1.01

88 3 0
                                    

Park Jimin credeva fermamente che ci fosse solo un modo per passare delle vacanze estive da favola: trascorrere le giornate guardando film e cartoni animati e giocando ai videogiochi.

Queste erano attività che gli facevano perdere la cognizione del tempo, oltre a consentirgli di provare emozioni fortissime e vivere avventure incredibili.

Jimin amava la sua cameretta, le giornate d'estate e la solitudine. Non vedeva nessun problema nel trascorrere la maggior parte del suo tempo davanti a uno schermo.

I suoi genitori, però, non erano della stessa idea. Avevano notato che recentemente il loro figlioletto era diventato più pallido e il suo corpo più esile. Erano preoccupati. Jimin aveva soltanto dodici anni e aveva bisogno di passare molte ore all'aria aperta, a contatto con la natura e in compagnia di ragazzini della sua età.

Fu per questo che quell'estate i coniugi Park decisero di dare una svolta alla vita del loro Jimin e affittarono una casetta su un'isola chiamata Polar Island.

L'abitazione era di proprietà di un'amica della signora Park; ella si era mostrata disponibile ad affittarla per tutta l'estate e anche per quelle successive, se necessario.

I due genitori non dissero nulla a Jimin, perché sapevano che lui avrebbe protestato e avrebbe cercato in tutti i modi possibili di convincerli a rinunciare a quell'idea. Fu soltanto la sera prima della partenza che la signora Park entrò in camera di suo figlio per parlargli.

Jimin era seduto su una poltroncina e teneva in mano un controller. Era completamente immerso nel gioco e per questo non si era nemmeno accorto della presenza di sua madre.

La signora Park restò a guardarlo manovrare in aria il dispositivo ed esultare ogni volta che guadagnava punti. Dopo qualche minuto, gli batté delicatamente una mano sulla spalla e gli fece segno di mettere il gioco in pausa e togliersi le cuffie.

Jimin obbedì, ma poi sbuffò: "Che c'è, mamma? Non vedi che sto giocando?".

"Ti devo dire una cosa, Jimin".

Il ragazzino alzò un sopracciglio, dubbioso, ma infine si girò e si predispose all'ascolto.

"Domani partiamo per andare al mare e ci rimarremo per tutta l'estate. Abbiamo affittato la seconda casa di una mia amica, su un'isola abbastanza distante da qui. Si chiama Polar Island".

Jimin spalancò la bocca e per qualche istante restò fermo e in silenzio. Poi scoppiò a ridere sonoramente. "Che bello scherzo!".

"Non è uno scherzo" ribatté lei, incrociando le braccia al petto. "Io e tuo padre siamo stufi di vederti sempre rinchiuso nella tua camera, davanti al computer o alla TV. Per questo abbiamo deciso che da quest'estate passerai le vacanze all'aria aperta e sarai costretto a farti degli amici".

"Ti prego, mamma, dimmi che stai scherzando".

"Non sto scherzando, Jimin".

Sul viso del ragazzino si dipinse un'espressione a metà tra il disgusto e il terrore. Poi con un filo di voce domandò: "Posso portarmi dietro i videogiochi, vero? E anche il computer? Nella casa della tua amica che modello di TV c'è?".

"Non ti porterai dietro niente del genere. In quella casa forse c'è un televisore, ma non potrai usarlo molto. Non andiamo in quel posto perché tu possa guardare la TV! Ci andiamo perché tu possa stare all'aperto e farti degli amici".

Jimin si coprì la bocca con una mano. "Ti prego, mamma, non potete farmi questo! Io ho bisogno di stare qui, con le mie cose. Non voglio andare in quel posto sperduto!".

"Ormai la decisione è stata presa, Jimin. Per me puoi piangere per tutta l'estate, ma così sarà. Domani partiamo, quindi adesso vedi di prepararti uno zainetto con dentro l'essenziale. E con essenziale non intendo né i videogiochi né il portatile".

Reach For The Stars || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora