essere come loro.
Poteva sfiorarle, ma sarebbe rimasta così.
Invisibile.
Inesistente.
In fondo c'era tanta differenza?
Di sicuro non nella sua mente.
Di sicuro non nella mente di chi le stava vicino.
Erano entrambe parole che negavano qualcosa.
Le negavano un diritto che agli altri sembrava scontavano.
La privavano di un pezzo di sé che desiderava disperatamente.
La privavano di sé stessa. Le negavano un'identità.
Le negavano le parole necessarie a comporre queste frasi.
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Invisibile
Spiritual"Stai ferma. Immobile. Non dire una parola. Ecco, così. Ferma, immobile, silenziosa. Invisibile." Questa è una storia di fughe. Fughe letterali, fughe per la libertà. fughe dai ricordi. Questa è una storia di legami, nascosti, negati, dimenticati, m...